Flying Tiger Copenhagen nasce in Danimarca nel 1995 ma si espande in fretta a livello internazionale. È l’Italia, però, a rappresentare il primo mercato dell’insegna. Analizziamo i numeri del business a livello mondiale e locale.
Nell’articolo di oggi parliamo di Flying Tiger Copenhagen, un altro modello di business DILP (Despecialized Items with Low Prices) di matrice europea (e danese, nello specifico).
In altri articoli, abbiamo parlato di Pepco, MINISO e Action, tutte aziende che, in modo diverso, ricadono nel canale DILP e stanno, man mano, conquistando spazio all’interno dei consumi nostrani.
Flying Tiger nel mondo
L’azienda, fondata da Lennart Lajboschitz in Danimarca, ha aperto il primo negozio nel 1995 a Copenhagen. Si chiamava “Tiger” in quanto tutto costava 10 corone danesi (in danese il nome della moneta da dieci corone suona molto simile a “tigre”).
Da lì, il network di negozi si è ampliato, così come il range di prodotti trattati che oggi comprende tutti gli “affordable essentials“, ovvero un assortimento no food di prodotti a basso prezzo.
Il gruppo fattura circa 666 milioni di euro nel 2023 ed opera in 35 Paesi con 926 negozi. Tutti gli stores hanno l’insegna “Flying Tiger Copenhagen” ma i mercati vengono “aggrediti” in tre modi diversi:
- Mercati a gestione diretta. Qui i negozi sono di proprietà dalla capogruppo Zebra A/S.
- Mercati gestiti in partnership. Qui esiste un partner locale che condivide il business con la capogruppo.
- Mercati gestiti in franchising. Qui si ha, invece, una collaborazione di natura strategica tra il brand ed una forte azienda del territorio.
Ovviamente, Flying Tiger, come altre catene DILP, fa molto affidamento sulla Cina per gli approvvigionamenti dei suoi articoli, cosa che rende il business dipendente dagli andamenti di questo Paese.
Una cosa molto interessante è che l’azienda fa in Italia (dove opera con 131 negozi) quasi il 21% del suo fatturato globale. Il nostro Paese è il mercato n°1 dell’insegna a livello mondiale.
Per quanto riguarda “Flying Tiger Copenhagen“, parliamo, dunque, di un modello di store che vende tante categorie di prodotto a prezzi contenuti (cancelleria, oggettistica, accessori etc.) in superfici che vanno dai 150 ai 250 mq, molto luminose e dotate di un arredamento basso che favorisce la visibilità del negozio.
Un’analisi di Tiger Italia 1 Srl
Facendo degli acquisti presso un negozio “Flying Tiger Copenhagen” di Roma, abbiamo rilevato dallo scontrino la p.iva di Tiger Italia 1 Srl. Alla data di estrazione del bilancio (novembre 2024), l’ultimo documento depositato ci risulta essere quello 2022, i cui dati commentiamo di seguito.
Nel 2022, Tiger Italia 1 Srl aveva ricavi per 134.9 milioni di euro circa (+16.4% vs 2021) mentre il margine sui consumi era pari al 47.6% dei ricavi.
Riportiamo poi altre voci, in termini di incidenza percentuale sui ricavi:
- Spese per servizi (5%)
- Spese per godimento beni di terzi (13.8%)
- Totale costi del personale (21.6%)
- Ammortamenti e Svalutazioni (2%)
- Ebit (4.4%)
Conclusioni
La proliferazione di modelli DILP in Italia fa riflettere, soprattutto quando per Flying Tiger, il nostro rappresenta il primo mercato.
È chiaro che nella Penisola c’è una forte domanda per articoli no food a basso prezzo (di categorie ad acquisto frequente) per i quali non si è disposti a pagare spese di spedizione comprando da grandi siti eCommerce.
I numeri di Tigeri Italia 1 Srl mostrano un modello dove il margine è decisamente buono (47.6% dei ricavi), il costo del personale ha incidenze importanti (ben oltre i numeri di riferimento del retail alimentare e di molti specialisti no food) ed anche i costi per il godimento beni di terzi sono rilevanti. L’ Ebit è però positivo.
Monitoreremo con interesse, nel tempo, i modelli DILP in Italia per raccontarne lo sviluppo ed i business models.