Antitrust: così gli sconti e i contributi nella GD

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Antitrust: così gli sconti e i contributi nella GD

Settembre 2013. Ecco le conclusioni, documentate attraverso un’indagine campionaria svolta dall’Antitrust, su come si articolano, praticamente, i rapporti IDM-GD e lo sviluppo di sconti e contribuzioni.


Ecco alcune spiegazioni dell’Antitrust alle tabelle sopra:

… 449. D’altro canto, le trattative tra le catene della GDO e le imprese a più elevato potere contrattuale, mettendo in gioco investimenti per le imprese fornitrici ed entrate per le catene della GDO di entità particolarmente rilevante, sono generalmente anche più complesse, articolate e “conflittuali” rispetto a quelle effettuate con le imprese caratterizzate da minore potere contrattuale, le quali si limitano in qualche modo a “subire” le condizioni loro proposte.
450. Al riguardo, è significativo notare (tab. n. 3.29) come, ad eccezione della forma scritta del contratto – maggiormente diffusa nella contrattazione con le imprese a più elevato potere contrattuale -, diversi altri indicatori di difficoltà e conflittualità delle trattative appaiano sensibilmente più accentuati nella classe delle imprese più grandi e affermate rispetto a quella delle imprese dotate di minore potere contrattuale. In particolare si può notare come le imprese più “forti” (classe di dipendenza bassa) presentino più spesso:
i) contratti stipulati a periodo di fornitura già iniziato;
ii) richieste da parte del distributore di modifica unilaterale delle condizioni
contrattuali;
iii) retroattività delle richieste di cui al punto precedente;
iv) episodi di delisting parziale o totale dei propri prodotti, a seguito del rifiuto di
accettare le suddette richieste;
v) mancato rispetto dei termini contrattuali di pagamento.

451. Altrettanto evidente risulta peraltro che tale maggiore presenza di elementi di
conflittualità nel rapporto negoziale dipende proprio dalla più elevata capacità e frequenza di reazione da parte delle imprese dotate di maggiore forza e dimensione.
La rilevazione effettuata evidenzia infatti al riguardo quanto segue (tab. n. 3.30):
i) le imprese a più alto potere contrattuale (bassa dipendenza economica) molto
spesso rifiutano le richieste delle catene della GDO di modificare a proprio vantaggio le condizioni economiche già trattate, mentre le imprese a alta dipendenza economica, nella stragrande maggioranza dei casi, subiscono tali richieste per timore di ritorsioni;
ii) le imprese a più alto potere contrattuale molto spesso riescono ad inserire nel contratto, su propria iniziativa, uno specifico sconto di natura finanziaria subordinato al rispetto delle condizioni contrattuali di pagamento.

. Il commento di RetailWatch. Un rapporto come questo dell’Antitrust fa invidia a qualsiasi società di consulenza, probabilmente neppure il Boston Consulting Group o la McKinsey hanno mai redatto un rapporto così completo sul mercato del largo consumo e questo la dice lunga sulle informazioni che girano nella business community. Molti aspetti e voci analizzate dall’Antitrust si conoscevano e si conoscono molto bene. Alcune voci della contribuzione fanno sorridere e non si capisce se siamo di fronte a atteggiamenti di protervia estrema o di ingenuità. Rimane il fatto che, di fondo, il distributore ha un asset determinante in una logica contrattuale: il centimetro lineare, che affitta al miglior offerente. Se si ridisegna così l’obbligo delle contribuzioni si arriva alla conclusione che la visibilità nei supermercati costa, ha un costo economico e sociale. Quest’ultimo aspetto, quello sociale, non va sottaciuto, ma qualsiasi insegna che sa essere attigua ai bisogni del consumatore sa che il prezzo finale risponde alle regole del mercato, ai suoi costi interni, ai prezzi dei competitor e al sistema promozionale in vigore. Restano alcuni eccessi che non fanno bene all’immagine del distributore e al suo rapporto con l’IDM.
Una voce non va sottaciuta: le contribuzioni senza contrapartite. Lasciando perdere la morale che in campo economico viene disprezzata, assistere a investimenti a volte rilevanti senza che ci sia la creazione di valore dall’altra parte, lascia davvero perplessi, questa pratica dovrebbe essere davvero bandita dal mercato. È un po’ come sui ritardi di pagamento: negli anni scorsi singole aziende (e singoli imprenditori) hanno esagerato e oltrepassato il segno, ma nessuna associazione, né industriale né distributiva, si è mossa per contrastarle. Anzi: qualche imprenditore è stato promosso allo scranno più alto. Insomma: è un po’ il cane che si morde la coda…
Estremizzando e per onestà intellettuale e per memoria storica, bisogna dire, oltre quello di cui sopra, che alcune multinazionali dovrebbero usare con più cautela la pressione promozionale e alcuni tipi di contribuzioni, soprattutto negli ultimi tempi finalizzate a combattere i competitor diretti, complici, ovviamente, alcune insegne distributive. E questo l’Antitrust non ne tiene conto, soprattutto parlando di interessi violati del consumatori.

Scarica il rapporto dell’Antitrust

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