Riduzione marche nei pdv: è all’ordine del giorno?
Maggio 2013. Negli ultimi due anni diversi retailer hanno dichiarato di voler ridurre il numero di marche negli assortimenti. È andata così?
Prima di rispondere alla domanda è utile sottolineare come in Germania sia Aldi, soprattutto, sia Lidl, un po’ meno, hanno aumentato il numero di marche in assortimento.
Direte: cosa c’entra? Sono due discount e nemmeno in Italia. Parzialmente vero perché il secondo è ben presente in Italia e il primo è il leader assoluto, storico e attuale, ogni suo comportamento viene studiato dall’industria di marca e dai concorrenti con attenzione. Ed è bene che sia così.
Risposta al quesito: IRi (il gruppo IriInformation Group ha cambiato recentemente il nome) e Nielsen non mettono a disposizione questo dato nei canali della GD. Bisogna fidarsi del sentito dire e dei merchandiser che ogni giorno calcano la scena in questi canali.
Una sorta di pulizia è stata fatta, ma a macchia di leopardo, a seconda delle categorie, soprattutto in quelle dove le store brand sono diventate importanti. Almeno così dicono alcuni retailer sentiti da RetailWatch. L’IDM, anch’essa sentita, non è del parere, ma è chiaro che nessuno vuole dichiarare di essere stato de-referenziato. In alcune imprese dell’IDM c’è stata una sorta di pulizia dei listini, difficile però capire l’entità e il numero di referenze.
Il professor Giampiero Lugli ha scritto due libri sulle neuroscenze e ha spiegato che non si possono ridurre gli assortimenti anche delle referenze che ruotano di meno, ma segnaletiche nel momento dell’acquisto. E ha fatto un esperimento con Interdis per valutare il ruolo del leader e il valore segnaletica del leader nella categoria a scaffale.
Eppure molti retailer dichiarano la possibilità di ridurre le marche in assortimento. La politica nel nostro Paese si è già suicidata ed è stata ripescata da Giorgio Napolitano, ma un retailer non può suicidarsi, ne va del suo conto economico.
Non è vero?