Finzi: il bello e il piccolo sono felicità

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Finzi: il bello e il piccolo sono felicità

Gennaio 2013. Ho appena finito di leggere Nemesi di Philip Roth, Einaudi, e il suo senso drammatico della vita e della morte, del dovere, della coscienza, della felicità e della infelicità e devo recensire adesso il libro di Enrico Finzi, Felici malgrado, e, francamente, non so da che parte iniziare. Ci sono molte somiglianze fra i due autori, anche se, certamente, sono diversi: il primo pessimista, il secondo pessimista ma anche ottimista. Malgrado il contesto.

È, forse, proprio questo ultimo termine, malgrado, la chiave di lettura del libro di Enrico Finzi, chiaro e per molti versi crudo, come a una cena di amici, quando, un malaugurato ospite gli chiede: “Enrico: tu come la vedi?”, inteso dove stiamo andando, come andrà a finire. E lui, freddo e serafico, espone tesi dirette e maledettamente infelici, ma realistiche, sul tempo perso a seguire il pifferaio magico, gli investimenti pubblici dispersi, la malapolitica, i teoremi politici distanti dal comune sentire. “E’ questo che volevate sentirvi dire?” pare chiedere lui senza fare la domanda.

Questo libro però è diverso da una cena e dalle sue tesi sulla politica o sulla malapolitica, perché un libro è sempre diretto, ci si può fermare, riflettere, tornare indietro, cosa che durante una cena è impossibile. Soprattutto le parole restano, perché le parole hanno un senso.

Partiamo quindi dalla conclusione del suo lavoro, che riguarda un appello agli amministratori della cosa pubblica, ai politici: ripartire dai veri bisogni della popolazione, delle persone. È lo stesso appello (la forzatura è mia: ndr) che rivolge ai brand che sottostanno ai nostri consumi: ritornate ai fondamentali e verrete divisi fra marche funzionali, quelle che sottostanno a bisogni concreti, specifici e le marche felicitanti, quelle che possono promettere emozioni profonde e connesse a un’esperienza di vita. Perché di felicità si può ancora parlare, nonostante tutto, vero Enrico?

Finzi lo dimostra in diversi punti del suo libro, malgrado (malgrado), il contesto generale, le ricerche sociali che svolge periodicamente da decenni, gli speach e le interviste che rilascia, che tratteggiano il peggio.

Qual è il segreto della felicità-malgrado delle persone, degli italiani, secondo Finzi? È racchiuso in un acronimo, QB-Quanto Basta, una filosofia di vita, la nuova italian way of life, di coloro che convivono con la crisi ma non vogliono abbruttirsi, anzi vogliono prendere le distanze e giocare una partita di riscatto, a base di solidarietà, vicina e lontana, di affetti, recuperati e da ampliare, di resilienza e, tutto sommato di speranza. La visione alla QB è lontana da Latouche e dalla sua decrescita, intesa come filosofia e non atto finale (questo ormai è dato per certo) ma le accomuna un comportamento o, se volete, una tendenza: un crescente senso di sfoltimento, di minor soffocamento da parte delle merci e dei desideri. Anche se questi ultimi sono il motore nascosto del down-grading e del down-shifting positivo, dipende di che desideri stiamo parlando. E sono, alla fin fine, gli stessi desideri individuati da Giuseppe De Rita, del Censis, un passaggio cruciale per l’economia basata sui consumi. Desideri e consumi rivisti e adattati, arricchiti di nuovi valori e di nuovi comportamenti, senza rinuncia tout court alla felicità che coincide con la massimizzazione dell’utilità.

Dicevamo del pessimismo-non pessimismo di Finzi. È su entrambi i fronti, ma non potrebbe essere diversamente, per il suo mestiere, l’investigatore sociale. L’inizio del libro e oltre la metà, è denso di numeri sui cambiamenti sociali e di consumo, tanti numeri che si aggiungono a quelli che conosciamo di altri istituti di ricerca, ma necessari per capire il senso dell’oggi: è quasi una constatazione, una quantificazione di ciò che è avvenuto e sta succedendo. Poi parte la fase qualitativa, sempre appoggiata al dato di ricerca, ricca di suggestioni e considerazioni personali, di puntualizzazioni della nuova domanda sociale (non vista o ignorata dai politici e dagli amministratori della cosa pubblica) e della nuova domanda di consumo.

Molto avvincente il capitolo Saper di morire, Saper invecchiare (ricordate Roth?) un sentimento, dice Finzi, che se è moderato può aiutare a godersi le gioie della vita, le piccole gioie della vita, che illustra con numerosi esempi.

E allora come fa ad essere ottimista, a infondere ottimismo, Finzi? Ecco alcune delle risposte, solo alcune, le altre potete scoprirle leggendo il libro, meglio cartaceo, si possono prendere appunti a iosa: migliorarsi un po’, amare e non avere paura, convivere con il cambiamento, avere auto-stima, aumentare il livello quali-quantitativo delle informazioni a disposizione, cercare significati e direzione del cambiamento individuale e collettivo, opporre l’arte di resistere a un sistema vessatorio, cooperare, donare gioia. E, infine, curare l’arte delle buone maniere, della buona educazione, del sorriso, della gentilezza, magari formale, ma della gentilezza. Per una nuova civiltà, dice Finzi, la civiltà delle buone maniere.

Con Finzi sociologo proponiamo un altro parallelo: Oscar Farinetti, l’imprenditore e il ristoratore-mercante. Insieme dicono: esporsi al bello, il bello salverà l’Italia (concedetemi un incipit personale: sono d’accordo, su questo, con tutti e due).

Vi domanderete a questo punto: cosa c’entra questa recensione con un sito B2B? C’entra, eccome, e lo capirete alla fine del libro, quando l’autore avverte gli uomini di marketing: ascoltate, cercate di capire i comportamenti mutati, i nuovi bisogni, le nuove scelte di consumo. Per comporre un nuovo marketing. Da leggere da soli, meglio con un buon Barbaresco, per riflettere. Perché, come dice Bernanos: “Quel che occorre è la speranza. E la forma più alta di speranza è la disperazione controllata”.

Enrico Finzi, Felici malgrado, EComunicare, libro cartaceo e on line, 2012.
 

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