Dalla crisi, al cambiamento allo shift: ecco cosa sta cambiando

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Dalla crisi, al cambiamento allo shift: ecco cosa sta cambiando

Luglio 2012. Questa analisi qualitativa è riassumibile in un solo termine: adattamento, adattamento forzato si dalle circostanze, ma senza rassegnazione, nella maggioranza dei casi, quindi trasformazione, non rinuncia tout court. Shif down consapevole,

– La distribuzione è pronta? A parere di RetailWatch non troppo: la spia è l’aumento contenuto della quota di mercato delle store brand, a fronte di una domanda di convenienza del 20% circa la quota di crescita si conta su poche unità. I motivi sono molti: strapotere negli assortimenti delle grandi marche dell’IDM che hanno fatto poca innovazione ma molta rivisitazione di prodotti e brand e così gli assortimenti della GD appaiono eguali fra loro e non basta certo il formato diverso della marca-prodotto a far parlare di differenziazione dell’offerta. Anche nelle store brand le novità sono poche: in genere la costruzione  è verticale e ci sono ancora troppo pochi brand trasversali (si distinguono  su tutti Coop, Selex, Crai e Sigma) con un’offerta ragionata come nel caso del benessere (come ha detto a RetailWatch Giuseppe Minoia, presidente di Gfk Eurisko,, capace di abbracciare diverse categorie in un unico disegno, strategia questa si che le differenzierebbe dall’IDM che non può seguirle su questo terreno. Sta iniziando negli ipermercati la grande conversione: riduzione delle superfici di vendita, riduzione degli assortimenti non food a poche categorie di servizio, magari più profonde che nel passato. E se anche in questi segmenti si ricominciasse a parlare di qualità e di ciclo di vita dei prodotti, dopo le ubriacature di plastica e di cineserie di primo prezzo? Meno fast e un po’ più di slow? Ma si, si può…

– Diminuzione dello scontrino, in valore, aumento in quantità se si calcola anche il discount, cambiano i formati dei prodotti e avanzano le store brand, in alcune insegne i prodotti sfusi (alimentari in Auchan e Crai, detersivi in Coop, Finiper, Crai),
– Ritorno a casa: prima colazione, aperitivi, festeggiamenti vari (compleanni soprattutto), l’happy hour è quasi una necessità. Per non tagliarlo lo si fa a casa, più comodamente, comprando il necessario al supermercato, la cucina (per la preparazione ma anche come luogo di incontro) riassume il ruolo antico che aveva (chiedere a Ikea)…
– Più produzioni in casa. Continuiamo con i cambiamenti: i dolci anziché comprarli in pasticceria si fanno in casa, come il pane, i gelati, le bibite, l’acqua in caraffa o addizionata. Così come le piccole riparazioni anche con la macchina da cucire nuova fiammante. Anche il taglio dei capelli si è ormai trasferito in casa, dopo esser passato dai parrucchieri cinesi, come le colorazioni o le depilazioni. Stanno crescendo, infatti, le vendite dei prodotti di base, tanto negli alimentari (farina, burro, cioccolata ecc.) sia nel non food. Interessante il ritorno a prepararsi il pranzo take away, da portarsi in ufficio o a scuola, ma anche da consumare dove capita, come le bottigliette di acqua che vengono riempite in casa, dalla caraffa con filtro.
– Cambio dei formati e dei tagli. La rinuncia non è assoluta: si preferisce cambiare i formati o i tagli: esempio tipico è quello della carne dove si preferiscono tagli abbandonati in passato (collo, schiena, spalla, guancia). Oppure nel pesce sostituzione di tipi-razze o sostituzione del pescato con l’allevato o fresco vs surgelato. Carne bianca vs carne rossa soprattutto.
– Giorno-i festivo-i. La crisi e il cambiamento ri-portano alla ribalta il ruolo dei due giorni festivi, il sabato e la domenica e la nuova modulazione della settimana. Si possono fare rinunce dal lunedi al venerdi, ma sabato e domenica ci si mette l’abito buono e si apparecchia la tavola della festa, nell’apparecchiatura e nei cibi, nel vino.
– La sostenibilità del cibo. La ri-scoperta dei prodotti locali ha alla base anche una voglia di km 0 virtuale, come la rinuncia a comprare in più, a cucinare in abbondanza per poi scartare diventa riprovevole e fonte di pensiero negativo.
– I brand addicted. Centromarca sottolinea che i brand nazionali e internazionali tengono bene il confronto la crisi. Nell’abbigliamento e negli accessori lo shifting è fra il prodotto comprato nel negozio monomarca del centro città e quello (identico…) comprato nei factory outlet, con lo sconto, o, meglio, negli spacci o, meglio ancora nei piccoli spazi di chi produce per le grandi griffe. Sono sorti tour organizzati con indirizzi rari passati di bocca in bocca come un segreto famigliare o di stato.

Per la redazione di questa analisi sono stati consultate ricerche di Nielsen, Symphony-Iri Group, Eurisko, Astra, Ipsos, Centromarca, la Repubblica.

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