La store brand da Premium a Superpremium a Multiretail
Luglio 2012.
Il cambio di paradigma che governa le store brand (private label) è questo:
– dalla low cost alla marca quasi pubblica e le high premium brand.
– Il consumatore per mantenere i volumi di spesa prodotto-categoria sta passando dai brand dell’IDM alle store brand.
– La quota di mercato delle store brand si manterrà alta anche dopo la crisi perché farà parte di un nuovo abito mentale, un differente status di consumatori-cittadini.
– Assisteremo a una crescita delle store brand sia orizzontale sia verticale.
– Nel 2010 Tesco ha lanciato un nuovo brand New Finest-Restaurant collection, un nuovo brand che solo marginalmente appartiene a Finest, il precedente alto di gamma. Oggi possiamo definire New Finest-Restaurant collection il nuovo brand super premium di Tesco.
– Anche Aldi ha lanciato un suo brand superpremium.
– La Store Brand non è più solo un’alternativa all’IDM perché è presente in categorie dove l’IDM è assente, con qualità comparabili. Ecco le macro categorie:
– prodotti tipici,
– free from,
– funzionali.
– Nei super premium torna ad essere una marca di fantasia. Perché:
a. permette più flessibilità,
b. permette più discontinuità,
c. permette di vendere al distributore le store brand ad altre insegne.
Verso la marca multi-retail
Infatti secondo Giampiero Lugli stiamo andando verso la marca multi-retail. Ecco i casi che dimostrano questa tendenza: Conad, Despar, Tesco, Safeway, Sainsbury, Waitrose. In molti casi sono proposte alle insegne che non hanno possibilità di sviluppare proprie store brand. Ad esempio nll’horeca:
– Copernic con Creazioni d’Italia,
– Vital di Despar,
– Minel di Selex.
Cambiano anche i processi di intermediazione nelle store brand. Wal-Mart ha raggiunto ormai i 100 mld di $ di volume di affari. Per farlo si è affidata a intermediari di varia natura, i contratti diretti incidevano per il 20% del totale. Il retailer ha annunciato che in cinque anni passerà dal 20 all’80% con acquisti diretti.
Ecco le motivazioni:
– riduzione dei costi di approvvigionamento e di acquisto,
– maggior efficacia di marketing e maggior innovazione di prodotto, controllata centralmente,
– aumento dell’efficienza nella relazioni diretta con i fornitori.
(N.B.: la stessa operazione è stata fatta anche da Mercadona in Spagna, con risultati importanti).
La store brand, come dimostra poi il caso di Auchan, nei vini ma non solo, può diventare una vera e propria piattaforma di esportazione dei prodotti locali.
Cruciali nella crescita delle store brand due nuovi passaggi che stanno avvenendo nella gestione delle store brand:
– 1 Dall’orientamento al prodotto all’orientamento alla categoria, con una successiva razionalizzazione degli assortimenti e l’estensione delle gamme trattate.
– 2 Dalla visione proprietaria e conflittuale con i fornitori a una visione collaborativa e condivisa nella stratetgia e nell’implementazione.
In pratica si sta costruendo una vera e propria marca industriale esclusiva con prodotti specifici. Emblematico il caso del francese Casino dove gran parte dei prodotti hanno la foto del produttore e la didascalia che recita: “Le petit producteur”.
Dice ancora GiampieroLugli: “La competizione di prezzo si sposta sulle store brand anziché solo sulle marche dell’IDM. Nel confronto è la store brand a giocare il ruolo primario di comunicatore della convenienza, con un posizionamento di prezzo generalmente in calo”. “In alternativa a questo disegno strategico il retailer può cercare e offrire marche industriali in esclusiva con prodotti specifici”. Dalle ricerche di mercato emerge che il 35% dei consumatori GB richiede prodotti in esclusiva, cioè che non trova in tutti i punti di vendita. L’aggressività commerciale e di prezzo è generalmente in aumento. In Italia, invece si riduce la pressione promozionale delle store brand a volantino. Difficile dire di quelle fuori volantino.
Per redigere questo articolo sono stati consultati alcuni atti di convegni dove ha partecipato il professor Giampiero Lugli.