Crisi, l’appello del cardinale Scola "Bisogna cambiare gli stili di vita"
A Milano il primo discorso dell’arcivescovo alla città. Con un messaggio ai cattolici in politica
"Serve una più diretta adesione alla dottrina sociale della Chiesa, senza alchimie partitiche"
di ANGELO SCOLA
Il testo del primo discorso alla città che l’arcivescovo di Milano monsignor Angelo Scola terrà oggi alle 18 nella basilica di Sant’Ambrogio: "Crisi e travaglio all’inizio del Terzo Millennio"
Vorrei offrire, in occasione della festa di Sant’Ambrogio, tre brevi indicazioni di carattere culturale necessarie all’allargamento della “ragione economica” e di quella “politica”. Se non vogliamo ricorrere al drastico ammonimento del Signore — «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede» (Lc 12,15) — sarà sufficiente ricordare che già Aristotele giudicava inaccettabile una vita che identificasse la felicità con la ricchezza, ovvero che scambiasse un mezzo con il fine.
Non ci si può rassegnare di fronte a una concezione dello “scambio” che non solo è diventata sempre più diffusa, ma che sembra governare l’intera macchina economica. Secondo questa visione il cittadino è (pessimisticamente) ridotto all’homo oeconomicus, preoccupato esclusivamente di massimizzare il profitto. Alla base dell’attività economica e finanziaria sembra infatti esservi solo l’assunto secondo cui l’aumento della ricchezza è in ogni caso e, meglio, quanto prima, un bene da perseguire. In secondo luogo merita di essere denunciato l’indebolimento di quelle
“voci” che porterebbero a questo auspicato allargamento della ragione. Responsabile in parte di questo indebolimento è il variegato processo di secolarizzazione, che ha di fatto favorito l’affermarsi della mentalità positivistica denunciata da Benedetto XVI.
È però doveroso in proposito notare che, anche in campo cattolico, una ambiguità latente in certa interpretazione del principio dell’“autonomia delle realtà terrene”, ha giocato un suo ruolo. Nato come appropriato riconoscimento dell’autonomia dei fedeli laici nel campo “loro proprio”, il riferimento al principio dell’autonomia si è talora trasformato in una pericolosa rinuncia a far emergere la valenza antropologica ed etica necessaria per affrontare i contenuti concreti dell’azione sociale, politica ed economica. In tal modo, però, “autonomo” è diventato di fatto sinonimo di “indifferente” rispetto a tali sostanziali valenze.
La stessa dottrina sociale della Chiesa ha rischiato, in questo quadro, di essere considerata più come una premessa di pie intenzioni che come un quadro organico e incisivo di riferimento. Insomma, c’è da chiedersi se il mondo cattolico, per sua natura chiamato ad essere attento alle grandi sfide antropologiche ed etiche in gioco, non sia stato, da parte sua, corresponsabile, almeno per ingenuità o ritardo o scarsa attenzione, dell’attuale stato di cose. Gli autorevoli inviti ai fedeli laici a un più deciso impegno politico diretto domandano l’assunzione integrale della Dottrina sociale della Chiesa basata su princìpi di riflessione, criteri di giudizio e direttive di azione e non alchimie partitiche.
C’è ancora un terzo fattore che merita di essere segnalato. Neppure la combinazione di congiunture tanto sfavorevoli avrebbe condotto all’odierna crisi economico-finanziaria se essa non avesse potuto attecchire sul terreno di un’irresponsabilità diffusa: quella che spinge a spendere sistematicamente per i propri consumi ciò che non si è ancora guadagnato. Un comportamento che fino a poco tempo fa sarebbe sembrato così folle da oltrepassare perfino il livello della qualifica morale (di fronte alla saggia formica, l’immorale cicala in fondo consumava soltanto ciò che aveva), ora è percepito sempre più come normale ed è sistematicamente provocato (fino a giungere alla pubblicità che senza vergogna incoraggia ad indebitarsi per fare una seconda vacanza).
A comprova di questa deriva basti pensare ad un certo modo di concepire i diritti nella nostra società. Negli scorsi decenni, anche in ragione di un considerevole benessere e senza fare i conti con le risorse veramente disponibili, si sono avanzate pretese eccessive in termini di diritti nei confronti dello Stato. Il risultato è stato il formarsi di una società sempre più disarticolata e scomposta. Tale processo ha oscurato un insieme di valori antropologici, etici e, quindi, pedagogici di primaria importanza: la capacità di attendere per la realizzazione di un desiderio; la limitazione dei propri bisogni e il controllo dell’avidità; la cura delle cose invece della loro compulsiva sostituzione; uno sguardo complessivo sulla durata della propria vita ed il senso della vita eterna; la solidale condivisione, in nome della giustizia, dei bisogni altrui a cominciare da quelli degli ultimi.
Si potrebbe quasi dire che l’odierna crisi ha manifestato una diffusa “oscenità”, nel suo significato etimologico di “cattivo auspicio”, nell’uso dei beni. Tutto questo impone un radicale mutamento degli stili di vita, tanto più che, come molti sottolineano, non sarà possibile e non è neppure auspicabile ritornare al modus vivendi precedente alla crisi.
(06 dicembre 2011)
Io sono sorpreso dal contenuto dell?appello del cardinale Scola. Se ritiene che il consumo a credito è solo una distorsione del sistema economico attuale, dimostra una conoscenza superficiale di questo sistema così come si è configurato negli ultimi 900 anni (in pratica, dopo San Tommaso). Il credito è uno dei fondamenti dell?economia di mercato, l?essenza stessa della moneta è la possibilità di fare credito. Ignora inoltre il ruolo che il consumo ha nell?evoluzione dei sistemi economici capitalistici: l?analogia con le formiche e le cicale va bene se trattiamo di sistemi chiusi o autarchici che dir si voglia, negli altri sistemi senza l?immorale consumo della cicale non ci sarebbe nemmeno il morale lavoro della formica. E? questo legame tra consumo e lavoro che Scola non coglie, perché il suo attacco allo stile di vita non è altro che un attacco allo stile di consumo, a cui sono rivolti tutti i consigli finali. E? talmente preso dalla sua condanna delle immorali cicale (homini consumantes, come direbbe Bauman) che non si accorge che le morali Formiche sono scomparse da tempo dal nostro orizzonte, oggi abbiamo a che fare con altrettanto immorali intermediari (homini oeconomici). Scola non vede che l?immoralità originale non è nel consumo, ma nel modo in cui si produce e si guadagna Non vede che coloro che fanno lavori altamente morali si indebitano o non consumano affatto (vedi la Cina) e coloro che non si indebitano fanno lavori immorali. Una Dottrina sociale dovrebbe ripartire mettendo al Centro l?uomo e non avere come bersaglio il cliente.
Alcuni amici del sito si sono detti sorpresi perchè abbiamo pubblicato l'articolo del cardinale e arcivescovo di Milano Angelo Scola. Sui giornali che ho diretto diverse volte ho fatto riferimento al Pontefice e al cardinale Carlo Maria Martini. Sono voci che vanno amplificate nella business community perchè sono diverse, devono far riflettere, anche se sono molto dure, come in questo caso. Per giunta arrivano in un momento di profonda crisi e di grande cambiamento economico, sociale e comportamentale. Bisogna tenerne conto perchè innazitutto sono dette dall'arcivescovo di Milano e poi perchè entrano nello specifico. Non fa nulla se non si è daccordo, vanno comunque ascoltate, soppesate e discusse. E' già arrivato qualche voto negativo, spero sia stato fatto dopo aver letto l'articolo e questo sarebbe già un passo di grande serenità