Groupon, il retailer che faceva le promozioni
Il popolare sito di promozioni di gruppo rischia di colare a picco in prossimità della sua quotazione in borsa, prima dell’estate veniva valutato $ 25 mld nelle ultime settimane si parla di appena, si fa per dire, $ 10 mld, ma le falle sulla sostenibilità del business si allargano di giorno in giorno.
Con il senno di poi è facile dire che sarebbe finità cosi, ma vorrei approfittare di questo momento di difficoltà per fare alcune considerazioni che altrimenti sarebbero sommerse dal successo che annulla ogni possibilità di critica.
Alla base dell’incredibile successo del sito c’è il desiderio di molti commercianti di imitare i grandi player nella guerra delle promozioni. Ma se non hai spalle larghe, è facile accorgersi che incassare il 25% (in media il 50% sconto a cui sottrarre un altro 25% di fee per il sito) significa rimetterci denaro e credibilità, che i clienti acquisiti con prezzi stracciati difficilmente ritornano una seconda volta a prezzo pieno perché sedotti dalla qualità sopraffina del servizio offerto.
E’ curioso che nell’era in cui possiamo sapere tutto dei nostri clienti, possiamo contattarli uno per uno, raccontargli cosa facciamo e chiedergli cosa vogliono, il sito di maggior successo commerciale sia sostanzialmente uno spammer di offerte speciali a largo spettro e ampio raggio, che realizza il sogno di ogni cherry peaker trovarsi fra le email le migliori offerte del giorno. I volantini in confronto sono uno strumento raffinatissimo di direct marketing. E’ vero che i principali clienti di Groupon sono medie e piccole imprese, ma proprie queste, nell’immaginario collettivo dei manuali di marketing, dovrebbero e potrebbero avere un rapporto personale con i propri clienti, i mezzi certo non mancano. La crisi di Groupon offre qualche insegnamento a chi fa promozioni? Direi che non è dal successo delle promozioni che si giudica un retailer, che una strategia unilaterale di promozioni massicce rischia di fare più vittime fra i vecchi clienti che conquistarne di nuovi, di scoprire una volta smesso il fuoco di copertura di ritrovarsi soli.
Non v'è dubbio alcuno che i consumatori apprezzino ricevere offerte e buoni sconto. Ma per una volta dovremmo metterci dal lato del retailer: operazioni di questo tipo, se non sfruttate per attività tattiche (ad es per smaltire rimanenze di prodotti)e diventano strategiche cosa costruiscono? Non si rischia di creare e alimentare una fucina di cherry picker? Cui prodest?