Le imponenti montagne della regione di Kafa, in Etiopia, sono ricoperte da antiche foreste pluviali, che nascondono sentieri di terra rossa, cascate, sorgenti, ponti di roccia naturali e piccole radure.
Kaldi, un giovane pastore, riposava seduto in una di queste macchie di suolo spoglio dopo aver portato le sue capre al pascolo, quando notò che il suo gregge girovagava in preda a una strana euforia e brucava qualcosa tra le frasche. Si avvicinò e vide che la capra stava mangiando le bacche di alcuni piccoli alberi; incuriosito ne staccò qualcuna e le masticò. Dopo qualche minuto Kaldi si sentì stranamente euforico e pieno di energie, così ne raccolse una manciata e corse al monastero lì vicino per condividere la sua scoperta. L’effetto di quelle bacche spaventò i monaci, che ordinarono di gettarle nel fuoco come fossero frutti dai poteri demoniaci. Ma appena cominciarono ad arrostire, le bacche emanarono un profumo amaro e accogliente, così forte da diffondersi anche nelle altre stanze del monastero. L’odore delizioso presto persuase i monaci ad assaggiare quei frutti sconosciuti e subito rinvigorirono riuscendo ad affrontare senza cedimenti le intense sessioni di preghiere notturne. Fu così che divenne uso comune masticare i chicchi di quelle bacche durante le lunghe sessioni di preghiere. Il nome dei piccoli alberi divenne quello dalla regione da cui provenivano, e ancora oggi ne mantiene l’etimologia in tutte le lingue: Kaffa, kafè, Kaffee, coffee e, in italiano, caffè.
Questa è la leggenda più popolare sulla scoperta del caffè e come tutte le leggende ha un fondo di verità: le prime testimonianze scritte sul consumo di caffè sono state ritrovate nei monasteri dello Yemen, ad un passo dall’Etiopia. Kafa è parte di uno dei trentacinque posti con la più alta biodiversità al mondo e ospita, tra flora e fauna, almeno la metà di tutte le specie viventi classificate nel mondo, tra cui cinquemila varietà di piante di caffè selvatico. Il packaging del Lavazza Kafa Forest Coffee ha un forte richiamo alla sua terra d’origine – Il suolo spoglio spaccato dal caldo africano, la pelle nuda e ruvida degli animali esotici che la calpestano – per sottolineare l’anima naturale del prodotto che nasce nelle foreste, lontano dalla mano dell’uomo.