Marzo 2019. Per quanto possa sembrare paradossale, tra i primi nella storia a parlare di “comunismo”, in termini sostanziali e con una certa autorevolezza intellettuale, fu PLATONE (riconosciuto come uno dei numerosi punti fermi di tutta la cultura occidentale, sì proprio quella… la semenza portatrice di ricchezza economica ed evoluzione sociale).
MARX invece intese con assoluta profondità il senso del ”capitalismo”.
Egli individuò, descrisse ed esaltò il “tempo“, così come “oggettivato-cristallizzato in beni e servizi“, quale componente essenziale della teoria e della pratica economica per la determinazione del “valore“.
Al teorizzatore del “socialismo scientifico”, i cui tratti storici, economici e politici furono influenzati (e talvolta distorti) dalle interpretazioni contingenti dei posteri, spetta un orientamento molto chiaro sull’importanza che ha il “capitale” in ogni settore dell’economia, sull’incidenza che ha l’utilizzo tecnico del “tempo” in ogni processo di generazione del valore.
In definitiva, “capitalizzare”, “valorizzare” o più semplicemente “generare ricchezza”, per Marx passavano dal tipo di uso che è possibile fare del tempo.
Rintracciare quell‘espediente che lasci scaturire un risparmio nel protrarsi del tempo equivale così a determinare un vantaggio decisivo nei confronti di qualsiasi tipo di concorrenza.
Tale aspetto può rivelarsi determinante anche nel campo della distribuzione di massa, dove non si producono beni ma si organizzano ed elargiscono servizi, dimensione di mezzo tra la fonte e la destinazione del prodotto.
Quel “capitale” che si leghi a un “lavoro” resosi produttivo in ragione del migliore trattamento dei tempi è espressione lampante di velocità e successo nelle transazioni, di stabile e organizzata prosperità delle aziende, di soddisfazione dei consumatori.
Per capitalizzare, per valorizzare, per generare ricchezza e distinguersi positivamente, occorre dunque produrre le dovute quantità nei tempi minori.
Ovviamente, giova ripetere, i retailer producono servizi, cioè masse voluminose di clienti che si approvvigionano con soddisfazione.
E il volume ha bisogno di tradursi rapidamente in fruizioni rapide!
Per arrivare al già citato espediente servono competenza e capacità strumentali: tutti aspetti che poi vanno a descrivere il termine osannato di PRODUTTIVITÀ!
Da alcuni concetti emersi nella “REPUBBLICA”, opera fondamentale scritta dal filosofo greco (che insegnò addirittura ad Aristotele), ricaviamo invece due punti eloquenti, che oggi più di ieri disorientano, che rendono alquanto perplessi, che sembrano voler descrivere una forma molto cruda e grossolana di “comunismo”:
- i politici e i militari non possono sposarsi né avere proprietà privata (se non per le cose di primaria necessità), altrimenti non potrebbero dedicarsi totalmente al bene comune: in particolare non possono possedere una casa o un magazzino in via esclusiva, cioè vietandone l’accesso ad altri; di sicuro non devono possedere né oro né argento, poiché queste cose sono fonte di ogni male; oltre al salario di stato non possono avere alcun altro reddito, per cui non sarebbero in grado né di fare un viaggio né di fare regali; tutto ciò di cui hanno bisogno devono riceverlo gratuitamente dallo Stato, in maniera sufficiente per vivere una vita dignitosa;
- siccome però i politici e i militari rappresentano le classi migliori, e la riproduzione umana è necessaria, si accoppieranno con le donne migliori, che risulteranno quindi di “proprietà collettiva“; l’accoppiamento sarà una sorta di “dovere sociale”, che non implicherà alcun sentimento d’amore, in quanto non ci sarà alcun legame matrimoniale, né il riconoscimento della paternità o maternità dei figli, essendo questi di “proprietà” dello Stato, che si occuperà di farli diventare politici, militari o lavoratori.
Persino Marx forse, avrebbe “individualizzato” maggiormente e “collettivizzato” meno rispetto a Platone.
Che Platone fosse fondamentalmente “comunista” e Marx invece “capitalista“?
In riferimento a come oggi noi intendiamo le due antitetiche posizioni, il sospetto rimane fondato.
Questa vasta e articolata premessa, che imbastisce un’ipotesi parzialmente scherzosa, sorprendente e suggestiva, introduce il significato remunerativo che ha il tempo, nell’intuizione di chi non è stato certo annoverato dalla “Storia del pensiero” come estimatore dell’impresa privata.
Segnatamente al tempo, alla sua gestione attenta (aspetto che stranamente è Marx, non uno come Platone, a segnalare con enfasi), alla sua lungimirante semplificazione, notiamo spalancarsi una grande e ricercata via verso il consenso.
Il tempo è di proprietà dei clienti
In definitiva, concludendo che è il più noto comunista a suggerire come far funzionare meglio l’impresa capitalista, riconoscendo candidamente come “ogni cervello possa essere una sorta di tribunale che osa giudicare su tutto”, è bene ora passare all’istruttiva interpretazione che ha del tempo di proprietà dei clienti, in questa onorevole logica, un’insegna distributiva tra le migliori espressioni a livello internazionale: AUCHAN.
Il suo LAY OUT a “T” introdotto in Italia (Torino, ipermercato di Corso Romania, leggi qui) è emblematico, soprattutto nella forma: sembra volere richiamare proprio la T di “TEMPO”, in termini linguistici ancor più universali, la T di “TIME” o la T di “TEMPS”.
Il lay out a “T” accantona la configurazione tradizionale degli ipermercati e risolve le criticità di spazi dispersivi nel segno dell’ottimizzazione dei tempi.
Ampiezza e profondità, merceologie alimentari e non alimentari, abitudini d’acquisto giornaliere e sporadiche vi trovano serena convergenza.
La “T” è impressa sulla pianta del negozio, in quanto la “parte lunga e verticale” della lettera coincide con la disposizione inusuale della barriera casse, mentre la “parte corta e orizzontale” (la linea su di essa poggiata) è il corridoio che, dietro le casse, unisce il passaggio tra le due sezioni: “alimentare” e “non alimentare”.
La clientela affluisce è defluisce con innegabile risparmio di tempo, provenendo con maggiore fluidità di movimento dalla parte fruita (senza “percorsi obbligati”) e soprattutto riuscendo ad avvalersi in maniera efficiente dell’ampiezza merceologica messa a disposizione dall’ipermercato.
Il caso merita esame ed approfondimento, affinché le insegne della distribuzione abbiano a riferimento, nelle loro proposte, non solo qualità e varietà dell’assortimento a prezzi di convenienza, ma anche e forse soprattutto metodi esclusivi per rendere agevole il tempo lungo il quale fare la spesa.