E se diminuisse la produzione di vino, birra, riso e caffè cosa fareste?

Data:

Settembre 2019. Ormai da diversi anni la comunità scientifica mondiale si sta interrogando su quale sia l’impatto generato dalla produzione e dalla lavorazione del cibo sulla qualità dell’ambiente e sull’ecosistema del nostro Pianeta e sul loro contributo ai cambiamenti climatici in atto a livello globale. Si tratta evidentemente in entrambi i casi di fenomeni globali e allarmanti: basti pensare che, secondo recenti stime del Wwf, la produzione di cibo assorbe il 70% dell’acqua complessivamente consumata nel mondo, mentre il 35% delle emissioni di CO2 è riconducibile alla produzione agroalimentare. Un impatto che, ad un’analisi più approfondita tendeva modificarsi, per forma e intensità in base al tipo di produzione: gli allevamenti bovini intensivi inquinano ad esempio 53 volte più delle coltivazioni di frutta (se si calcola l’emissione di anidride carbonica per ogni chilogrammo di alimento) e consumano venti volte più acqua. Sostituire come fonte proteica i legumi alle carni rosse significherebbe risparmiare sei litri di acqua e oltre 14 grammi di CO2 per ogni chilogrammo ingerito.

DI CONVERSO, LO stesso cambiamento climatico e ambientale (cui peraltro lo stesso cibo contribuisce) genera a sua volta cambiamenti spesso radicali sugli habitat in cui crescono e vivono animali e piante alla base della nostra alimentazione. Si assiste infatti, in molti casi ad una vera e propria “migrazione” di intere produzioni, di solito verso Nord o ad una maggiore altitudine, alla ricerca delle giuste condizioni meteo-climatiche. Così in territori precedentemente vocati si assiste ad un progressivo ridimensionamento o, nelle peggiori delle ipotesi, alla completa scomparsa di determinati cibi quando tali condizioni non siano replicabili altrove o risulti antieconomica la migrazione.

IN MOLTI CASI, le difficoltà produttive e la riduzione delle produzioni agricole a monte si traducono a valle, in un innalzamento dei prezzi e, quindi, in una maggiore difficoltà di accesso.

PROIETTANDOCI NEL FUTURO le cose non sembrano migliorare. Appare infatti ormai chiaro che dovremmo fare i conti con un radicale mutamento di scenario agricolo e alimentare. Da un lato il surriscaldamento del pianeta ridurrà le superfici e le varietà coltivabili, dall’altro la concentrazione di CO2 in atmosfera diminuirà di quasi il 10% l’apporto proteico dei cibi nonchè le quantità di elementi nutritivi essenziali come ferro e zinco, e aumenterà le dosi di metilmercurio.

SAREMO COSTRETTI A diventare tutti vegetariani o entomofagi per salvare il pianeta? No, se sapremo convertirci a una agricoltura e a una filiera di trasformazione basata sulla biodiversità e l’ecosostenibilità e se sapremo adeguare anche in questo senso i modelli di produzione e consumo. Dovremmo, ad esempio, abituarci all’idea di consumare alghe, oggi utilizzate come integratori alimentari ma destinate a entrare nell’alimentazione quotidiana sotto forma di farine e a ridurre contestualmente il consumo di prodotti che oggi appaiono per noi irrinunciabili (riso, pesce, vino, birra, caffè solo per citarne alcune). Nei campi italiani non sarà improbabile vedere

coltivazioni di frutta esotica come mango, avocado, papaya, macadamia accanto a quelle di arance, grano, pomodori, soprattutto nel caldo Sud destinato a diventare sempre più desertico. Tra Calabria e Sicilia negli ultimi cinque anni sono già aumentate del 60% le superfici convertite a frutta esotica. Il cambiamento climatico ha già sortito effetti pesanti in agricoltura, ricorda Coldiretti: nell’ultimo quarto di secolo è scomparso il 28% delle terre coltivate, nel giro di 15 anni è sparito un terzo degli alberi da frutto e nell’ultimo decennio l’alternarsi di eventi climatici estremi ha causato danni per 14 miliardi all’agricoltura italiana, dai prolungati periodi di siccità alle violente ondate di maltempo che hanno devastato coltivazioni, strutture e infrastrutture.

La diminuzione di produzione

. -16% di birra per il crollo del raccolto di orzo,

. -85% di vino nei prossimi 50 anni,

. -15% di riso nei prossimi 10 anni

. -25% di caffè per la produzione di chicchi entro il 2050.

L’aumento della produzione

. +10% dei fichi d’india

. +40% insetti,

. alghe in generale.

Fonte: italiani.coop

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Sei umano? *

Condividi:

Popolari

Articoli simili
Related

Torta pasqualina Coop banco gastronomia: il test di RetailWatch

In previsione di Pasqua abbiamo testato la torta pasqualina Coop della linea Gusto Qui. L'acquisto è stato fatto presso il punto vendita di Varese Casbeno, in data 10 aprile 2025. Abbiamo analizzato confezione, prezzo, etichetta, sapore e aspetto.

Le scommesse di Sole365: Centro Commerciale Campania

Sole365 (Gruppo Megamark) cresce in Campania anche aprendo negozi in location dove altri hanno fallito. L'azienda che ha fatto dell' Every Day Low Price la propria carta vincente è in grado di trasformare i rischi in opportunità?

Walmart punta sull’IA per ottimizzare gli approvvigionamenti

Walmart è un gigante del commercio che fattura oltre 680 miliardi di dollari. Su quali soluzioni di I.A. punta per mantenere la propria posizione di leadership? La risposta viene dall'India e si chiama "Cropin".

MDD Wars, uovo di cioccolato al latte con nocciole intere: MD vs Conad

Effettuiamo un confronto tra due uova di Pasqua MDD: la variante di cioccolato al latte con nocciole intere di MD linea Lettere dall'Italia e di Conad linea Sapori & Idee. Il test comprende come sempre la valutazione di prezzo, etichetta, aspetto e sapore: entrambe ottengono lo stesso punteggio ma ciascuna con il proprio punto di forza.