Febbraio 2020. Quanto è facile per un consumatore oggi fare una spesa all’insegna della sostenibilità? In che modo i retailer aiutano il consumatore ad orientarsi?
Guidati da queste domande e sempre mettendoci nei panni di un consumatore informato, attento alla sostenibilità e disposto a pagare un prezzo un po’ più alto per un prodotto di cui può riconoscere il maggior valore in termini di sostenibilità, continuiamo la nostra indagine con il terzo approfondimento in cui analizziamo l’offerta del latte a marchio Esselunga nel punto vendita di Casalecchio di Reno (BO) – Centro la Meridiana.
Reparto Latte, Formaggi e latticini
Prodotto: Latte
Marchio: Esselunga
L’esperimento davanti allo scaffale.
Prima di tutto è doverosa un’avvertenza rivolta a chi ha già letto le due esperienze precedenti sul latte a marchio Coop e Conad: siamo in un superstore e lo scaffale frigo del latte nel superstore Esselunga è ovviamente più grande e posizionato in modo diverso da quello dei due punti vendita di prossimità presi in esame in precedenza. Infatti nei punti vendita di prossimità il latte occupa quasi sempre un solo ripiano, solitamente quello più in basso in questo caso invece il latte occupa tutto lo scaffale. E come è facile intuire il formato del punto vendita e l’ampiezza dello scaffale rilevano nel nostro esperimento in diversi modi.
Ad esempio, se cercando il latte si scopre che ha uno scaffale dedicato senza nulla intorno in qualche modo questo aiuta la scelta, rassicura e ci permette di avere tutto sott’occhio. Per di più lo scaffale è visivamente semplice da leggere grazie ad pochi elementi – i ripiani, i colori e il cartellino prezzo – che orientano la decodificazione visiva dell’offerta.
Due ripiani sono ad altezza occhi, nello specifico il terzo e il quarto dal basso, dove troviamo nell’ordine il latte intero e il latte parzialmente scremato in tutte le loro declinazioni. A sinistra c’è il biologico che occupa un piccola colonna su tutti i ripiani dello scaffale, lasciando all’Alta Qualità la gran parte dello spazio centrale (dieci file circa), e poi il microfiltrato a durata prolungata chiude il ripiano sulla destra con quattro o cinque file ben distinguibili per il colore più scuro. L’impressione generale è di ordine e funzionalità che aiutano l’orientamento del consumatore nelle scelte, semplificando il suo carico cognitivo sacrificando però il calore e l’eleganza nell’accostamento dei toni, nell’uso della grafica e anche nella scelta dei font.
Ad un primo sguardo ci sono due elementi che indirizzano l’attenzione: se il biologico si evidenza per il cartellino prezzo a colori e col marchio Bio di Esselunga, il latte Alta Qualità si impone per ampiezza delle bottiglie con l’etichetta di un celeste (o rosa per il PS) molto carico che contrasta con il bianco del latte. Il tappo azzurro e la bottiglia in Pet trasparente sono gli stessi, cambia solo l’etichetta e il prezzo.
Guardando in basso nel primo ripiano dello scaffale un altro prodotto guadagna subito la scena: il latte Smart con il suo giallo intenso e il tetrapack classico senza tappo. Si tratta della nuova linea di prodotti Smart che sono l’opzione consigliata da Esselunga per chi cerca la convenienza prima di tutto. Siamo a prezzi davvero competitivi dai 24 ai 31 centesimi più bassi del latte fresco alta qualità e fino a 71 centesimi rispetto al biologico. Un bel divario che sfora l’80% di differenza, per di più sull’unico prodotto a scaffale che adotta un packaging a base di cartone (con un po’ di plastica) e non di PET. Bella la sorpresa ma la scelta si complica: se il biologico è il candidato naturale per chi cerca sostenibilità, il latte Alta Qualità il suo antagonista diretto ecco che la linea Smart con il suo pack e un ottimo rapporto qualità/prezzo (da verificare nel prosieguo dell’analisi) si inserisce tra i due rendendo più complessa la scelta.Sullo scaffale si distinguono 4 linee di prodotti a marchio Esselunga (escluse come sempre le linee speciali senza lattosio e ad alta digeribilità):
Latte Fresco Smart 0.85 € Intero – 0.78 € Parzialmente Scremato
Latte Fresco Alta Qualità – 1.09€
Latte Fresco Biologico Pastorizzato 1.49€
Latte Pastorizzato Microfiltrato – Dura di Più 1.09€
Analisi del prodotto
Per questa tipologia di prodotto gli indici di sostenibilità che un consumatore consapevole e in cerca di sostenibilità a buon prezzo può valutare davanti allo scaffale sono:
L’origine della materia prima – latte italiano, Alta Qualità, biologico
Lo stabilimento di produzione – la distanza
Il trattamento di conservazione – fresco pastorizzato, microfiltrato
Il packaging – se riciclabile, se rinnovabile, se certificato
La materia prima – latte italiano, AQ, bio
La zona di mungitura indicata è per tutti prodotti l’Italia. Per il latte alta qualità prodotto da Latteria Soresina leggiamo che proviene “da stalle di soci allevatori poco distanti dalla latteria” in Lombardia. Su questo indicatore quindi registriamo un ottimo livello generale con un prodotto che si distingue grazie un dettaglio geografico maggiore sulla zona di mungitura e la ridotta distanza dallo stabilimento di trasformazione.
La certificazione biologica e la dichiarazione di rispetto del benessere animale e di un’alimentazione priva di ogm è una chiara indicazione di sostenibilità (pur con tutte le specifiche del caso fatte sul biologico nei precedenti articoli) e si contrappone all’indicazione della zona di mungitura e la ridotta distanza dallo stabilimento del latte Alta Qualità che non pare più solo legata alla qualità del latte ma rimanda a valori di sostenibilità tangibili. Del resto, se il latte biologico proviene da tutta Italia ha certamente percorso molti più km.
La domanda però rimane aperta: sarà più bassa l’impronta ambientale di un latte biologico che proviene da tutta Italia o di un latte a km ridotto? È una differenza apprezzabile o sono equivalenti seppure con diverse caratteristiche? Non ci sono indicazioni sul packaging o nel punto vendita che aiutino il consumatore a orientarsi in questo senso.
Stabilimento di produzione – la distanza
Oltre alla zona di mungitura e la distanza dallo stabilimento è rilevante la distanza dal punto vendita per valutare le emissioni di CO2e da trasporto. Per il biologico lo stabilimento è Peschiera Borromeo a 208 km, per l’Alta Qualità lo stabilimento è a Soresina a 174 km, per il latte Smart lo stabilimento è Casalmaggiore (CR) a 112 km, mentre per il latte microfiltrato Dura di più siamo a Albano S. Alessandro (BG) a 233 km.
Anche in questo caso ci sono domande a cui non possiamo rispondere per carenza di informazioni da parte del retailer: quanto incide sull’impronta ambientale la distanza tra l’allevamento e lo stabilimento, e dal punto vendita allo stabilimento di produzione? La differenza tra i vari stabilimenti è significativa, o vista l’alta impronta di CO2e della fase di allevamento sarebbe un valore residuale nel calcolo dell’impronta del nostro latte?
Trattamento
Non volendo ripetere le considerazioni già fatte nelle precedenti analisi, alle quali rimandiamo per una valutazione generale dei trattamenti del latte in quanto a sostenibilità visibile al consumatore, annotiamo come tutte le referenze analizzate siano pastorizzate e omogeneizzate tranne il latte a durata prolungata che è microfiltrato. Come abbiamo già scritto in precedenza, il latte fresco microfiltrato sembra quello da preferire tra i trattamenti di conservazione in quanto non usa alte temperature e migliora sensibilmente la durata (almeno 10 gg dal trattamento): meno CO2 emessa (si presume) e minore rischio di spreco alimentare domestico. Però il latte microfiltrato è nell’unico pack non riciclabile (PET bianco) che quindi nel migliore dei casi verrà bruciato per produrre energia. Neanche dal trattamento emerge un’indicazione chiara per un prodotto che emerge sugli altri.
Packaging
Abbiamo tre tipologie di packaging: il PET bianco della linea Dura di più, il PET trasparente del latte biologico e Alta Qualità e il tetrapak della linea Smart.
Il PET bianco sappiamo che non è riciclabile eppure è l’unico che contiene latte microfiltrato: non c’è corrispondenza tra il contenuto e il contenitore, anche se sappiamo ce la scelta è del materiale è per tutelare il latte più a lungo sappiamo anche che non è l’unica alternativa quella di un polimero non riciclabile.
Il PET trasparente è riciclabile ma è pur sempre plastica.
Il tetrapak della linea Smart ha la certificazione FSC misto per la componente di cartone che è quella principale del poli-accoppiato in cui troviamo anche del polietilene. Con buona probabilità il consumatore vedendo un packaging apparentemente privo di plastica – non c’è nemmeno il tappo – sarebbe propenso ad attribuirgli un minore impatto. E in effetti un pack in tetrapak viene generalmente considerato più green grazie ad un’impronta di CO2e più bassa, eppure né sul pack né a scaffale troviamo informazioni di questo tipo che sono relegate in studi non facilmente reperibili sul sito del produttore, e a volte esplicitamente non rivolti al consumatore.
Nonostante Tetrapak sia impegnato fortemente sulla sostenibilità e continui a investire nell’innovazione – ad esempio con la graduale introduzione di polimeri di origine vegetale – l’azienda sembra non voler entrare in diretta competizione/comparazione con i contenitori in plastica. Una delle ragioni potrebbe essere quella che nella misurazione dell’impronta ambientale per buona parte la differenza la fa l’effettivo fine vita del prodotto: il tetrapak per lo più va differenziato con la carta ma si differenzia (lato consumatore) e si ricicla (lato filiera dei rifiuti) meno rispetto alla plastica, e poi ci sono dei margini di variabilità dati dalla disponibilità di impianti sul territorio e dall’effettivo metodo di riciclaggio sia della plastica che del poli-accoppiato. Non solo non abbiamo informazioni sufficienti per decretare una preferenza netta ma pare che la questione sia così variabile che – come si dice per i sondaggi elettorali – la forchetta tra il minimo e il massimo di impronta di PET e tetrapak si sovrappone in misura così marcata da impedire una giudizio definitivo. Sarà così?
In ogni caso non dimentichiamoci che stiamo facendo la spesa come farebbe un consumatore, attento sì ma non onnisciente. Tutte queste valutazioni il consumatore nemmeno se le figura, più che altro va a sensazione e in questo periodo di campagne utopisticamente mirate al plastic free, il fatto che il tetrapak sia nominalmente riciclabile come un cartone e abbia la certificazione FSC lo rende preferibile alla bottiglia in PET.
Giudizio di sintesi
L’offerta del latte a marchio Esselunga
Al terzo esperimento si cominciano a intravedere le costanti e le variabili che caratterizzano le diverse insegne.
Esselunga ha il suo stile che privilegia la funzionalità e la semplicità della scelta e questo incide positivamente in un contesto in cui, come ormai abbiamo sperimentato di persona, la complessità degli elementi in campo e la mancanza di informazioni da parte dei retailer rendono il carico cognitivo della ricerca di sostenibilità pressoché insostenibile.
Oltre a questo, l’offerta del latte a marchio Esselunga, come le due precedenti, si posiziona in generale ad un buon livello di sostenibilità, determinato da: una materia prima italiana, in parte da una zona di mungitura a ridotta distanza dallo stabilimento e nota per la qualità dei prodotti e l’attenzione al benessere animale (Latteria Soresina è il posto dove si massaggiano le mucche), dal packaging quasi tutto riciclabile (tranne il PET bianco del microfiltrato), e in ultimo dalle due referenze intero e parzialmente scremato biologico che dovrebbero dare al prodotto un minore impatto, sempre con le avvertenze e i dubbi espressi in precedenza sul biologico più impattante perché meno efficiente sul piano produttivo.
Voto 4 su 5
Il prodotto più sostenibile
Con le informazioni incomplete di cui un consumatore può servirsi davanti allo scaffale il latte più sostenibile a marchio Esselunga è il latte intero Smart PS.
Materia prima italiana che non presenta dal punto di vista nutrizionale differenze significative in etichetta con quello Alta Qualità, uno stabilimento che tra tutti è il più vicino al punto vendita di almeno 60 km, ha l’unico packaging a base di cartone che grazie al giallo e alla sua grafica minimal sembra proprio un prodotto pensato con la filosofia “less is more”, confermata da un prezzo di 31 centesimi più basso del latte PS che è difficile da battere anche in un discount. Il prezzo infatti è un indice importante anche per chi cerca sostenibilità per due ragioni:
a) da un punto di vista del singolo consumatore la scelta è un bilanciamento tra il costo (solitamente maggiore dei prodotti analoghi) e il valore sostenibile percepito nel prodotto, quindi più è basso il prezzo più il valore di sostenibilità viene esaltato;
b) dal punto di vista delle politiche di sostenibilità un prezzo basso per un prodotto sostenibile vuol dire che la sua potenzialità di diffusione sarà maggiore e quindi anche i benefici (potenzialmente minori sulla singola confezione) rispetto a altri prodotti più costosi – vedi ad esempio il latte biologico PS che costa oltre l’80% in più, o anche il latte a ridotta distanza stalla-stabilimento che costa un 40% in più – saranno moltiplicati dalla facilità di accesso che il prezzo determina. Questa considerazione dovrebbe anche chiarire il valore della trasparenza nella scelta del consumatore che per spendere di più ha giustamente bisogno di avere evidenze, di essere certo di star facendo qualcosa di concreto per ridurre l’impronta dei suoi consumi. E non dimentichiamo che se il prezzo incorporasse le esternalità negative che vengono invece scaricate sul sistema, il prodotto più sostenibile costerebbe meno. Ma su questo ribaltamento di prospettiva ci soffermeremo nelle prossime sperimentazioni.
Voto 3,5 su 5
Il retailer
L’offerta del latte Esselunga si allinea sostanzialmente a quella degli altri due retailer esaminati in precedenza (Coop, leggi qui, e Conad, leggi qui) con un livello di sostenibilità nel complesso buono che però non ci aiuta a fare una scelta davvero consapevole in termini di sostenibilità.
Le domande infatti rimangono tutte aperte come nei casi precedenti e nemmeno Esselunga ci permette di fare chiarezza sul rapporto tra impronta ambientale, differenze qualitative tra i prodotti e differenze di prezzo richieste al consumatore in nome di una presunta sostenibilità.
Fin qui la valutazione che rimane identica alle precedenti e quindi sotto la sufficienza
Voto 2 su 5
C’è però un elemento distintivo nel caso di Esselunga che in qualche modo è la sua cifra stilistica ed è questa filosofia della funzionalità, della semplicità, chiarezza e razionalità degli scaffali, dei packaging e dei messaggi che diventa capacità di indirizzare la scelta e, molto probabilmente è anche uno dei segreti della redditività per mq più alta del settore. Efficienza, funzionalità, less is more sono inevitabilmente vicini ai temi della sostenibilità e non è un caso a nostro parere che il prodotto più sostenibile sia anche quello più conveniente.
L’esperimento presso Esselunga ci aiuta a fare una riflessione sul fatto che la sostenibilità dei consumi si può interpretare in diversi modi: uno più rivolto al futuro con la sperimentazione di soluzioni innovative, un altro più centrato sul presente e su quello che già oggi si può fare ad un prezzo accessibile a tutti, magari rinunciando un po’ alla qualità o alla comodità. Non si può certo dire che la nuova linea Smart sia nata con l’ambizione di essere la più sostenibile ma nel caso del latte è un interessante esempio di come la semplicità e l’essenzialità siano molto spesso indicatori di un uso intelligente e quindi sostenibile delle risorse. Che sia questa la strada più accessibile per portare i consumi verso un minore impatto ambientale e sociale?