Quanto conta l’abitudine nella spesa alimentare?

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Quanto conta l’abitudine nella spesa alimentare?

Aprile 2018. Una recente ricerca di Demopolis per IBC (Industrie dei beni di consumo) permette di fare alcuni approfondimenti sui comportamenti di acquisto.
 
Vediamo in dettaglio. I ricercatori diretti da Pietro Vento hanno dapprima chiesto:
 

 
Subito dopo l’altra domanda:
 

 
L’opzione abitudine non esce quasi mai dalle ricerche di mercato dei vari istituti (Nielsen, Iri, GFK e altri) e quindi è molto interessante.
 
Abitudine dovrebbe significare che hanno da tempo scelto il punto di vendita dove fare la spesa, al di là delle promozioni. Personalmente mi ritrovo in questa percentuale: vado all’Esselunga di viale Papiniano a Milano perché vicina a casa, conosco bene il layout e le gondole dove andare a prendere i prodotti che mi servono, spendo poco tempo, ecc.
 
Pur essendo un item di scelta multiplo ha una percentuale alta. Al terzo posto troviamo l’italianità. Italianità del punto di vendita o dei prodotti in vendita? Vento non lo ha spiegato, probabilmente perché c’era poco tempo.
Pensate se riguarda l’insegna. C’è da scartare non poco retail food.
 
La marca, il brand del prodotto, raggiunge un gradimento del 60%, percentuale di non poco conto, ovviamente essendo un dato medio dipende dalla categoria di prodotto.
 
Il costo (forse è meglio dire il prezzo) e le promozioni guidano la classifica con il 67%.
 
La ponderata fra promozioni e abitudine è poi anche la costruzione del paradigma del vicinato e di convenience. Il futuro, forse, ma non l’oggi.
 
Secondo Pietro Vento di Demopolis il gradimento e la fiducia nei brand sono in aumento e si stanno avvicinando all’item del prezzo promozioni:
 

 
Il gradimento del brand è piuttosto alto dottor Vento, ce lo augureremmo tutti.
Nel confronto manca però il dato delle MDD, le marche del distributore. Forse la tabella andrebbe aggiornata.

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