Chi sale e chi scende nel 2019 nella GDO secondo Mediobanca. E prezzi e margini…

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Giugno. Ecco la sintesi della monumentale indagine sulla GDO di Mediobanca per il 2019.

  1. La limitata possibilità di recuperare l’adeguamento dei listini attraverso i prezzi di vendita porta all’ovvia conseguenza di comprimere i margini della Gdo italiana, come illustrato più oltre in questa sezione introduttiva. La ricerca di maggiore efficienza appare quindi una sfida ineludibile per i player italiani. Essa può certamente essere perseguita attraverso un’opportuna differenziazione dell’offerta, in termini soprattutto di servizi praticati al cliente così da trasmettergli la percezione di potersi appropriare di un maggiore valore attraverso l’esperienza di acquisto (e.g. in termini di scelta, comodità, piacevolezza e appagamento dello shopping, secondo l’identità ‘to shop=to enjoy’). Ma un driver primario resta quello del prezzo, o meglio del rapporto qualità-prezzo (value for money). In questo senso, un’adeguata dimensione aziendale con le relative efficienze che offre pare un obiettivo non procrastinabile per gli operatori italiani.
  2. Il comparto della Gdo non è stato interessato dal lockdown di inizio 2020, salvo vedere inibita la vendita di alcuni generi non alimentari. La Gdo italiana ha quindi dovuto fronteggiare una fase di intensa attività, provocata dalla chiusura di tutte le attività dell’H.Re.Ca e dalla diffusione di atteggiamenti di accumulazione da parte dei consumatori, fattori che si sono combinati con condizioni di esercizio molto difficoltose sia per i provvedimenti di distanziamento sociale sia per la pressione che hanno subìto le catene dei trasporti, della logistica e della fornitura. Fino a tutta la prima metà di aprile 2020 le vendite della Gdo hanno segnato incrementi attorno al 10%, con punte del 30% per il confezionato. Non tutti gli operatori ne hanno beneficiato in egual misura. Hanno segnato progressi in doppia cifra i piccoli punti vendita del libero servizio, i discount e i supermercati, mentre sono risultati in flessione contenuta i drugstore nei quali si sono ridotti i consumi di prodotti voluttuari (profumi e make-up) e sono cresciuti quelli legati all’igiene personale e della casa. Le performance degli operatori hanno poi risentito della presenza più o meno estesa al loro interno dei punti vendita dedicati al ‘cash&carry’. Tale canale ha ripiegato in maniera assai evidente in conseguenza del blocco della domanda da parte della ristorazione e dei bar, con flessioni settimanali che dall’inizio di marzo hanno toccato punte vicine al 50%. Le grandi superfici (ipermercati), che già provenivano da una crisi strutturale pluriennale, hanno subìto un’ulteriore marginalizzazione. Vi hanno concorso la sospensione delle vendite di tutti i prodotti non-food, la localizzazione spesso decentrata dei punti vendita che richiede l’uso dell’auto e sovente il superamento dei confini comunali, l’ubicazione all’interno di gallerie commerciali deserte. In generale, le grandi superfici sono state associate dai consumatori a maggiore affollamento e lunghe attese all’ingresso, con conseguente preferenza per esercizi di più contenute dimensioni e di prossimità, raggiungibili a piedi. La distribuzione degli acquisti lungo la settimana ha subìto una riconfigurazione, con concentrazione durante i giorni lavorativi e caduta nei week-end. Assolutamente peculiari sono stati gli andamenti del canale on-line soggetto a una pressione che ha generato strozzature ed episodi di mancata evasione del servizio. Gli incrementi del traffico on-line tra marzo e aprile del 2020 hanno toccato punte del 200% rispetto ai livelli dell’anno precedente, sia nella modalità del Click&Collect che in quella dell’home delivery.

Inoltre, a fronte di dinamiche complessivamente favorevoli nelle vendite, resta meno chiaro l’impatto che i maggiori volumi produrranno sui margini della Gdo nazionale. Lo scontrino medio è aumentato, ma la frequenza della spesa si è ridotta. Il paniere degli articoli ha poi subìto un’importante ricomposizione. Esaminando i prodotti maggiormente richiesti durante marzo e aprile, appare evidente la crescita di articoli a basso valore aggiunto o di modesto importo unitario, quali ad esempio: guanti, alcool denaturato, lieviti e farine, agrumi, salviette, pizze confezionate, strutto e ingredienti per pasticceria, pane da cuocere, preparati per dessert, camomilla, fagioli in scatola e legumi secchi, saponi e candeggina, carni in scatola, piselli conservati e passata di pomodoro. Si tratta di articoli che ben rappresentano la necessità di garantire l’igiene, di impegnare il tempo domestico producendo in casa quanto prima acquistato, di costituire scorte di prodotti non deperibili che rendano meno ricorrente la frequentazione dei negozi.

  1. In sintesi, resta difficile valutare in che misura le abitudini di consumo osservate siano destinate a diventare permanenti. Molto dipenderà dall’evoluzione del quadro nei prossimi mesi. Sotto il profilo sanitario, una ricaduta pandemica rafforzerebbe il convincimento che il rischio sanitario costituisca un elemento strutturale e non più episodico, contribuendo alla radicalizzazione dei comportamenti già osservati: tendenza allo stocking, preferenza per il confezionato, ricorso all’home delivery. Dal punto di vista economico, se il potere d’acquisto delle famiglie risultasse ridotto in misura percepita permanente, i format che fanno leva sull’economicità (discount) sono candidati a guadagnare ulteriore terreno. In generale, l’esigenza di finanziare importanti investimenti per allestire nuove modalità di approvvigionamento (logistica) e vendita (piattaforme on-line, home delivery), quella di ampliare il magazzino per garantire la disponibilità degli articoli, e quella di praticare prezzi convenienti (value for money) riassorbendo i rincari della filiera o negoziando migliori condizioni di approvvigionamento, inducono a ritenere che il processo di consolidamento dell’industria italiana della Gdo possa subire un’ulteriore accelerazione ad opera dei soggetti, italiani o stranieri, economicamente e patrimonialmente più solidi.
  2. Un’indicazione di prima approssimazione circa l’andamento della Gdo è ricavabile dai conti relativi al primo trimestre 2020 rilasciati dai maggiori operatori internazionali quotati. Si tratta quindi di risultati maturati quando ancora la pandemia non aveva toccato il proprio livello di maggiore diffusione che sarebbe intervenuto nei successivi mesi di aprile e maggio. Il fatturato complessivo dell’industry nel primo trimestre del 2020 ha segnato un incremento del 9,1%, l’Ebit è salito del 33,6% e il risultato netto del 34,8%.
  3. Tornando ai dati strutturali, nel 2018 il fatturato aggregato dei maggiori operatori della Gdo italiana, rappresentativi di circa il 95% del mercato della Gdo nazionale a prevalenza alimentare, si è assestato a 84,3 miliardi di euro (al netto di Iva), segnando un incremento dell’1,9% sul 2017. Si tratta della minore crescita dal 2015. La Distribuzione organizzata, che comprende forme consortili e di unione volontaria, ha realizzato nel 2018 vendite per 28,1 miliardi, pari al 33,3% del totale; la Grande Distribuzione, relativa a gruppi societari gerarchici, si è assestata a 22,5 miliardi che valgono il 26,7% del totale; Coop e Conad, che aderiscono alla Lega delle Cooperative, cubano 19,8 miliardi, ovvero il 23,5% dell’industry; infine il canale discount, con vendite pari a 14 miliardi, rappresenta il residuo 16,6% del mercato. Gli operatori a controllo straniero hanno realizzato vendite per 16,2 miliardi, pari al 19,2% dell’aggregato, quota destinata a scendere al 14,6% per effetto della cessione delle attività italiane di Auchan.
  4. L’incremento delle vendite non è andato di pari passo con quello dei margini. Il Mon ha ripiegato dell’1,2%, il risultato corrente del 6,7% per effetto del peggioramento della gestione finanziaria. Il contributo delle poste non ricorrenti ha consentito al risultato netto di contenere la flessione all’1%. Costante la riduzione della redditività del capitale investito (Roi) che si attesta al 4,3% nel 2018 (era 5,4% nel 2015), mentre la redditività netta (Roe) ha saldato al 4,7%, valore più basso dal 2015. Tali indici esprimono valori che sono meno della metà di quelli realizzati dai gruppi internazionali della Gdo alimentare.
  5. La disaggregazione dei dati mostra dinamiche differenti. Le catene di discount hanno realizzato tra il 2014 e il 2018 la maggiore crescita media annua delle vendite, pari al 7,8% (+8,1% nel solo 2018). La Distribuzione Organizzata è stata molto dinamica con vendite in crescita del 5,3% medio annuo dal 2014 (+3,5% nel 2018). Il mondo cooperativo che fa capo alla Lega delle Cooperative (Legacoop) annovera i due 7 maggiori operatori del settore: Conad ha realizzato dal 2014 una crescita media annua del 3,5% (+2,8% nel 2018), mentre le Coop hanno segnato nel periodo una flessione media del giro d’affari dello 0,2% (-4% nel solo 2018). E’ infine stabile il fatturato della Grande Distribuzione in lieve crescita dello 0,3% medio annuo dal 2014 (-0,4% nel 2018, prima flessione nel quadriennio). Resta ancora modesta la contribuzione dell’e-commerce: a titolo d’esempio, esso rappresenta il 3% del fatturato di Supermarkets Italiani. L’incidenza dei prodotti a marchio proprio (private label) nel settore della Gdo in Italia si attesta intorno al 20% con vendite prossime a 10 miliardi nel 2018. Permane elevata l’incidenza dei contributi e servizi promozionali ai fornitori con una media del 9% del fatturato.
  6. Scendendo nel dettaglio dei singoli operatori, i maggiori incrementi delle vendite nel 2018 hanno interessato le catene discount Lidl Italia (+9,1%), Eurospin (+7,7%) e LilloMD (+7,1%), oltre al consorzio Agorà (+7,5%). Anche considerando la crescita media annua dal 2014, il quadro non cambia con l’eccezione del consorzio Crai che registra incrementi pari all’8,1%, subito dopo Lidl Italia (+8,8%) e prima di Eurospin (+8%).
  7. L’aggregato della Gdo italiana esprime un rendimento del capitale investito (Roi), netto delle imposte, pari al 5,3% (media semplice), in linea con il costo medio ponderato del capitale (Wacc) dei maggiori retailer europei quotati, pari al 5,1%. Anche la redditività netta dei mezzi propri (Roe) dell’aggregato nazionale, pari all’8,5% (sempre in media semplice), appare coerente con il benchmark europeo che si attesta all’8,1%.
  8. Scendendo nel dettaglio dei principali raggruppamenti i dati sono molto diversificati. Il rendimento del capitale (Roi), lordo delle imposte, vede primeggiare nel 2018 i discount (18,7%) che precedono la Distribuzione Organizzata (8,9%) e la Grande Distribuzione (2,4%). All’interno del mondo cooperativo, Conad si attesta al 6,6% mentre è nullo il Roi delle Coop nel 2018.
  9. Con riferimento alla redditività dei singoli operatori, sempre in base al rendimento del capitale investito (Roi) del 2018, il gruppo più redditizio è Eurospin (23,9%) che precede Lillo-MD (17%) e Lidl (13,5%); seguono in doppia cifra Agorà (12,5%), VéGé (11,9%) e Crai (10,5%). Le differenti performance dei gruppi dipendono da una molteplicità di fattori (ubicazione, tipologia e assortimento dell’offerta, riconoscibilità del brand e sua fidelizzazione, ecc.) tra i quali figura anche la presenza più o meno intensa nelle grandi superfici (Iper) che rappresentano il format maggiormente sofferente.
  10. Assunti i riferimenti europei per il roi netto (5,1%) e il roe (8,1%), vi sono undici operatori italiani con posizionamento migliore in riferimento a entrambi i parametri. Essi esprimono vendite aggregate pari a 53 miliardi e un debt equity ratio medio del 63%. I nove gruppi domestici con performance al di sotto della media europea fatturano 31,3 miliardi per un rapporto tra debiti finanziari e patrimonio netto pari all’85%.
  11. Supermarkets Italiani detiene il primato quanto a utili netti cumulati nel periodo 2014- 2018: con 1.302 milioni essa precede Eurospin con 924 milioni, Conad con 850 milioni e Selex con 714 milioni. Se si rapportano gli utili cumulati nel periodo alla consistenza dei mezzi propri iniziali, i discount non hanno concorrenti: il gruppo Lillo-MD ha accumulato utili pari a 3,2 volte il patrimonio netto iniziale, Lidl ed Eurospin, rispettivamente, a 1,7 e 1,5 volte. Tutti gli altri operatori hanno multipli inferiori all’unità.
  12. Prosegue l’erosione del prestito sociale all’interno del Gruppo Coop (-6,9% rispetto al 2017) che passa da 9,1 a 8,4 miliardi. Esso fronteggia un portafoglio finanziario pari a 10,4 miliardi, composto da 6,5 miliardi di titoli e 2,5 miliardi di partecipazioni, di cui 2 miliardi direttamente in Unipol Gruppo. Nel quinquennio 2014-2018 l’aggregato Coop ha espresso margini industriali (Mon) cumulati negativi per 690 milioni, proventi finanziari netti positivi per 1.388 milioni, svalutazioni per 978 milioni e poste straordinarie con saldo positivo per 370 milioni. Dedotte le imposte pari a 232 milioni, l’aggregato Coop ha consuntivato una perdita netta cumulata pari a 142 milioni. L’aggregato Conad ha conseguito margini industriali cumulati positivi per 962 milioni e un risultato netto per 850 milioni.

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