Il materialismo degli italiani progredisce e fa abbandonare la-le religioni

Data:

Luglio 2020. Cortei di piazza sulle unioni civili, manifestazioni arcobaleno, ma anche sfilate di cattolici reazionari ed esibizione di simboli religiosi in pubblico e in parlamento; la religione è spesso al centro del dibattito sociale e istituzionale del Paese, ma dietro al cancan mediatico non sembra esserci un rinnovato interesse degli italiani per questo tema. Neppure 1 italiano su 5, il dato si ferma al 19%, ritiene che il ruolo della religione sia importante nella propria vita, una percentuale addirittura

più bassa di quella registrata in Paesi come Germania, Russia, Canada, Stati Uniti. In Europa, solo la Svezia ha meno del 10% della popolazione attenta all’aspetto religioso nella propria esistenza.

Dati, quelli rilevati dal Pew Research Center, che se incrociati con il trend percepito negli ultimi 20 anni sull’importanza della religione rendono ancor più evidente il graduale allontanamento degli italiani dalla fede, in modo molto più massiccio rispetto a quanto stia accadendo nella gran parte delle altre nazioni europee.

Ancor più sorpresa desta scoprire che gli italiani non solo sono più laici della media internazionale, ma sono anche tra i meno superstiziosi e fatalisti d’Europa, in questo perfettamente allineati ai cugini d’Oltralpe e del Nord Europa e per contro molto distanti dall’approccio di chi arriva dall’Est Europa, dove malocchio e dea bendata fanno il pieno di proseliti.

La minore importanza attribuita alla religione in generale si traduce inevitabilmente in una minore propensione alla pratica religiosa. In Italia, il numero di credenti cattolici è diminuito di 11 punti percentuali nel giro di un decennio. Oggi meno

di 3 italiani su 4 si dichiarano cattolici. Mentre aumentano i fedeli di altri culti, il 3% del totale. Nello stesso lasso temporale la quota di non credenti è cresciuta di oltre il 60%, 23 italiani su 100 oggi non professano alcuna religione.

Il fattore generazionale gioca un ruolo chiave nel processo di graduale secolarizzazione del Paese: atei e agnostici rappresentano oggi il 14,4% degli over 65, ma questa percentuale sale a oltre il 40% tra i giovani al di sotto dei 24 anni. I fenomeni migratori inoltre faranno crescere presumibilmente l’incidenza delle religioni degli immigrati, mettendo in conto la possibilità che anche loro siano interessati nel medio-lungo termine dagli stessi fenomeni di graduale laicizzazione.

Tra secolarizzazione e ondate migratorie, le chiese cristiane d’Europa dovranno fare i conti nel giro dei prossimi trent’anni con una vera e propria riduzione di fedeli, che si sommerà alla contrazione di connazionali. L’Italia nel 2050 non avrà solo 4,5 milioni di residenti in meno, ma anche quasi 10 milioni in meno di cristiani praticanti e 3 milioni in più di musulmani.

Trend analoghi si registreranno in Francia e in Germania, mentre in Nord America le cose andranno diversamente, con una ondata di quasi 20 milioni di cristiani in più entro il 2050, ma anche musulmani, buddisti e induisti, non per una conversione

di massa ma per i forti flussi migratori previsti da Sudamerica ed Estremo Oriente.

Un Paese sempre più laico implica anche meno risorse alla Chiesa cattolica, a partire dalla contrazione delle cifre devolute dagli italiani attraverso l’8 per mille nella dichiarazione personale dei redditi, arrivando alla sempre minore disponibilità a

concedere privilegi economici a immobili e scuole religiose.

Fonte: italiani.coop

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Sei umano? *

Condividi:

Popolari

Articoli simili
Related

l’IA rivoluzionerà tutto…anche il Retail

L'IA impatterà il mondo ed il retail in modo particolare. Dalla logistica agli acquisti, i processi verranno con ogni probabilità rivoluzionati. È meglio prepararsi per evitare di prendere l'onda del cambiamento in faccia.

Chi ha ucciso Clevi?

Clevi, startup creatrice di un sistema di rilevazione e comparazione dei prezzi retail applicati online, ha chiuso i battenti per mancanza di clienti e fondi, nonostante potesse apportare valore al mercato. Chi sarà interessato ad acquisirne proprietà intellettuale e strumenti di rilevazione?

Una nuova rivista di retail. Perché?

RetailWatch torna dopo 4 anni, in un momento sfidante per il retail nazionale ed internazionale, riprendendo lo stile e gli argomenti per cui è diventato famoso.