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Gennaio 2020. Per una spesa sostenibile c’è bisogno di trasparenza
Quanto è facile per un consumatore oggi fare una spesa all’insegna della sostenibilità? In che modo i retailer aiutano il consumatore ad orientarsi?
Quando si parla di sostenibilità dei consumi per prima cosa bisogna fare chiarezza sul tema della trasparenza, una parola chiave nel rapporto tra consumatore e distributore in quanto è l’altra faccia della fiducia.
La trasparenza è importante per fare una spesa sostenibile almeno in due sensi.
- Ad un primo livello la trasparenza attiene alle informazioni che il consumatore ha sul prodotto, ovvero al grado di trasparenza sul processo produttivo che il produttore e il distributore sono disposti a concedere al pubblico per valutare correttamente la scelta d’acquisto.
- Il secondo livello da considerare è a nostro giudizio la trasparenza propriamente intesa, ovvero l’insieme dei messaggi che il distributore costruisce attorno al prodotto per creare il contesto di senso in cui si gioca la scelta di consumo.
Per arrivare ad una scelta consapevole non basta avere le informazioni, bisogna anche contestualizzarle e possedere gli strumenti culturali per interpretarle in funzione di una scelta davvero consapevole. Il che non significa per forza scelta giusta o scelta più sostenibile ma soltanto una scelta informata che privilegia il prodotto più adeguato al bisogno espresso in quel momento. Nel migliore dei casi una scelta consapevole che è orientata alla sostenibilità dovrebbe essere il risultato di un bilanciamento tra le caratteristiche di sostenibilità del prodotto, la sua qualità e il prezzo.
Su queste basi abbiamo individuato due livelli per valutare la sostenibilità di un retailer:
uno è quello dell’informazione sul prodotto e quindi della presenza a scaffale di un prodotto che presenta valori di sostenibilità, espressi in qualsivoglia modalità;
un secondo è quanto questo valore di sostenibilità sia messo in evidenza dal retailer per agevolare la scelta di un consumatore che vuole dare un minore impatto alla sua spesa.
In sostanza ci chiediamo: c’è o non c’è il prodotto sostenibile in assortimento? In che modo viene messo in evidenza?
Per testare la sostenibilità delle insegne italiane ci siamo messi nei panni di un consumatore consapevole e siamo andati nel punto vendita per fare un esperimento scegliendo un paniere di prodotti di consumo quotidiano basati solo sulla marca del distributore.
Di seguito raccontiamo una delle prime esperienze che ha avuto luogo nel punto vendita di prossimità Conad, in centro storico a Bologna – via Oberdan.
Reparto Latte, Formaggi e latticini
Prodotto: Latte
Marchio: Conad
L’esperimento davanti allo scaffale.
Guardando lo scaffale il latte è nel ripiano più basso. I cartellini del prezzo sono di due tipologie. Quello standard con le indicazioni di legge -come si vede dalla foto- riporta il prezzo su fondo azzurro ed è in generale più piccolo dell’altro che riporta l’offerta Bassi e Fissi a colori. Questo cartellino ha il fondo interamente bianco che sembra incollato allo scaffale a testimoniare come non sia stato esposto per essere cambiato facilmente come gli altri. Il logo e il claim dell’offerta Bassi e Fissi sono a colori sebbene molto piccoli, campeggia invece più grande e ben visibile il prezzo.
Il prezzo più grande e il bollino colorato dell’offerta orientano verso 4 referenze Bassi e Fissi a marchio Conad:
Latte Fresco PS
Latte Fresco Intero AQ
Latte Più Tempo Intero
Latte Più Tempo PS
Rimane un po’ in ombra il biologico della linea VersoNatura che non rientra in questa promozione ma si fa notare per il tappo blu, l’etichetta con la banda orizzontale verde che riprende la foglia verde del logo VersoNatura.
A giudicare dai messaggi visivi tra scaffale e packaging il miglior candidato sembra essere proprio questo: ammicca alla naturalità con il suo logo, conferma con la banda verde la differenza da tutti gli altri prodotti a marchio, e in più vanta una certificazione biologica che nessuna delle altre referenze possiede.
Approfondiamo l’analisi e verifichiamo se la prima impressione si conferma.
Analisi del prodotto
Per questa tipologia di prodotto gli indici di sostenibilità che un consumatore consapevole e in cerca di sostenibilità può valutare davanti allo scaffale sono:
L’origine della materia prima – italiano, AQ, bio
Lo stabilimento di produzione – la distanza
Il trattamento di conservazione – fresco, microfiltrato, ESL, UHT
Il packaging – se riciclabile, se di materiale rinnovabile, se certificato
La materia prima – italiano, AQ, bio
La zona di mungitura indicata è per tutti prodotti l’Italia, su questo indicatore registriamo un ottimo livello generale con nessun prodotto che si distingue non avendo un dettaglio geografico maggiore sulla zona di mungitura.
Da verificare
La certificazione biologica e la dichiarazione di rispetto ambientale che accompagna tutti i prodotti della linea VersoNatura sono una chiara indicazione di sostenibilità e si vanno a contrapporre all’indicazione Alta Qualità che solo indirettamente rimanda a valori di sostenibilità. Il nostro candidato si conferma in testa alla classifica.
Stabilimento di produzione – la distanza
La zona di mungitura indicata è per tutti prodotti l’Italia, quindi diventa rilevante lo stabilimento di produzione per valutare la distanza e le emissioni di CO2 da trasporto, se non fosse che tutta la produzione esce dallo stesso stabilimento a due passi dal centro città. Anche su questo indicatore registriamo un ottimo livello generale.
Trattamento
Il latte fresco pastorizzato sembra quello da preferire tra i trattamenti di conservazione. Meglio ancora quello con l’indicazione Alta Qualità che è regolata per legge e impone sia un trattamento a minore temperatura, sia livelli minimi del 15.5% di sieroproteine rispetto al 14% del latte fresco.
Per il latte biologico non c’è una normativa di questo tipo trattandosi di certificazione di processo e non di prodotto, e inoltre il nostro latte VersoNatura è stato pastorizzato ad alte temperature quindi presumibilmente sarà un po’ meno ricco di quello Alta Qualità (le differenze in etichetta sono minime) e un po’ più carico di emissioni gas serra accumulate nel processo ad una temperatura maggiore.
Packaging
Il pack sembra lo stesso per tutti: bottiglia in PET riciclabile. Ma invece ad un’analisi più attenta si nota che l’unico in PET bianco – che non è riciclabile al contrario del normale PET trasparente – è proprio il prodotto biologico. La funzione protettiva del bianco è coerente con la durata maggiore del latte ma stride con la certificazione biologica. Un packaging riciclabile sembra il minimo per un prodotto bio.
Giudizio di sintesi
L’offerta del latte a marchio Conad
L’offerta del latte a marchio Conad si posiziona in generale ad un buon livello di sostenibilità, determinato dalla materia prima italiana, dallo stabilimento di produzione a km 0, dal packaging per lo più riciclabile, dalla presenza di alta qualità e biologico che dovrebbero dare al prodotto un minore impatto (anche se rimane aperta la questione delle emissioni di gas serra in quanto in particolare nella zootecnica il biologico è considerato mediamente come più impattante perché meno efficiente sul piano produttivo).
voto 4 su 5
Il prodotto più sostenibile
Tra quelli analizzati Il latte più sostenibile a marchio Conad è il latte intero alta qualità in PET da 1lt.
Buona qualità della materia prima italiana, packaging riciclabile, stabilimento a km 0 (a Bologna), prezzo accessibile e non soggetto a oscillazioni.
Voto 4 su 5
Il retailer
La scelta del prodotto più sostenibile non è delle più semplici e comporta un’attenta analisi comparativa tra tutte le caratteristiche visibili al consumatore che possono rivelare elementi di sostenibilità. Una sorta di caccia al tesoro che il retailer non aiuta a vincere se non indirettamente. Infatti nello scaffale il latte fresco alta qualità è in buona evidenza ma solo perché ha un prezzo fisso e conveniente.
Se invece cerchiamo un prodotto sostenibile, Conad sembra invitarci a prendere la strada del biologico come visto sopra. Il latte bio a marchio Conad ha però diversi punti deboli:
il packaging è in forte contrasto con il principio di economia circolare, non essendo riciclabile;
il trattamento di pastorizzazione ad alta temperatura lo rende un po’ meno ricco di sostanze nutritive (minima differenza ma c’è) di quello alta qualità e si presume più carico di CO2 lungo la filiera;
il prezzo è di 50 cents più alto del suo analogo alta qualità, più del 40% di differenza su un acquisto pressoché quotidiano in una famiglia con bambini e ragazzi non trova supporto se non nella certificazione biologica.
Voto 2 su 5