Aumentano i consumi di abbigliamento della fascia bassa di prezzo

Data:


Aumentano i consumi di abbigliamento della fascia bassa di prezzo

Ottobre 2017. Archiviata una lunga fase di impoverimento, il mercato dell’abbigliamento inizia a mostrare diffusi segnali di svolta.
È finalmente la luce in fondo al tunnel: l’andamento dei volumi resta di segno negative ma il recupero della spesa torna a riaffacciarsi nelle statistiche, soprattutto nelle Regioni del Nord (+4%) ed in quelle del Sud (+3,3%).
 
Con il ritardo che è tipico delle voci di spesa più voluttuarie, vestiti e calzature sono state le ultime ad agganciare il recupero del ciclo dei consumi. In questo contesto, giova tuttavia sottolineare che l’approccio degli italiani è molto cambiato rispetto al passato: in questi anni il fashion è stato definitivamente spogliato del suo valore aspirazionale, del suo ruolo segnaletico di affermazione nella società e di status symbol.
 
Oggi più che mai regna una scelta di carattere prettamente funzionale, più vicina all’area dei bisogni fisiologici dell’individuo teorizzata da Maslow: questo cambiamento di regime ha senza dubbio contribuito a penalizzare la marca, che riesce ad intercettare soltanto quella piccolo porzione di consumatori con una capacità di spesa elevata. La tendenza in atto, trasversale a tutta la popolazione, risulta accentuate soprattutto tra le generazioni più giovani, che progressivamente virano sui capi seriali del “fast fashion”, scegliendo di destinare le risorse risparmiate a viaggi e tempo libero.
 
Gli effetti più tangibili della nuova concezione dell’abbigliamento sono documentati da tre macro evidenze. In prima battuta, l’Italia vanta il primato delle promozioni: tra i saldi estivi e quelli invernali si concentra più di metà del fatturato annuo, una peculiarità che non trova altrettanto riscontro nelle altri grandi economie europee (la media è pari al 43,7%). Segno che per gli italiani abiti e scarpe non sono più un acquisto di impulso: al contrario, i consumatori di oggi sono disponibili a programmare il rinnovo del proprio armadio ed attendere l’apertura delle svendite pur di conseguire il massimo risparmio.
 
Il secondo element è da attribuire ad un graduale spostamento verso i prodotti “low cost”: negli ultimi tre anni la quota di mercato degli articoli con fascia bassa di prezzo ha guadagnato terreno, passando dal 40,6% al 42,9% del totale, a suggerire una perdita di valore dell’abbigliamento, sia dal punto di vista concreto che da quello aspirazionale.
 
In ultimo, il mercato dell’abbigliamento è sostenuto in misura determinante dalla buona performance del commercio digitale (al netto del contributo delle vendite che transitano per il web e per le piattaforme dedicate di intermediazione la caduta del valore nell’ultimo anno sarebbe pari a -3,2%): in Italia l’ecommerce mette a segno la crescita più sostenuta di tutta Europa pur avendo una incidenza sul giro d’affari complessivo ancora lontano dalle più avanzare esperienze europee (l’8% contro il 28% della Germania o il 24% del Regno Unito).
 
Fonte: Rapporto Coop 2017
 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Sei umano? *

Condividi:

Popolari

Articoli simili
Related

GruppoArena Vs EuroSpin Sicilia. Come la concorrenza discount impatta su un leader regionale.

Che impatto ha una quota discount regionale elevata (>30%) su un'azienda leader del comparto super?Scopriamolo analizzando i conti del Gruppo Arena e di EuroSpin Sicilia.

MD vs Dimar. Due modelli a confronto.

I modelli di business vincenti in ambito super e discount sono profondamente diversi. Analizziamo quelli di due aziende importanti (Dimar & MD), scoprendo che non sono sempre i discount a fare la parte del leone nel produrre profitto.

Carrefour & gli errori da evitare nel Franchising.

Carrefour in Italia ha privilegiato lo sviluppo del franchising. Analizziamo le sfide che derivano da tale settore e i numeri di una società (GS SpA) molto importante per il Gruppo.

La concentrazione di DMO ha pagato? Analizziamo i numeri di Gruppo.

DMO SpA, nel tempo, in ambito distributivo ha scelto di focalizzarsi su drugstore e profumerie, cedendo il controllo di attività no core. Vediamo, analizzando i numeri, se la scelta ha pagato o meno.