RetailWatch, dopo 4 anni di attesa, torna a parlare di Retail a modo suo. Le ragioni del ritorno sono molteplici ma una nuova rivista di retail oggi serve come non mai.
Quando si domanda all’intelligenza artificiale: “Che cos’è RetailWatch?“, la risposta che si ottiene è la seguente
“RetailWatch era un sito web italiano specializzato nel settore del retail e del largo consumo. Fondato nel 2011 da Luigi Rubinelli, un giornalista molto conosciuto e apprezzato in questo ambito, il sito offriva approfondimenti, analisi e notizie sul mondo della distribuzione, sia tradizionale che online.
Cosa offriva RetailWatch?
- Contenuti di qualità: Il sito era caratterizzato da articoli scritti da esperti del settore, che analizzavano le ultime tendenze, le innovazioni e le strategie delle principali aziende del retail.
- Focus sull’innovazione: RetailWatch dedicava particolare attenzione all’innovazione nel settore, analizzando come le nuove tecnologie e i nuovi modelli di business stavano cambiando il modo di fare shopping.
- Comunità di professionisti: Il sito era un punto di riferimento per i professionisti del retail, che potevano confrontarsi e condividere le proprie esperienze.
Perché è importante?
RetailWatch è stato un punto di riferimento per tutti coloro che volevano rimanere aggiornati sulle novità del settore retail. Il sito ha contribuito a diffondere una cultura dell’innovazione e a stimolare il dibattito sulle sfide che il settore stava affrontando.”
Mi risulta difficile descrivere meglio di come abbia fatto l’IA ciò che rappresenta RW. L’unico elemento da cambiare è il tempo verbale. Sì perché RW riparte più forte di prima con l’obiettivo di fornire contenuti di facile lettura, immediati, che gettino luce sul funzionamento dei modelli di business, sui trend in atto “poco mappati” e sulle prospettive per il futuro. RW torna, dunque, a fornire un contributo di valore in un momento delicato per il retail.
RW torna, dunque, a fornire un contributo di valore in un momento delicato per il retail
Cosa si prospetta per il Retail e perché è un momento delicato?
Nel tempo, soprattutto dalla seconda metà degli anni novanta, con il forte sviluppo di internet e delle società multinazionali ad esso collegate, abbiamo visto rivoluzioni continue che hanno investito una serie di industrie importanti.
Google, insieme ad altri, ha eliminato in men che non si dica l’esigenza di acquistare enciclopedie cartacee, navigatori satellitari, fotografie stampate di luoghi esotici e molto molto altro.
Facebook ha sconvolto i sistemi di comunicazione, di marketing e, più in generale, praticamente tutte le interazioni tra persone. Oggi non si chiede più ad un amico dove ha passato le vacanze, basta accendere il cellulare. Un gran numero di conversazioni via messaggio avviene via WhatsApp e non c’è più bisogno di pagare tali messaggi agli operatori telefonici i quali, oggi, per mantenere le vendite, cercano di accaparrarsi i clienti offrendo piani tariffari sempre più economici.
Amazon ha rivoluzionato prevalentemente il mercato del no food, rendendo qualsiasi prodotto disponibile in pochi click e, soprattutto, a casa in poche ore.
Netflix ha sostanzialmente decimato tutti i negozi di noleggio dvd, oltre agli operatori che si sostenevano con la vendita di decoder.
Spotify ha aperto il mondo della musica ad un modello “All you can hear“, distruggendo il business model di chi vendeva singole canzoni.
La lista potrebbe continuare all’infinito, come sappiamo. In due parole, sarebbe corretto affermare che il trend principale consiste nel vedere aziende straniere che “conquistano” il mercato nazionale, offrendo opzioni tecnologicamente più avanzate e di innovativa fruibilità.
Ecco…nel retail alimentare succede esattamente l’opposto.
il progresso, nel retail alimentare, ha una faccia molto diversa rispetto a quella che siamo abituati a vedere
In questo settore alcune aziende straniere hanno ridotto la propria presenza nel Paese o lo hanno proprio abbandonato.
Gli operatori nazionali e locali, nel tempo, si sono fortificati senza farsi “sottrarre” il mercato da società tecnologiche altamente capitalizzate. Abbiamo visto, ad esempio, i casi di Gorillas e di Getir che, comunque, non sono riuscite nel loro intento di farsi da “disruptors” del mercato distributivo italiano, proponendo un modello store free che non necessitava dell’esperienza nel supermercato fisico.
I negozi, infatti, nel mondo food, rimangono ancora un luogo assolutamente comodo per scegliere i prodotti, acquistarli a prezzi ragionevoli, in buono stato di conservazione e portarli velocemente a casa. L’Italia, a differenza di altri Paesi, è coperta capillarmente da una rete di circa 26.000 negozi alimentari. Chiunque di noi, in poco tempo, può raggiungerne uno (o più) per fare la spesa con grande facilità.
La deperibilità dei prodotti, il loro costo contenuto, la necessità di refrigerarli e l’elevata frequenza di acquisto da parte del consumatore, rendono i negozi fisici fondamentali e utili per dare il massimo livello di servizio al cliente che vuole avere scelta, comprare quando vuole, non fidelizzarsi ad un solo store, ottenere convenienza, il tutto garantendo comunque un profitto a chi eroga il servizio (i retailers convenzionali).
Il ruolo fondamentale del negozio fisico, in un mercato che è quasi arrivato alla saturazione delle locations disponibili per lo sviluppo di nuove superfici, si è tradotto in due fenomeni:
- I supermercati posizionati nelle “giuste” locations hanno visto lievitare il proprio valore. Se, nel 2010/2011 (quando è nata RW) era normale comprare uno store per il 30% del fatturato, oggi le valutazioni si attestano spesso ben oltre tale cifra.
- Nel retail alimentare, sono le aziende storiche nostrane a dover fare la “parte del leone” ed innovare al posto dei canonici “disruptors” stranieri.
nel retail alimentare, sono le aziende storiche a dover innovare per far progredire il settore, non fantomatici “disruptors” stranieri
Essere “al passo con i tempi” ma soprattutto farsi innovatori verso i propri clienti, aiuterà le aziende del retail alimentare a rimanere competitive, ad aumentare le proprie vendite, ad esplorare nuove linee di profitto, a trattenere (e ampliare) la rete in affiliazione senza rischiare di perdere fatturato e quote di mercato.
L’intelligenza artificiale, la concentrazione del mercato, piccoli innovatori con grandi idee, l’evoluzione dei modelli di business commerciali e di comunicazione con il cliente sono solo alcuni degli elementi di tale innovazione che RW ha intenzione di osservare, studiare e documentare per i propri lettori.
Evviva, buona fortuna Massimo, so che ci riuscirai
Good luck!!!