No influencer, no Party? Il caso di 3 drink molto diversi.

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Negli ultimi 24 mesi, soprattutto a livello nazionale, si è messa in discussione la capacità degli influencers di garantire le vendite dei prodotti sponsorizzati. Analizziamo i modelli applicabili, ciascuno con i suoi pro e contro.

Il grande investitore Warren Buffett (chiamato anche “L’Oracolo di Omaha“, citando la sua città di residenza) parla incessantemente dei “moat” ogni volta in cui gli chiedono come scelga le aziende su cui puntare le sue fiches (leggasi: miliardi di dollari).

Come noto, ad esempio, W.B. è un importante azionista di The Coca-Cola Company, Kraft Heinz Co. e See’s Candies, tra le altre.

Ma che cos’è questo “economic moat” tanto citato da Buffett? È l’abilità di un’azienda (e, quindi, dei prodotti da essa commercializzati) di mantenere nel tempo un vantaggio competitivo fidelizzando la propria clientela.

In sostanza, i prodotti dotati di questo “tocco magico” sono quelli per cui il consumatore è disposto a cambiare supermercato o, più in generale, luogo di acquisto, solo per potersene approvvigionare (la Coca-Cola, secondo Buffett, è uno di questi).

Cosa c’entra il “moat” con gli influencer?

La domanda è: “Un prodotto creato e sponsorizzato da un influencer può godere di un vantaggio competitivo duraturo?

Portiamo l’esempio della bevanda “Prime“, commercializzata dalla società Prime Hydration, iniziativa creata e promossa dagli youtubers Logan Paul e KSI.

Mentre scrivo questo articolo, la bevanda in questione viene rifornita anche nei supermercati italiani e nelle Autogrill (dove ho acquistato, per provarlo, il gusto “Ice Pop“). A prescindere dalla mia opinione (personalmente non l’ho apprezzata molto) che conta solo per un cliente, come sta andando Prime in altri mercati?

La rivista inglese “The Grocer“, in un articolo del 4 aprile 2024, scrive che le vendite (a valore) di questo marchio, nel primo trimestre del 2024 si sono sostanzialmente dimezzate (da 26.8 milioni di sterline a 12.8) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con Tesco che ha addirittura applicato uno sconto alle casse di oltre l’80% in uno dei suoi stores, evidentemente per facilitare lo smaltimento delle scorte.

Le performance italiane del drink le vedremo magari a fine 2024 ma il caso inglese è già un primo elemento (in questo caso negativo) da tenere in considerazione.

Logan Paul e KSI hanno utilizzato la loro notorietà per entrare in un mercato (il beverage) altamente presidiato da aziende con moat (vantaggi competitivi e quote di mercato) molto importanti (pensiamo, ad esempio, alla stessa The Coca-Cola Company che, come sappiamo, possiede molti altri marchi oltre al classico “Coca-Cola“)

Apparentemente, l’impulso dato ai ricavi da questa notorietà può non bastare per garantire che tali vendite continuino a verificarsi, soprattutto se il prodotto, magari, non riesce ad imporsi sul mercato migliorando considerevolmente le alternative esistenti in termini di gusto, praticità di utilizzo, valori nutrizionali etc.

Modelli di business supportati da influencers a confronto

Potremmo dire che ci sono due modelli utilizzati dagli influencers e che ci sentiamo di commentare:

  1. Da Zero. Viene creato un nuovo prodotto, gestito da una nuova azienda che gli influencers sponsorizzano.
  2. Da una Base. Gli influencers entrano nel capitale di un’azienda già esistente per sponsorizzarne i prodotti ed aumentarne valore e vendite, realizzando un profitto quando escono di scena vendendo le quote detenute o, semplicemente, incassando gli utili derivati dalle maggiori vendite.

Il caso di Logan Paul e KSI ricade nel primo scenario. È ovvio che, iniziare da zero una nuova avventura significa diventare imprenditori, saper gestire un’azienda e riuscire a creare prodotti che fanno veramente la differenza per mantenere alte le vendite.

Nella prima casistica però troviamo anche George Clooney che, con la sua tequila “Casamigos“, azienda creata da zero con dei suoi amici (Rande Gerber e Mike Meldman), è riuscito ad affermarsi diventando, di fatto, una storia di successo nel mondo del business.

Se dovessimo fare un’ipotesi potremmo dire che, per avere successo nello scenario 1 è importante:

  • Occuparsi di un prodotto qualitativo ad alto valore aggiunto tendenzialmente premium o super premium. Casamigos vende tequila mentre Prime Hydration bevande rinfrescanti.
  • Avere la “giusta” ossessione per la qualità. Dal sito di Casamigos, si legge che l’obiettivo dell’azienda è sempre stato quello di arrivare a creare la migliore tequila, non di capitalizzare sulla notorietà dei fondatori. Addirittura, per molto tempo i 3 amici hanno prodotto tequila solo per loro e le rispettive famiglie, senza l’idea di commercializzare la propria creazione.
  • Entrare in un mercato dove le barriere all’ingresso non siano così alte e dove sia più semplice fidelizzare una base di consumatori (in alcuni mercati, i clienti attribuiscono più valore ad items di nicchia che diventano a tutti gli effetti una componente della loro personalità).

Ecco i premi vinti dai prodotti “Casamigos“:

Nel secondo scenario, invece, ricade l’operazione che ha fatto Ryan Reynolds, altro famoso attore di Hollywood, con Aviation American Gin. È entrato in società, dando successivamente una mano all’azienda a vendere di più, il tutto perché Reynolds era già fan del prodotto.

Version 1.0.0

Agire come ha fatto R.R. forse, in definitiva, è più semplice. Il marchio è già conosciuto, ha una base di consumatori fidelizzati, il prodotto è stato testato ed ha solo bisogno di una mano ad accelerare le vendite.

In sostanza, se un prodotto non nasce da una reale esigenza di migliorare l’esistente ma solo come operazione di marketing, legherà indissolubilmente il proprio successo all’andamento altalenante della popolarità di chi lo sponsorizza. Non so se è il caso di Prime Hydration (vedremo se in Italia si ripeterà l’esperienza inglese) ma certamente lo è di molti prodotti che sono entrati (per poi uscire) negli assortimenti della GDO nostrana.

Un prodotto alimentare, in definitiva, non può mantenere quote di mercato se nasce come pura operazione di marketing

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