Come prepararsi alla concentrazione in GDO?

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L’Italia è endemicamente un mercato che poco si presta alla concentrazione ma le cose stanno cambiando inesorabilmente. Cosa porta a questo fenomeno e perché è meglio che soprattutto la DO faccia attenzione?

È notizia recente che, negli USA, la fusione tra due retailer importanti come Albertsons e Kroger non sia andata a buon fine, con il primo che ha mosso un’azione legale nei confronti del secondo. Tale azione, tra le altre cose, punterebbe a dimostrare che Kroger non abbia fatto del suo meglio per ottenere l’approvazione della fusione da parte degli enti regolatori americani.

Il merger, quindi, non s’ha da fare in questo caso ma, comunque, la tentazione di accorpare giganti commerciali esiste eccome, anche oltreoceano.

Ormai un anno fa, abbiamo letto sul Wall Street Journal di quanto fosse rivoluzionario, per gli statunitensi, il modello di successo applicato da Aldi, basato su un modesto numero di articoli, venduti a basso prezzo. È pacifico, infatti, che i discount siano una spina nel fianco anche per le grandi catene di supermercati a stelle e strisce che si ritrovano a competere contro Amazon sul no food e contro i format di convenienza sugli alimentari.

Per superare le sfide del mercato, negli USA i retailer cercano quindi di concentrarsi, nonostante si tratti di un mercato in cui i grandi player detengono già quote di mercato ragguardevoli. Basti pensare che Walmart e Kroger, insieme, superano la soglia del 30% per quanto concerne i soli generi alimentari.

Cosa succede in Europa e in Italia?

Secondo NielsenIQ e Mediobanca, in Europa l’Italia è agli ultimi posti per quanto riguarda la concentrazione di mercato.

Nei Paesi Bassi, i primi 3 retailer detengono il 69% di quota di mercato, in Germania il 65%, in Belgio il 45%, in Francia il 63%, in Gran Bretagna il 48%, così come in Spagna. Il Italia, tale cifra scende fino a toccare il 41%.

Nell’intervallo di tempo che intercorre tra il 2010 ed il 2023, però, la quota di mercato dei primi 7 retailer italiani è passata dal 52.2% al 69.7%. Si tratta di un balzo notevole.

Noi europei conosciamo bene Aldi e Lidl. I due discounter teutonici presentano un modello di business estremamente differente rispetto a quello dei supermercati non solo per aspetti squisitamente commerciali ma anche per un fattore cardine: sono due multinazionali.

Nel perimetro super, le aziende che, in Europa, hanno varcato i confini nazionali per aggredire altri mercati, non sempre hanno ottenuto quote rilevanti nei Paesi in cui si insediavano. Pensiamo, ad esempio, ai casi Carrefour e Auchan in Italia, dove la prima ha note difficoltà (ne parliamo qui) e la seconda ha scelto proprio di abbandonare il Paese.

Aldi e Lidl, invece, sono aziende discount multinazionali che danno filo da torcere ai retailer convenzionali in tutti i mercati che aggrediscono commercialmente, dall’Italia al Regno Unito.

È anche per combattere contro questi agglomerati internazionali che il retail cerca di concentrarsi, tramite acquisizioni e associazionismo.

La concentrazione, in Italia, è auspicabile?

La concentrazione, in un certo senso, è inevitabile. Pensiamo a quanto successo recentemente in Campania, ad esempio, con Multicedi che ha acquisito la rete ex Carrefour di Apulia Distribuzione.

Il retail necessita di volumi per negoziare efficientemente con l’IDM e per rendere la propria MDD competitiva. Al fine di ottenere tali volumi, le strade sono due, da un lato si può crescere tramite sviluppo e acquisizioni, dall’altro attraverso le aggregazioni commerciali. Player come Conad e Selex, oggi leader di mercato, sono cresciuti, ad esempio, sfruttando entrambe le leve.

Quando, però, all’associazionismo non corrisponde un coordinamento efficace in termini di MDD, ottimizzazione assortimentale, posizionamento competitivo e coerenza di format, il rischio è quello di condividere solo l’insegna, senza quindi avere accesso ai reali benefici competitivi garantiti dalla concentrazione. Nell’articolo a questo link, ad esempio, abbiamo parlato di come EDEKA, in Germania, la terra natia di Aldi e Lidl, abbia implementato un modello associativo performante, cosa che invece in Italia non sempre succede.

Non è un caso, infatti, se i discount hanno quote maggiori in Area 4, dove il modello associativo della DO è più diffuso rispetto a quello della GD. È vero, infatti, che qui il formato di convenienza ha successo anche in virtù dello scenario economico caratteristico ma è vero pure che, come dicevamo, se in alcuni casi la DO diventa un concerto di solisti, come accade in certi contesti citati, competere contro grandi aziende quali Lidl, EuroSpin ed MD diventa complesso.

Quali prospettive per il futuro?

La concentrazione di mercato, nel nostro Paese, sta avvenendo e continuerà a verificarsi, sia a livello nazionale che locale. Ciò affinché i retailer abbiano le spalle larghe per negoziare con l’industria e competere in un contesto di inflazione e incremento della quota discount.

Nel mondo della DO, hanno molta più probabilità di successo coloro che riescono a portare a bordo dei progetti gli imprenditori associati, convincendoli ad ottimizzare i volumi dove serve, al fine di avere un posizionamento competitivo ed una comunicazione cliente chiari e coerenti.

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