Mori/UniCoopFirenze: chiudere la domenica, bisogni non consumi
«La sintesi di questa scelta l’ho ritrovata nello slogan di un vecchio manifesto degli anni 60: "Soddisfare i bisogni senza forzare i consumi". Ecco la nostra decisione muove da queste radici ideali e trova anche oggi la sua realizzazione pratica in una visione valoriale della società». Daniela Mori è il presidente del Consiglio sorveglianza di Unicoop Firenze, una delle grandi centrali cooperative, forte di oltre 1 milione di soci, più di 8.000 dipendenti in 104 punti vendita in Toscana e un fatturato di 2,4 miliardi di euro. Una grande catena, insomma, che ha deciso di andare controcorrente rispetto al flusso incontrollato delle aperture 24 ore su 24 di alcuni supermercati, 7 giorni su 7, tutti i festivi compresi. «Noi – spiega – abbiamo scelto invece di rispettare, e quindi lasciare chiusi i negozi, 10 festività nazionali su 12 (escluso solo il 1° novembre e l’8 dicembre) e nelle domeniche aprire solo per mezza giornata 40 punti vendita».
Da che cosa muove questa scelta?
Già all’indomani dell’approvazione del decreto Monti di liberalizzazione totale delle aperture avevamo espresso la nostra contrarietà e avevamo partecipato alla campagna "Libera la domenica" di raccolta firme organizzata da Confesercenti, alla quale aveva aderito anche la Cei, per chiedere una nuova regolamentazione, convinti che avrebbe fatto bene sia al commercio sia soprattutto alla vita delle persone. Le proposte di legge in materia, però, sono ferme in Parlamento e l’orientamento generale sembra andare in direzione opposta. Ma pensiamo che non di soli consumi si vive. E quindi oggi siamo arrivati ad assumere questa decisione in base a valutazioni di carattere valoriale anzitutto, perché siamo una cooperativa e riflettiamo una visione della società, oltre che rispondere alle esigenze dei nostri soci, e poi anche di sostenibilità economica. Cercando insomma di coniugare una visione etica dell’impresa con quella economica.
Rinunciate a un grande profitto o come dicono alcuni studi, in realtà, le aperture domenicali dei supermercati non fanno aumentare i consumi e alla fine costano molto alla imprese?
Siamo convinti che i consumi, in particolare quelli alimentari non aumentino in maniera significativa con le aperture domenicali e semmai si redistribuiscano lungo i giorni della settimana. D’altrocanto, l’andamento dei consumi delle famiglie negli ultimi anni non è certo cresciuto con le liberalizzazioni, così come non si sono registrati significativi incrementi dell’occupazione derivanti dalle aperture festive. Il potenziale profitto spesso si rivela una perdita per la Grande distribuzione organizzata. È vero c’è una dimensione di servizio che ci viene richiesta e che pensiamo di soddisfare con le aperture di mezza giornata alla domenica, ma il soddisfacimento dei bisogni in qualunque momento della giornata, in qualsiasi giorno della settimana e dell’anno non è il modello a cui ci ispiriamo.
Siete in controtendenza, però. Non temete di essere "messi fuori mercato" dalla concorrenza?
Certo, abbiamo deciso di assumerci questo rischio. Sarebbe certamente meglio se ci fosse una regolamentazione. Ma qualcuno deve cominciare a fare scelte diverse dalle aperture totali, se si crede in un modello di società che non è quello verso il quale si sta procedendo.
Non si rischia di proporre qualcosa di "fuori dal tempo", come sostengono molti?
Certo non è semplice spiegarlo a chi, per la sua età, non ha mai conosciuto la chiusura dei negozi il mercoledì pomeriggio e tutti i giorni festivi, come accadeva fino a qualche decennio fa. Oggi sta crescendo una generazione che avrà a disposizione servizi permanentemente attivi, tutto sempre aperto con la possibilità di fare acquisti, grazie al commercio elettronico, in ogni momento e da ogni luogo. A loro dobbiamo però spiegare che il soddisfacimento immediato dei bisogni ha la necessità di un limite per evitare di creare conflitti e disuguaglianze tra chi produce e chi consuma. Dobbiamo dar conto che consumo continuo e lavoro continuo possono rappresentare una minaccia alla coesione sociale, minano la capacità delle persone, in un determinato contesto, di passare in famiglia un tempo adeguato e di fare comunità. Certo, questi possono sembrare bei pensieri "antichi" e nostalgici di un tempo che fu. Più semplicemente, invece, riflettono un’idea di società e di impresa ispirata al bene comune, capace di "ritrovarsi".
In una cooperativa i "padroni" sono i soci che sono anche consumatori. Li avete sondati? Come hanno accolto il piano? Si rischia un cortocircuito tra le loro esigenze di consumatori e quelle dei dipendenti?
Abbiamo avviato un ampio percorso di ascolto e di confronto su questi temi. Abbiamo trovato un consenso netto rispetto alle chiusure nei giorni festivi, mentre riguardo alle domeniche c’è un bilanciamento tra favorevoli e contrari alle aperture. E anche per questo abbiamo scelto di aprire la domenica mattina una parte dei supermercati: garantiamo un servizio che ci è richiesto, insomma, ma non andiamo oltre. Come dicevo all’inizio ci ispiriamo allo slogan "Soddisfare i bisogni senza forzare i consumi". Seguire solo le spinte del mercato, senza avere una nostra convinzione e direzione di marcia, ci può portare a comportamenti potenzialmente dannosi sia per la sostenibilità economica sia per la coerenza valoriale. E alla fine i nostri soci hanno condiviso questa linea.
Quale visione di società c’è dietro alla vostra decisione, che valore hanno per voi la festa e la domenica?
Le festività per noi hanno un valore identitario molto forte. Sia le religiose, per chi crede, sia quelle laiche che rimandano a un’idea di Paese libero, repubblicano, fondato sul lavoro, a valori appunto condivisi di coesione sociale e bene comune. Le festività sono occasioni da vivere insieme per rafforzare il tessuto di appartenenza. E le domeniche rappresentano una pausa salutare nella catena lavoro-vendita-consumo. Potrà sembrare paradossale che a dirlo sia un gruppo commerciale. Le nostre cooperative, però, non sono nate per far crescere i consumi oltre ogni limite ma per dare il meglio possibile agli strati più popolari. Non a scapito di qualcuno o scatenando una conflittualità fra lavoro e vendita, fra produzione e acquisto, ma rispettando tutte le categorie e le persone coinvolte nella filiera.
Al posto della spesa domenicale avete qualcosa da proporre ai vostri soci e clienti come alternativa?
Sì, siamo impegnati a promuovere iniziative culturali nella nostra regione: dai teatri ai cinema, dagli eventi musicali alle biblioteche. Martedì promuoveremo un incontro per rinnovare un patto per la cultura con i nostri soci e il territorio. Vogliamo testimoniare che la domenica, oltre alla spesa, si può fare altro: stando in famiglia, partecipando a un evento o anche solo ritrovandosi con gli altri per rafforzare la comunità e la coesione sociale.
Avvenire, domenica 4 giugno 2017
Il parere di RetailWatch
Se il conto economico è negativo la domenica pomeriggio, cioè le vendite sono in perdita, bisogna prendere provvedimenti. Quello delle chiusura della domenica è un tema ricorrente: in Spagna Mercadona chiude. Marcello Cestaro, presidente di Unicomm-Gruppo Selex, e adesso Tiziana Mori, presidente di UniCoop Firenze, sostengono che il conto economico della domenica è in rosso.
E’ un tema sula quale meditare.