Le MDD del retail e l’IBC: rapporto buono con qualche preoccupazione

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Le MDD del retail e l’IBC: rapporto buono con qualche preoccupazione

Gennaio 2017. IBC, l’Associzione delle industrie di beni di consume ha affidato a TradeLab e Luca Pellegrini uno studio sullo sviluppo delle MDD, I rapport con I fornitori, le aree critiche, ne riportiamo alcuni stralci.

Per il primo e limitato gruppo di aziende la decisione di sviluppare una propria marca nasce, in ordine di importanza decrescente, dalla ricerca di una maggiore marginalità, dal tentativo di ridurre la dipendenza dalla distribuzione e dale opportunità create dai buoni rapporti con le insegne client. Considerando invece il percorso di gran lunga più comune, quello che porta alla MDD dopo lo sviluppo della propria marca, le motivazioni delle imprese sono anzitutto la ricerca di saturazione degli impianti e il miglioramento delle relazioni con la distribuzione.
È anche significativo che in un contesto economico sfavorevole come quello degli ultimi anni sia ritenuta una motivazione decisamente secondaria il recupero di perdite di venduto sui prodotti proposti con la marca dell’azienda: la scelta di produrre MDD non è un ripiego, un segnale di difficoltà,
ma una decisione fatta in modo proattivo per cogliere un’opportunità.
Si tratta inoltre di una scelta ormai consolidata,

Dalle interviste è emerso che nel mercato delle MDD esiste una netta differenziazione tra i rapporti di fornitura con la Gdo e con il discount. Nella parte del questionario che indaga la natura della relazione fra le parti si è quindi deciso di specificare sempre le singole domande per questi due diversi aggregati di operatori.
La prima e generale valutazione chiesta alle imprese è stata un giudizio sintetico sull’esperienza fatta con la MDD (e l’elemento di maggiore positività che emerge riguarda i volumi di produzione, in modo particolare per le forniture al discount. Positivo anche il giudizio sul contributo dato dalla MDD alla relazione con la distribuzione.
Meno favorevole, ma era scontato, il giudizio sui margini, di nuovo in particolare quelli riferiti al discount, sulla possibilità di accedere all’estero attraverso il rapport di fornitura di MDD in Italia a distributori multinazionali (ma il dato è comunque significativo) e sullo spazio a scaffale ottenuto per la propria marca industriale.


 
Anche la durata delle relazioni commerciali evidenzia, in particolare per la Gdo, rapporti improntati al lungo periodo: hanno avuto una durata tipica di 4-8 anni per la metà delle aziende campionate e di oltre 8 anni per la restante metà. Sono tempi che si riducono per il discount, nei confronti del quale appaiono anche limitati casi di forniture per periodi molto brevi, ma anche in questo caso due terzi delle imprese dichiara una durata dei rapporti commerciali di oltre 4 anni.
La stabilità dei rapporti emerge anche da quanto le imprese dicono sulla loro rottura e sulle cause che l’hanno determinate. Due terzi di esse, con percentuali simili per Gdo e discount, non hanno avuto esperienze di rottura delle relazioni commerciali. Quando si sono verificate, il motivo più citato è l’ingresso di un concorrente più aggressive sui prezzi, seguito da un mancato accordo dovuto all’insufficiente marginalità dei prezzi di cessione che il cliente era disposto a riconoscere. Nel caso della Gdo ha inoltre un certo peso l’interruzione delle forniture a motivo dei bassi volumi di prodotto e più generali problemi di rapporto con il management dell’insegna.
È noto che spesso l’affidamento dei prodotti a MDD in una categoria non viene conferito a un solo produttore e questa situazione è confermata dalle imprese contattate.
Infatti, solo nel 19% dei casi per la Gdo e nel 16% per il discount le imprese sono fornitrici uniche. I motivi sono principalmente due: la volontà dell’insegna di avere un fornitore di riserva in caso di problemi con uno di quelli attivi nella categoria e la possibilità di un continuo confronto delle condizioni di fornitura. Rilevante, ma solo per i prodotti dell’alimentare fresco, la presenza di fornitori
diversi per aree territoriali per ottimizzare i costi della logistica.
 

 
Per quanto riguarda i prezzi di cessione, prevalgono accordi net-net all’atto del contratto, nel 38% e nel 61% dei casi rispettivamente per Gdo e discount, ma revisioni in corso d’anno con richiesta di contributi per attività di sostegno alle vendite si stanno diffondendo, in particolare nella Gdo (48% dei casi, contro il 27% del discount), un fenomeno innescato dalla crescente promozionalità che ha ormai interessato anche le MDD.
Nelle interviste è emerso come la professionalità degli interlocutori della Gdo sia un elemento importante per strutturare un’intesa orientata al medio-lungo periodo. È stato quindi chiesto alle imprese come valutassero la competen za dei loro interlocutori e il risultato più interessante emerso è la netta differenza del giudizio dato sui buyer di Gdo e discount. Il 60% dei rispondenti ha infatti valutato la competenza dei secondi come buona o molto buona, contro un’analoga percentuale per quelli della Gdo del 42%. Una differenza rilevante e spiegabile a partire dal diverso presupposto con cui avviene la trattativa nei due casi.
In quello del discount i buyer scelgono quella che spesso è l’unica alternativa offerta al cliente e dunque devono essere in grado di valutarla da un punto di vista qualitativo in modo preciso, con una logica simile a quella di un produttore, mentre i buyer della Gdo tendono a trasferire sulla MDD lo stesso tipo di contrattazione che caratterizza l’acquisto di beni a marchio industriale, quindi più centrata sulle partite contrattuali che sui contenuti del capitolato di prodotto.
Infine, sempre in relazione ai rapporti di fornitura, è stata chiesta una valutazione sulla diffusione delle aste, che è risultata ancora non elevata, in particolare in Italia rispetto all’estero e per la Gdo rispetto al discount.
 
IL GRADO DI DIFFERENZIAZIONE DEI PRODOTTI A MDD
Due questioni su cui si è molto discusso in rapporto alla diffusione delle MDD riguardano il grado di differenziazione dei prodotti a MDD rispetto a quelli analoghi venduti con la marca del fornitore e gli effetti negativi sull’investimento in innovazione che avrebbe la pressione della distribuzione per accelerarne il trasferimento dalla marca industrial alla MDD.
Nel primo caso le imprese hanno dichiarato di produrre, per ragioni di costo, beni simili o identici alla MDD nel 57% dei casi per la Gdo e nel 49% per il discount. È palese il tentative di differenziare di più le MDD del discount, in particolare per giustificare un diverso posizionamento di prezzo. Per quanto riguarda il trasferimento dell’innovazione inizialmente veicolata sul proprio marchio anche sulle MDD, le risposte del campione non pare confermare il timore di una riduzione dei tempi di sfruttamento dell’investimento.
Per il 43% dei rispondenti non è il trasferimento accelerato dell’innovazione sulle MDD che ne riduce la redditività, ma la concorrenza di altri produttori. Un altro 33%, pur subendo questa pressione, ritiene che se l’innovazione è realmente tale si trova di norma un accordo accettabile. Dei restanti, il 15% segnala una riduzione dei tempi di trasferimento, ma la ritiene gestibile, e solo il 10% afferma che la diffusione delle MDD hanno causato una strutturale riduzione dei tempi di sfruttamento dell’innovazione, riducendo l’incentivo a innovare.
 

 
Nota: si intende a consuntivo, tenuto conto di tutte le partite
contrattuali, anche di quelle non previste all’atto del contratto
 
PRODURRE PRIVATE LABEL: OPPORTUNITÀ E PROBLEMI
Infine, la valutazione del livello di profittabilità della MDD, profittabilità confrontata a quella dei prodotti a marca industriale tenendo conto, a consuntivo, anche delle partite extracontrattuali definite in corso d’anno, che ne riducono la redditività, e dei maggiori oneri che le seconde spesso comportano nella logistica e nelle relazioni commerciali. Intesa in questo modo, nei rapporti con la Gdo essa risulta equivalente nel 28% dei casi e nel 26% decisamente più bassa, mentre nei rapporti con il discount la prima percentuale scende al 21% e la seconda sale al 50%.
Se si escludono, da un lato, le grandi imprese di marca che non producono MDD e, dall’altro, quelle che producono solo MDD, esiste un amplissimo insieme di operatori che si sono strutturati nella produzione di entrambe. Come accennato in apertura, su di esse e sul modo in cui vivono la loro
doppia veste di imprese di marca e di fornitori di MDD, non si sa molto e dai dati appena commentati emergono alcuni spunti di interesse.
Anzitutto appare evidente come la scelta di produrre MDD sia consapevole e proattiva e non un ripiego forzato a fronte di difficoltà. La motivazione fondamentale è la ricerca di volumi per raggiungere economie di scala che non sarebbero altrimenti possibili con i soli prodotti a marca industriale.
Un obiettivo che in molti comparti è una condizione di sopravvivenza e diventa la precondizione per continuare un percorso imprenditoriale. I dati di fatturato relativi al passato triennio e quelli attesi per il prossimo dicono che l’obiettivo è stato in molti casi raggiunto poiché i risultati delle
imprese sono complessivamente buoni. Per molte di esse la produzione di MDD è inoltre una realtà consolidata, dove è stata maturata un’ormai lunga esperienza e rapporti altrettanto duraturi con le insegne servite.
Un secondo dato che emerge con chiarezza è l’esistenza di due mercati della MDD con caratteristiche molto diverse, quello della Gdo e quello del discount. I comportamenti e le relazioni che si instaurano con la prima sono in continuità con quelli che tradizionalmente hanno connotato il largo consumo.
I buyer sono interlocutori con una cultura commerciale e non di prodotto, spesso soggetti a rapide rotazioni negli affidamenti di categoria, e impostano il rapporto in modo simile a quanto avviene con i fornitori di marche industriali. Nel discount i buyer sono invece responsabili dell’unico o dei pochi
prodotti che il cliente troverà a scaffale e non possono non entrare in merito ai capitolati da concordare. L’approccio è perciò diverso e se di norma è anche più aggressivo sulle condizioni di prezzo, è vissuto dall’industria come più professionale, più aperto al riconoscimento di problematiche di
natura produttiva. Proprio per la concentrazione dell’offerta del discount sulle MDD, i volumi sono elevati e quindi consentono di raggiungere quelle economie di scala che hanno in partenza spinto i produttori a fornire MDD. Nella Gdo, dove esiste in Italia una forte polverizzazione e dove la MDD è solo una delle alternative disponibili a scaffale, il problema dell’insufficienza dei volumi emerge e in alcuni casi porta anche a rinunciare alla fornitura.
Nel rapporto tra le parti sono evidenti anche aree di difficoltà. È scontato che i margini sono bassi, in particolare per le MDD per il discount, e che chi opera in questo mercato non può che farlo sulla base di una rigida disciplina nel controllo dei costi. Un elemento negativo nuovo che sta emergendo è invece la richiesta di contributi aggiuntivi per sostenere la promozionalità delle MDD, creando una rilevante incertezza su condizioni di fornitura che già scontano una redditività contenuta.
 
SI DIFFONDONO LE ASTE SU CAPITOLATO
Comincia anche a diffondersi la pratica delle aste su capitolato, in particolare nel discount e all’estero. Una modalità di approvvigionamento considerata molto negativamente non solo per il suo impatto sui margini, ma per le implicazioni che può avere quando i capitolati, mal definiti, lasciano aperte aree grigie in merito alla qualità dei prodotti. Ancora, risulta problematica la possibilità di differenziare i prodotti a MDD da quelli offerti con la marca industriale: il tentativo di arrivare al consumatore con prodotti con caratteristiche diverse può diventare incompatibile con la ricerca di elevati volumi di produzione per ridurre i costi. Infine, va rimarcato il giudizio, per molti versi inaspettato, sul trasferimento sulla MDD dell’innovazione veicolata sulla marca industriale. Il problema esiste, ma per molte imprese sembra essere gestibile e non influenzare in modo determinante l’investimento in innovazione.
In definitiva, il quadro di relazioni che emerge è caratterizzato da una notevole stabilità e da un clima nel complesso buono, che favorisce un approccio di medio-lungo periodo.
Emerge anche qualche elemento di criticità, in merito alla valutazione tecnica dei capitolati per la Gdo, all’incertezza contrattuale e a una prima diffusione delle aste, che non pare per ora compromettere la possibilità per entrambe le parti di trarre vantaggio dalla sviluppo di un mercato che in Italia ha ancora ampi spazi di crescita.
 
Scarica qui il rapporto IBC completo

 

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