La carne va certificata dall’insegna: il caso della fiducia in WholeFoods/NY
Gennaio 2017. Le vendite della carne hanno subito una contrazione.
I motivi sono molti e ben noti alla comunità del retail.
Le attuali normative di legge per fronteggiare la disaffezione verso questa merceologia (e questo reparto) non sono più sufficienti (ovviamente vanno rispettate) date le attese dei consumatori.
La carne dopo anni di commodizzazione deve essere oggetto di una profonda rivisitazione e rivalutazione. Deve essere riempita di significati, di informazione. Rimandare le informazioni a dove il capo è stato allevato e macellato (adempimenti di legge) significa non capire che si è guastato il rapporto fra la carne in vendita, da consumare, e il consumatore. Questo rapporto deve essere garantito dall’insegna, dal retailer e non dall’allevatore.
Il caso di WholeFoods, osservato nei punti di vendita di New York mette in evidenza proprio il rovesciamento del rapporto prodotto-consumatore: è WholeFoods che certifica con una propria comunicazione tutti i tagli del prodotto. Anzi: crea una vera e propria scala prezzi con diversi step, ognuno dei quali evidenzia delle informazioni, vitali per la buona riuscita della commercializzazione.
Lo stesso merchandising evidenzia queste scelte: è direttamente sotto gli occhi della persona che si ferma davanti al banco macelleria per fare l’ordinazione. È ripetuto in diverse forme in altre parti del reparto. In questo modo si crea la figura del certificatore (l’insegna) che instaura un rapporto di fiducia con chi compra.