E se l’IDM scommettesse pesantemente sull’e-commerce?

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E se l’IDM scommettesse pesantemente sull’e-commerce?

Novembre 2016. Molte persone nella business community si interrogano sull’e-commerce, perché Gasbarrino-U2 è andato su Amazon Prime Now, sulla velocità del cambiamento imposta dall’uso dei mobile, su cosa ne sarà dei canali di vendita tradizionali (quelli moderni, ahivoi, sono ormai su internet, è l’evoluzione, bellezza, ed è inutile scappare).
 
Sono tutte domande lecite, ma le risposte sono complesse. Anche se qualche società di consulenza si azzarda a fare scenari di dieci anni, RetailWatch crede che convegna osservare giorno per giorno quel che succede. Certo, tenendo gli occhi ben puntati sulle nuove tecnologie in grado di spostare gli acquisti da un canale all’altro.
 
La tabella qui sotto simula una proiezione per i prossimi quattro anni, un arco di tempo leggibile e sul quale ragione. La tabella mostra le vendite dell’IDM, industria di marca, nei diversi canali commerciali. Correttamente Daniele Fornari introduce le vendite on line e dice che quello 0,4% vale 300 mio di euro, che diventeranno 1,130 mld nel 2020, quando l’incidenza delle vendite dell’IDM raggiungerà l’1,5%.
 
Chi ci rimetterà e chi ci guadagnerà
La domanda allora è: quali sono i canali di vendita che perderanno e quali guadagneranno?
 
Cominciamo dal discount, ormai vicino al raddoppio della sua incidenza. L’IDM, in ordine sparso, si è affacciata alle richieste di questo canale e ha cominciato a introdurre formati e anche brand non distribuiti altrove. Lidl ha varato questa nuova politica commerciale già 2 anni in tutti i paesi europei dove è presente e molte IDM hanno accettato e vissuta come positiva questa nuova area di vendita. Oltretutto le insegne discount stanno scommettendo su una riduzione del potere di acquisto della classe media: ed è quel che sta avvenendo.
 
Tutti gli altri canali di vendita, chi più, chi meno, ridurranno la loro importanza e la loro incidenza nelle vendite dell’IDM per far posto all’e-commerce e alle sue diverse piattaforme e modalità. Quell’1,5% non è poi tantissimo, certo, si tratta di diversi centinaia di milioni di euro commercializzate, ma non è il campanone a morte che sta suonando. La cosa curiosa è che Daniele Fornari indica anche supermercati, superstore e vicinato come canali in flessione, lo 0,6%, ma è pur sempre flessione.
 
Se questo è lo scenario ipotetico e plausibile bisogna però ricordare che i diversi concept, i diversi formati della GDO si stanno evolvendo. A giudizio di RetailWatch con grande ritardo, ma si stanno evolvendo. È mancata alla gran parte dei retailer la strumentazione per mettere a punto un costante fine tuning per capire le evoluzioni del consumatore, i suoi comportamenti di acquisto e di consumo. Oggi il moltiplicarsi delle opzioni di acquisto, della enorme pressione promozionale, hanno eroso la fedeltà ai brand dell’IDM e alle insegne della GDO, lo zapping del consumatore è stato davvero disruptive. E questo status peggiorerà con la crescita dell’e-commerce e della multicanalità.
 
Sapranno le aziende della GDO recuperare il tempo perduto e sfruttare meglio informazioni e collaborazione con l’IDM? E soprattutto ridurre la pressione promozionale, puntare all’EDLP, fare multicanalità con l’on&off shop?
 

 
% sul totale delle vendite IDM
 
Fonte: Cermes

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