Retail USA: indipendenti o finanza che tutto può?
Ottobre 2016. Il grocery retail Statunitense, dopo le ormai lontane vicende di M&A del secolo scorso è andato caratterizzandosi per il ruolo innovativo dei cosiddetti “indipendenti” che hanno reagito, sopravvivendo a quello muscolare (dal punto di vista finanziario e gestionale) delle giant companies quotate in borsa.
Diversi indipendenti, tuttavia, hanno, per diverse ragioni abbandonato la tradizione familiare attratti anch’essi dal mito della crescita e dello Stock Exchange. Le loro vicende diventano pertanto paradigmatiche di traiettorie imprenditoriali che sembrano ineludibili e confluenti nella logica del grande e del semplice.
Lo scoglio generazionale
La recente acquisizione di The Fresh Market (una delle catene che preferisco nei miei soggiorni Statunitensi) da parte dell’ Apollo Global Management LLC per 1,4 Miliardi di $ (cash), dopo quelle recentissime di Sprouts Farmers Markets Inc. e di Smart & Final Stores, è emblematica.
Avviata in solitario da Ray Berry, nel 1982, a Greensboro (North Carolina) quell’avventura la condusse ad operare con 184 store, in 27 stati, The Fresh Market non ha superato, però, lo scoglio del cambio generazionale. Collocata in borsa, la progressiva diluizione delle quote azionarie della famiglia ha condotto al passaggio gestionale attuale.
Il suo futuro prossimo, pertanto, è ora nelle mani di Rick Anicetti, un manager con molteplici esperienze che ha condotto in catene molto orientate al prezzo come 99 Cents only Stores, Smart & Final Stores, e anche nel groceru classico di Delhaize Frères e Hannaford Bros.
Il programma annunciato per aumentare il profitto aziendale è anch’esso un classico: una maggior focalizzazione con interventi sulla produttività del lavoro, maggior attenzione al prezzo, riduzione dell’assortimento.
Le chiusure
Parallelamente la nuova gestione ha proceduto a: 1) chiudere 13 store azzerando la presenza dell’insegna in Texas, Iowa, Missouri e Kansas, dove l’insegna aveva iniziato la propria penetrazione; 2) ritardare le nuove aperture previste in attesa di ridisegnare (pare) i layout e gli interiors.
Orbene una delle caratteristiche di The Fresh Market era proprio un’estetica originalissima e distintiva che tendeva a comunicare la logica del vecchio farmer market di paese, con i richiami ai mercatini, la raccolta di memorabilia collocate sugli armadi dei muri perimetrali, il soffitto scuro con punti luce sul prodotto, le prospettive non lineari. Una scelta molto impegnativa e controcorrente.
Sarà interessante vedere se un eventuale ridisegno improntato alla razionalità manageriale, in sostituzione di quello amato dal fondatore apporterà il turnaround annunciato, probabilmente per ricollocare l’azienda nello Stock Exchange, da cui è stata ritirata in aprile.
Dopo le catastrofi di Dominick’s nelle mani di The Yucaipa Companies, le infinite tribolazioni di Jewel-Osco, il collasso di un altro indipendente newyorkese Fairway, passato dalla gestione familiare ad una meramente finanziaria-manageriale, … spero (da cliente saltuario di Fresh Market) che questo cambio di proprietà e di strategia abbia esito migliore.
Anche perché, dopo l’acquisizione della splendida creazione chicagoean di Bob Mariano, Mariano’s appunto, da parte di Kroger e la voce corrente dell’interesse della stessa Kroger per Whole Foods, sarà importante vedere se nel grocery retail prevalga la creatività e il coraggio imprenditoriale dell’indipendente o la dimensione e la potenza della finanza appianatrice.