Quando il retail sa andare a tempo

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Quando il retail sa andare a tempo
 
Maggio 2016. L’istituto di ricerche Astarea ha  presentato la nuova edizione dello studio Andare a Tempo 2016®, analisi delle tendenze socioculturali e di consumo che viene utilizzato come supporto nello sviluppo di Prodotti e Servizi, Territori di comunicazione, Brand positioning.
Lo studio si compone di Life-set (sintesi di atteggiamenti e stili di vita) che riguardano importanti ambiti di vita e di spesa delle famiglie: Homing, Out-door living, Wearing e Eating. Data la forte osmosi  tra i diversi mercati, queste tendenze offrono spunti di riflessione a chi si occupa di marketing e di comunicazione anche di là dallo specifico settore. Il Mapping Andare a Tempo Life-set evidenzia macro trend e concept di carattere generale, trasversali ai diversi ambiti.
 
Per Retail Watch sono state riassunti i cambiamenti nel Retail che stanno intervenendo e che si accentueranno nei prossimi quattro anni in questi ambiti di tendenza. Parole d’ordine: Digital, Ibrido, On the go.
 
 
Nel settore dell’abbigliamento un primo concept si collega alle nuove start-up nate con l’intenzione di valorizzare l’artigianato di nicchia legato ai distretti e ad aree di iperspecializzazione produttiva, sfruttando la possibilità della disintermediazione commerciale offerta dal digital. Un esempio: Quattrocento, nel Cadore, produttore di occhiali non prevede ottici ma canali on-line con virtual try-on movement sensitive e corner in fashion-store per ordinare on-line i modelli che si sono provati fisicamente.
 
In generale, il retail nell’abbigliamento-moda sta mostrando il suo lato tech e la crescita del mobile e dell’on-line purchasing che non solo ridefiniscono il consumer journey ma offrono, paradossalmente, spunti chiave per il retail off-line e il suo futuro. Osserviamo i sistemi di integrazione tecnologica che permettono di aumentare esponenzialmente l’interazione tra capi e consumatore, creando vere e proprie seamless experience tra on e off line. Ad esempio, l’interactive mirror di Puma: scatta foto accurate per aggiustamenti al centimetro sulla bodyshape, ma anche rendering iperrealistico in cui l’utente “vede” effettivamente cosa indossa. oppure i camerini di Tommy  Hilfigher con ipad per selfie da condividere via face book per approvazioni e feedback.
 
Altro trend chiave: l’arricchimento del punto vendita con attività che permettono un aumento del tempo di permanenza del cliente: pratiche quali “in store gamification”, che pur laterali rispetto al puro acquisto, stretchano i confini dello shopping. Ad esempio, i sistemi in store localization che inviano notifiche push tramite sensori bluetooth quando l’utente è vicino al negozio; gli specchi/schermo di Burberry per mostrare il live delle sfilate relative ai capi che si vuole provare oppure i 140 schermi interattivi di SportChek a Toronto per raccontare storie dedicate a prodotti o brand e sfidare gli utenti con domande che aiutano a scegliere meglio il prodotto da acquistare.
 
Ultimo tema: gli shop “digitalnative” che integrano nei loro modelli di business formule miste: recepiscono la smartness dell’online, valorizzando la fisicità e la praticità dell’off-line. Parliamo soprattutto di store in cui poterci camminare fisicamente e che sfruttano al massimo lo spazio disponibile (nessun magazzino), acquisto tramite app o tablet all’interno del punto vendita, consegna a domicilio).
 
 
Il life-set Homing segnala tendenze nate con la crisi ma destinate a consolidarsi e radicalizzarsi a fronte dei cambiamenti socio-culturali che riguardano il rapporto con gli oggetti, i prodotti, il lavoro.
 
La casa, da luogo prevalentemente di consumo, diventa anche sito produttivo, nella duplice accezione di luogo di lavoro intellettuale e luogo per la generazione di manufatti o attività prima acquistati all’esterno.
I mutamenti nel sistema economico con la crescente occupazione autonoma (free-lance) e con lo sviluppo delle industrie creative, complice il caro affitto soprattutto nelle aree metropolitane, obbliga (o rende preferibile) l’uso dello spazio domestico che si adegua alle diverse forme di «tecno-artigianato» – produzioni di piccola scala realizzate grazie a tecnologie digitali opensource, sovente finanziate con il crowdfunding e commercializzate in modo diretto attraverso il net. La  stampante 3D  sta invadendo il mondo dell’artigianato (ma non solo) e offre un valore aggiunto garantendo prodotti taylored nei minimi particolari.
 
Oltre la produzione, l’esposizione: si sta attivando un avvicinamento tra due dimensioni prima opposte, e cioè tra l’abitare la casa, e lo storefront, la vetrina, nella tendenziale fusione tra vita-lavoro, vendita e consumo che trova il proprio comune denominatore nel valore dell’Experiential. La casa diviene showroom, e supera la dimensione asettica o irreale del negozio di arredi o dell’atelier d’artista grazie alla vita vissuta dei suoi abitanti.
 
L’Out-door living: i contesti fuori casa sono vissuti sempre più intensamente come dimensione mentale e non solo fisica saprattutto nelle grandi città che da luoghi dell’abitare e della mobilità diventano palcoscenico per il leisure. In questo contesto il retail muta strutturalmente all’insegna dell’ integrazione funzionale, ma anche con un un viraggio della propria mission.
 
Il Concept “Premium is basic is premium” segnala il riposizionamento di alcune categorie di esercizi commerciali. Ad esempio, la metamorfosi del Bar: si afferma la proposta di bar pasticceria, bar gelateria, lunch bar, evening bar: locali specializzati in diversi segmenti di mercato, che cambiano nell’arco della giornata differenziando le occasioni di consumo, dalla colazione al pranzo fino alla cena e al dopo cena.
 
La tradizionale panetteria lascia il passo ad attività più articolate, come il “backery cafe”. Alla produzione di pane e dolci si affiancano la somministrazione di bevande, e una ristorazione veloce. I panificatori si sono riorientati o verso prodotti salutistici, o sul settore gourmand, con pizze e focacce elaborate a fronte di una maggiore sofisticazione della domanda per prodotti un tempo basic.
 
Il concept “Wheels Mobile” segnala lo sviluppo del business on truck/sul camion: il presupposto è il risparmio del costo di affitto di locali oltre che la possibilità di raggiungere i potenziali clienti là dove si tovano, invece di farli arrivare nell proprio punto vendita.
 
Il “su ruote” significa per il consumatore ampliamento dell’accesso a servizi prima difficilmente spostabili e quindi facilitazione: dal fruttivendolo al negozio di lingerie fino al “s.o.s. closet”, boutique di moda per “ultim’ora ed emergenze” con cui è possibile interagire via app e telefono per richiederne l’intervento immediato.
 
Vengono integrati nel trend anche servizi premium, come la champagneria, le boutique di moda e accessori luxury, o addirittura servizi on demand con consegna a domicilio di omaggi floreali top.
 
 
Dai Truck Nike che servono gli urban runners e vendono scarpe, lacci personalizzati, t-shirts in edizione limitata ai food truck brandizzati Four Seasons che vendono specialties regionali in tour organizzati sul territorio, fino ai food truck che vendono snack & treats dedicati ai pet: un accesso a servizi e prodotti moltiplicato, facilitato e in continuo movimento sul territorio urbano. Più accesso e più interazione, strizzando l’occhio alla ‘gaming experience’ che vede nell’urbanizzazione un territorio elettivo di ingaggio con i consumatori.
 
Nell’Eating la tendenza innovativa è logicamente analoga – implicando il concetto di spostameto – anche se le modalità di realizzazione sono ovviamente diverse.
 
Cresce e cambiano le modalità di accesso, tra uberizzazione e amazon-izzazione, in triplice accezione: la consegna a domicilio velocizzata con l’intervento di multinazionali che aprono spazi “hub” dedicati espressamente alla delivery massiva anche di prodotto non proprietari; l’innalzamento degli standard del cibo a domicilio che si “gouermettizza” con l’espansione della qualità, delle tipologie, della presentazione dei cibi; il modello del filo diretto tra produttore e consumatore che sta generando la nascita di nuovi agricoltori digitali con le loro startup che si pongono nell’ottica di un servizio quasi just-in time naturalmente guidato dal Net.
 
Crescente protagonismo del Food on the Go: gli spot food on the go si aggiornano muovendo dal manistream attuale a nuove offerte: dal local all’ultralocal, all’offerta di bio, vegan gluten free all’etnico, ai nuovi formati per cibi iconici (es: gli spaghetti nel cono).
 
In diffusione anche le soluzioni generate da player lontani dal mondo del food (come l’automotive) che identificano nell’integrazione con il  mercato dell’eating un potenziale driver di innovazione: esempio per tutti, il Food Truck  di Peugeot, itinerante restaurant on the wheels che può mettere a disposizione fino a 30 coperti, con zona caffetteria e  spazio dedicato a consolle e DJ.
 
Laura Cantoni, Ad Astarea

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