Le toilette di 26 negozi a New York. Non sempre…

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Le toilette di 26 negozi a New York. Non sempre…

Marzo 2016. Secondo l'ultimo rapporto Main Streets Across The World di Cushman & Wakefield gli affitti nelle strade dello shopping a cinque stelle sono lievitati in media del 35% rispetto al 2014. La prima classificata, la Fifth Avenue di New York, ha visto il prezzo al metro quadrato all'anno di uno spazio commerciale nella sua parte più pregiata (tra la 49esima e la 60esima strada) salire a 33.812 euro. Una quotazione che porta il valore dei canoni di alcuni flagship store affacciati sulla Quinta a raggiungere valori record.
Abbiamo pensato, così, di visitare i bagni di alcuni tra i più prestigiosi negozi della Grande Mela, immaginandoci che retailer, che pagano un prezzo così elevato per l’affitto di un metro quadrato, facciano di tutto anche per sfruttare al massimo lo spazio dedicato ai servizi igienici. Alcuni dei negozi visitati si affacciano proprio sulla Fifth Avenue, altri sono poco lontani. Di Apple abbiamo visitato tutti e tre i punti di vendita, così come abbiamo fatto un paragone tra il flagship store di Victoria’s Secret e un negozio più piccolo ma più centrale della stessa catena.
 
Risultato deludente
Il risultato di questa indagine è stato, in realtà, un po’ deludente. In alcuni punti di vendita la toilette non c’era, e la commessa ci ha indirizzate in altro luogo, come è successo da Victoria’s Secret nella 57esima strada, dove siamo state gentilmente invitate ad attraversare la via e a recarci al prestigioso albergo Four Seasons. La stessa identica cosa è capitata da Zara, in Fifth Avenue. In altri, mancava addirittura la segnaletica, come da Apple, sia nel “mitico” cubo, sia nel negozio di Soho (mentre in Grand Central Station i bagni sono assenti).
 
Il consumatore ha bisogno delle toilette
Nella nostra analisi siamo partite dal presupposto che l’ideale per il consumatore sia entrare nel punto di vendita e, in caso di bisogno, accedere ai bagni senza dover chiedere. Per questo motivo abbiamo anche tenuto conto del numero di domande necessarie per trovare la toilette, in caso di segnaletica mancante o non sufficiente. Nel Nike Store, per esempio, i servizi sono indicati nella store directory al piano terra, ma, una volta arrivati al terzo piano, si deve chiedere. Da notare, comunque, la divertente e autoironica segnaletica che riporta un omino che corre (in conformità con la mission sportiva di Nike). Lo storico negozio Brooks Brothers, che può gloriarsi di aver vestito diversi presidenti americani, indica i bagni sulle store directory poste davanti a tutti gli ascensori di ognuno dei suoi cinque piani. Arrivati al piano, bisogna, però, chiedere, perché i cartelli sono piccoli e tendono a confondersi con l’arredamento. Forse, così come Brooks Brothers è simbolo di abbigliamento americano tradizionale e classico, il retailer, con una mentalità americana un po’ puritana, tende a nascondere i bagni. Il cartello al secondo piano, per esempio, è praticamente celato alla vista da una lampada. In compenso, i servizi igienici sono spaziosi, puliti e si differenziano per reparto. Più femminili quelli per la donna al secondo piano, arredati con poltroncine, vasi e fiori. I più belli, ovviamente, quelli del quinto piano, dedicato all’abbigliamento su misura. L’arredamento è sempre curato e in sintonia con quello del negozio anche nei bagni per uomini al terzo e quarto piano.
 
Le esperienze negative
Le esperienze più negative sono state da Abercrombie, nell’Apple Store di Fifth Avenue e da H&M. Dal retailer di abbigliamento giovanile e casual si deve chiedere ben due volte, operazione resa più complicata dalla musica a tutto volume, caratteristica dei negozi di questo brand americano. Quando finalmente si capisce dove si trovano i bagni, si fa l’amara scoperta di dovere superare la coda che porta ai camerini di prova, dando le dovute spiegazioni ai clienti spazientiti dal solito “furbo” di turno che salta la fila. Dopodiché, aperta la porta, sorpassando vari scatoloni abbandonati lungo un corridoio, ci si deve infilare nei meandri del retro-negozio per arrivare nel bagno, che, probabilmente, è quello riservato anche al personale.
Nell’Apple Store bisogna, parimenti, chiedere per approdare a dei servizi piuttosto banali, non pulitissimi, non perfettamente funzionanti (lo scarico dell’acqua), e, soprattutto, un po’ piccoli e scomodi.
Esperienza altrettanto negativa nell’H&M al 589 di Fifth Avenue, inaugurato l’estate scorsa. I bagni sono sì indicati sulla directory all’entrata ma si trovano al piano sotto vicino ai camerini. C’è un unico bagno per uomo, donna e handicappati, un po’ poco per l’H&M più grande al mondo. Inoltre, un addetto lo deve aprire con un codice. Anche qui ci si ritrova nella stessa coda dei clienti che devono provare nei camerini. L’entrata al bagno, inoltre, il giorno della mia visita, era ostruita da alcuni appendiabiti che il commesso ha dovuto spostare.
Anche altri retailer sembrano voler complicare inutilmente la vita al consumatore in cerca di un momento di privacy. Da Gap nei bagni del terzo piano, che non sono segnalati, si può entrare solo su richiesta (come indica un cartello) e non si può portare merce dentro. Così se un cliente ha fatto acquisti ai piani inferiori deve presumibilmente consegnarli a qualcuno. Anche da Uniqlo non si può entrare nei bagni con prodotti, ma qui il cartello è più chiaro perché parla di merce non ancora acquistata e, inoltre, vi sono degli scaffali dove depositarla per riprenderla successivamente.
 
Le esperienze positive
Esperienza molto più gratificante, al contrario, da American Girl in Fifth Avenue dove sia i bagni al mezzanino sia quelli al terzo piano sono subito indicati sulla store directory all’entrata. Sono poi nuovamente indicati al piano, e ci si arriva senza dover chiedere. Su ogni porta dei bagni al mezzanino campeggia un bel fiore, predomina il colore rosa, e gli specchi ricordano quelli di una bambola. Di fianco ai lavabi c’è un doll-holder, molto usato dalle bambine che possono affrancare la loro bambola mentre si lavano le mani. Il doll-holder è presente anche all’interno dei servizi igienici. Al terzo piano troviamo una moquette e carta da parati a fiori.
Abbiamo apprezzato la fantasia di alcuni retailer, come Tiffany e Burberry, che fanno dell’eleganza il loro punto di forza e che, in modo più raffinato, chiamano i bagni rispettivamente “washroom” e “lounge”. In particolare, quelli di Tiffany sono pulitissimi ed elegantissimi con marmi, specchi e rubinetterie risplendenti e, ça va sans dire, fiori freschi.
 
10 su 26 non hanno la toilette
Su ventisei punti di vendita visitati, comunque, ben dieci sono privi di servizi igienici, sei non approfittano dello spazio per effettuare alcun tipo di branding, e i restanti dieci fanno un limitato uso dello spazio dedicato ai bagni per fare, appunto, del branding (come si può notare dalle foto di modelli appesi nel bagno di Gap, per limitarci a un solo un esempio).
Ci si deve spingere, in realtà, fino in Colorado, nel cuore del Far West, e più precisamente nel paesino di Lakewood, vicino a Denver, per trovare un supermercato Whole Foods che sfrutta lo spazio dedicato ai bagni per fare anche vendita, più precisamente, cross-selling di carta igienica!
 
NB: mettiamo a disposizione delle aziende citate e di chi le vorrebbe, 127 fotografie delle toilette descritte nell’articolo di Elisabetta Galdabini. Crediamo sia un materiale interessante per chiunque voglia parlare di confort di visita e di experience del consumatore e, sul quale, c’è veramente da riflettere (Luigi Rubinelli).
 

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