La MDD diventa un brand-insegna, on e off line

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La MDD diventa un brand-insegna, on e off line

Gennaio 2016. Sulle MDD, i prodotti a marchio del distributore, bisogna soffermarsi con attenzione soprattutto adesso che segnano il passo.
 
Le MDD sono nate come copie delle grandi marche, pack molto simili, contenuto un poco sotto gli standard, prezzo inferiore del 30%.
 
Nel tempo le MDD hanno acquisito i connotati del brand di primo livello per:
. una propria filosofia e strategia
. un proprio posizionamento
. un proprio pricing e una propria politica promozionale
. un contenuto intrinseco, di conseguenza, diverso rispetto all’industria di marca di riferimento e in pochi casi superiore.
 
Probabilmente chi riflette oggi più di tutti i retailer questa rigorosa e completa visione del mercato e dei consumi è Coop. In articoli precedenti riguardo le MDD abbiamo già detto dell’incapacità di molte marche del distributore di sviluppare un prodotto diverso e superiore a quello dell’IDM. Avevamo lasciato fuori da quel gruppo Coop, proprio per non mischiarla con altre insegne e per segnare la sua distanza.
 
Le MDD di Coop generano oggi il 35% del fatturato della rete di vendita. E continuano a crescere nonostante l’impasse di quasi tutti i competitor.
 
Da MDD ad insegna
Le MDD come descriviamo in queste brevi case history stanno trasformandosi anche in retailer, fisici e on line, proprio grazie al lavoro di branding, di trasparenza e di ricerca che hanno svolto negli ultimi anni.
 
1. Il caso Coop
Ai primi di dicembre ha aperto a Torino FiorFood, un nuovo formato voluto da NovaCoop. È sicuramente da apprezzare e studiare per l’innovazione e il ribaltamento che propone (2 ristoranti e poi il market) ma contiene un errore: è stato utilizzato un brand tutto da costruire (FiorFood), anziché investire su, ad esempio FiorFiore, un brand con molti investimenti effettuati, un passato e successi di tutto rilievo e che per notorietà batterebbe chiunque; infatti ha un peso rilevante sull’assortimento del market. Però il nuovo format la dice lunga sulla volontà di sfruttare i prodotti a marchio, isolandoli e facendoli diventare (di fatto) una insegna, un retailer da cui partire per nuove politiche di marca e per nuovi sviluppi commerciali.
 
2. I due casi Carrefour
Anche Carrefour sta sviluppando la stessa strada intrapresa da Coop.
 
Terre d’Italia
Lo fa investendo sul brand Terre d’Italia (al 50% di proprietà di Finiper), un brand storico che nel tempo ha asciugato il proprio portafoglio prodotti ma che resta un giacimento di prodotti tipici e di nicchia del territorio italiano. Dopo aver costruito singoli corner nei suoi ipermercati più grandi, Carrefour ha aperto il primo ristorante Terre d’Italia nell’ipermercato di Carugate (Mi), un nuovo concept che servirà al gruppo per ristrutturare sia la rete degli ipermercati sia la rete dei supermercati di maggiore dimensione. Il fatto di utilizzare il canale della ristorazione e non quello del dettaglio la dice lunga sulle possibilità che il brand possiede: non siamo di fronte a un’extention line ma a una strategia di marca diversa, di più lungo periodo per dare una dimensione al brand di innovazione pura e, soprattutto, di diversificazione.
 
LesproduitsCarrefour
Il gruppo ha lanciato in Francia il sito lesproduitscarrefour.fr. Di fatto  Carrefour Francia è anche un retailer virtuale. Il sito è ricco di contenuti sviluppati attraverso racconti e approfondimenti, utilizzando filmati e fotografie e coinvolgendo i co-packer e le loro linee di produzione.
Una delle caratteristiche del sito è il grado di partecipazione dei visitatori al quale è chiesto di valutare il prodotto e dare un giudizio e un voto via Instagram. Addirittura il sito invita il visitatori a diventare clienti-testimonial. È una evoluzione del rapporto cliente-insegna ottenuta grazie alle nuove tecnologie.
 
 
3. Il caso di Viaggiator Goloso (U2/Unes)
A dicembre Unes/U2-Finiper ha inaugurato in via Belfiore 16 a Milano un temporary del suo brand alto di gamma, il Viaggiator Goloso, che nell’insegna ha adottato l’acronimo VG. L’acronimo è una mossa opinabile, visto che la penetrazione del brand è alterna a Milano e poteva meglio essere eseguita con il nome esteso, Il Viaggiator Goloso, appunto. Nonostante questo il retailer ha composto un negozio con un proprio carattere, una vitalità e un’atmosfera alto di gamma (nonostante gli arredi di Ikea e altri mobili in affitto, scelta vincente ed economicamente rilevante): utilizzando le affissioni e i social media l’AD Gasbarrino è riuscito nella prima settimana di apertura a far entrare qualcosa come 17.000 clienti con uno scontrino medio di 25 euro, diventati 34.000 (per arrivare al netto bisognerebbe sottrarre circa 2.000 ingressi del personale, visto che non c’era magazzino)  dopo 17 gg. Mario Gasbarrino ha twittato che le vendite al mq sono state pari a 50.000 euro, ossia 7,5 mio di fatturato. Avendo osservato a più riprese il negozio sono rimasto sorpreso per la forchetta di acquisti singoli visti: da 2 vassoi di pasta fresca a 8 cesti natalizi da 39.900 a 1 bottiglia di DomPerignon (110.000 euro). Il clou delle vendite è rappresentato dal panettone (4.000 dopo 17 gg), anzi dai panettoni, letteralmente andati a ruba, ma il paniere medio è stato ben superiore e quindi questo vuol dire che molte persone hanno fatto la spesa intorno al panettone. Altri esempi di vendita: 1.000 pacchetti di foglie di carciofo di pasta (quante ne vende tutta la rete Unes in 1 anno) Alcuni clienti hanno chiesto alle cassiere: “Ma dove si possono comprare questi prodotti?” non riuscendo ad associare VG alle insegne U2/Unes.
 
Il tutto è avvenuto senza magazzino a pdv: i prodotti arrivavano dalla Unes di v Belisario, Mi.
 
Punto di forza: la moglie di Mario Gasbarrino a servire gli assaggi dietro il bancone, e non per finta.
 
Per il cenone di fine d’anno, addirittura, il negozio ha cambiato parzialmente layout e offerta.
 
Il successo è stato travolgente ed è la conferma che quando i prodotti sono ben eseguiti, hanno un giusto posizionamento e un corretto rapporto valore/prezzo il successo è garantito. Ovviamente la location ha giocato un ruolo importante,
 
Al 6 gennaio 2016 gli ingressi sono stati 44.000 (ammontare da depurare dai passaggi del personale di vendita). Twit di Francesco Pugliese, ad di Conad a Mario Gasbarrino: “Il prossimo lo facciamo insieme”.
 
Siete sicuri che le MDD si vedano bene sugli scaffali?
I prodotti a marchio, soprattutto alcuni, come abbiamo appena descritto, hanno davanti a sé un futuro radioso: il problema è che non si vedono a sufficienza negli attuali scaffali di ipermercati e supermercati, rigonfi di migliaia di referenze: letteralmente scompaiono o se volete non si notano affatto.
 
Non è, forse, il caso di rivedere il facing e il visual e quindi il category dei lineari di vendita per approfittare appieno del successo potenziale delle MDD? O forse conviene anche approfittare della loro notorietà per esplorare a fondo altri canali di vendita come gli stessi esempi che abbiamo fatto sottolineano?
 
 

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