Censis: il food italiano è benessere

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Censis: il food italiano è benessere

Novembre 2015. Il rapporto nel tempo degli italiani con il cibo disegna una parabola rovesciata dice il Censis: centrale nella sua scarsità nella società contadina, meno rilevante nell’Italia del consumo compulsivo conquistata da auto, abiti e case, di nuovo centrale nell’Italia della sobrietà, dell’uso intelligente di redditi stretti. Nel lungo periodo, la quota di spesa alimentare sul totale della spesa per consumi è diminuita dal 27,1% degli anni 70, al 19,3% degli anni 80, al 15,4% negli anni 90, al 14,8% nel 2007 al 14,2% nel 2014 (con una oscillazione tra il 20,3% della Campania ed il 9,6% del Trentino Alto Adige). E’ cambiata la dieta come dimostra il consumo di carne, alimento-simbolo del nuovo benessere, sceso dal 33,3% degli anni settanta, al 28,9% degli anni ottanta, al 23,4% degli anni novanta e oggi incastonato nella riscoperta della dieta mediterranea che ha al suo centro pasta, verdura e frutta. Con la crisi emerge una originale, ampia e intensa attenzione al rapporto con il cibo che riconquista una sua centralità nella vita degli italiani.
 
2.2. Popolo di appassionati, intenditori, esperti di cibo. Il cibo italiano vince nel mondo perché riflette un modo italiano, quotidiano, minuto, di massa, di rapportarsi con il cibo, ormai pervasivo nella vita sociale. 46 milioni di italiani conoscono, parlano, si appassionano al cibo (tab. 1): sono 29,4 milioni a definirsi appassionati, ovvero persone a cui piace informarsi e parlare di cibo; 12,6 milioni si ritengono intenditori, capaci di discutere con buone nozioni su preparazioni, ricette e tradizioni e 4,1 milioni pensano a se stessi come veri esperti. C’è anche il vino con 19,7 milioni di italiani di appassionati, 7,2 milioni di intenditori e 1,9 milioni di veri esperti. L’enogastronomia è il nostro grande tema nazionale, pervasivo sul piano sociale, componente decisiva di stile di vita, cultura e identità italica.

2.3. Salute, relazioni e identità: le tante cose che il cibo ci dà. Salutare, divertente, relazionale, identitario: il cibo è per gli italiani molto più che uno strumento funzionale o di pura passione. Il 27,9% definisce il rapporto con il cibo come salutare perché attraverso esso le persone si prendono cura della propria buona salute; per il 26,7% il legame con il cibo è divertente perché stare a tavola fa parte del nostro modo di stare bene insieme e divertirci (convinzione che unisce l’Italia con il 25,8% dei residenti nel Nord Ovest, il 27,7% nel Nord Est, il 27,1% al Centro e il 26,7% del Sud e Isole). Il cibo è anche un motivo di orgoglio e fattore identitario per il 17,9% degli intervistati (tab. 2). In estrema sintesi si può dire che il cibo aiuta a star bene, a stare bene con gli altri e a sentirsi parte di una comunità: andando per il mondo i prodotti italiani sono ambasciatori di un modo di pensare, di produrre e di consumare il cibo che riflette uno stile di vita riconoscibile, tipicamente italiano.

2.4. Cibo e relazioni, una lunga storia d’amore italiana. Sono 36,6 milioni gli italiani a cui capita di mangiare fuori casa e la convivialità è il motivo prevalente: 19,6 milioni mangiano fuori casa per incontrarsi con gli amici in un ambiente diverso da quello casalingo, 10,3 milioni per svagarsi e non cucinare, quasi 7 milioni vogliono sperimentare pietanze nuove, di cucine e tradizione diverse. 6,3 milioni di lavoratori italiani ogni giorno mangiano fuori casa. Vediamoci davanti a un bel piatto… in un bel locale é un motivo ricorrente nella vita delle persone; il 39,4% sceglie il locale per l'ambiente tranquillo che consente di star bene con i propri commensali, il 33,6% opta per locali consigliati da amici, il 32,6% per locali dai prezzi contenuti, il 32,2% per la garanzia della qualità di ciò che si va a mangiare e il 29,8% in locali che conosce da tempo. Il cibo buono, di qualità chiede anche un ambiente piacevole e amicale, che favorisca al meglio la relazionalità a tavola.

2.5. L’identità alimentare italiana: una virtuosa e aperta articolazione di tipicità territoriali. 50 milioni di italiani dichiarano di mangiare nel quotidiano piatti italiani, di questi 43,9 milioni regolarmente. Non vince l’autarchia gastronomica localistica perché la tipicità per gli italiani è fatta delle tante tipicità nostrane. Saldezza e certezza delle radici si uniscono nel quotidiano alla voglia di sperimentare: 38,5 milioni gli italiani preparano pietanze e ricette innovative apprese da ricettari e/o programmi Tv (8,8 milioni regolarmente e 29,7 milioni di tanto in tanto), 29 milioni di italiani mangiano piatti tipici di altri Paesi europei come paella, crepes (4,6 milioni regolarmente e 24,5 milioni di tanto in tanto), i piatti etnici come guacamole, cous cous sono mangiati da 25,7 milioni di italiani (4,2 milioni regolarmente e 21,5 milioni di tanto in tanto).

2.6. Mai più senza qualità nel piatto. Per gli italiani la qualità è il baricentro dei criteri di scelta dei prodotti alimentari. La ricerca di prezzi convenienti mai è andata a discapito della qualità: l’87,6% degli italiani nella scelta di un prodotto alimentare dichiara che conta molto (46,4%) o abbastanza (41,2%) la tipicità e il radicamento territoriale del prodotto, per l’86,3% conta molto o abbastanza la certificazione Doc, Docg e Dop (di cui per il 44,4% è molto importante e per il 41,9% lo è abbastanza), la grande marca è richiamata come criterio di scelta dal 59% degli intervistati (il 15,5% dice che conta molto, il 43,5% abbastanza). Territorialità trasparente e certificazione sono al cuore delle scelte alimentari degli italiani, come garanzia di qualità, sicurezza e salubrità del cibo (tab. 6). Gli italiani vogliono frutta (il 45,3%) e verdura (il 53,2%) del proprio territorio, e vogliono carne (47,6%) e pesce (45,2%) preferibilmente di provenienza italiana.

2.7. No alle ortodossie alimentari Nelle abitudini alimentari degli italiani la qualità si unisce alla praticità in una logica combinatoria, da politeismo nella sobrietà. La praticità quotidiana delle diete tiene insieme i già citati prodotti tipici locali ed i surgelati (con 34,3 milioni di italiani che acquistano surgelati e 24,7 milioni che surgelano pietanze da loro stessi preparate). Nelle diete quotidiane ben coesistono il fast food con 20,2 milioni di italiani a cui capita di mangiarci (2,8 milioni regolarmente e 17,4 milioni di tanto in tanto e sono 4,6 milioni le famiglie con figli a cui capita di mangiarci, di cui 563 mila regolarmente) e il vegano o vegetariano mangiato da 19,5 milioni di italiani, di cui 4,5 milioni regolarmente.

2.8. Conquistando il mondo… Nel 2014 il valore delle esportazioni di prodotti alimentari e bevande è stato pari a 28,4 miliardi di euro, con un salto in avanti in termini reali del +30,1% rispetto a cinque anni prima (tab. 8). Per il 2017 le previsioni indicano che l’export agroalimentare italiano crescerà del +8,9% medio annuo. Avanzano i prodotti italiani nelle diete quotidiane degli stranieri: tra i 20,4 milioni di italiani negli ultimi tre anni hanno avuto rapporti di amicizia, conoscenza con stranieri che vivono all’estero, il 58,5% sottolinea la loro propensione ad abbinare prodotti italiani con pietanze tipiche della loro cucina, ed il 23,1% indica la propensione negli altri paesi a mangiare e cucinare italiano. 12,8 milioni di italiani (la metà di coloro che negli ultimi tre anni dichiarano di essersi recati all’estero) hanno mangiato in ristoranti italiani oltre confine: ed il 52,4% ha espresso un giudizio positivo. È un cambio di passo notevole rispetto al passato in cui notoriamente gli italiani all’estero stavano alla larga da locali che riproponevano la nostra cucina. Perché il cibo italiano vince nel mondo e può consolidare ancor di più sul piano economico una riconosciuta leadership culturale e di qualità? Perché oggi il nostro cibo è in grado di intercettare una formidabile onda globale che viene dal cuore delle metropoli e che chiede qualità, sicurezza, genuinità e di poter verificare queste caratteristiche, in una parola chiede: tracciabilità. L’Italia paese dalla straordinaria biodiversità è riuscita a conservare le sue tipicità che tuttora sono tratti distintivi di territori e identità locali; così agricoltura e cucina italiane sono in grado di esprimere in modo trasparente la biografia di quel che offrono, rispondendo in modo assolutamente competitivo alla richiesta di tracciabilità.

2.9. Che vinca l’Italian street food: lo street food è una delle nuove e più importanti frontiere da conquistare. 35,6 milioni di italiani sono degli street fooder, ossia consumatori di pizza al taglio, patatine fritte, piadine e panini, oltre che kebab, falafel e noodles. Regina incontrastata del cibo italiano da strada è la pizza, mangiata da 33,6 milioni di italiani, di cui 11,9 milioni abitualmente e 21,7 milioni di tanto in tanto. Poi panini e piadine, che mangiano 18,8 milioni di italiani, 4,2 milioni regolarmente e 14,6 milioni di tanto in tanto, le patatine fritte o chips consumate da oltre 18 milioni di italiani (4,1 milioni regolarmente e 14 milioni di tanto in tanto) e gli hot dog con 9,9 milioni gli italiani che li mangiano di cui 1,5 milioni regolarmente. Anche lo street food mediorientale risulta particolarmente apprezzato: sono infatti 13,9 milioni gli italiani che mangiano kebab, di cui 2 milioni abitualmente e 11,9 milioni di tanto in tanto; mentre i falafel, versione vegetariana del kebab, vengono consumati da 5 milioni di concittadini di cui 678 mila dichiara di mangiarli abitualmente e 4,4 milioni di tanto. Altra cucina etnica in forte ascesa, come soluzione take away o di street food, è la cucina asiatica con 9,5 milioni di italiani che ne mangiano i prodotti, di cui 1,2 milioni regolarmente e 8,2 milioni di tanto in tanto. Sono poi 5,3 milioni gli italiani che mangiano i noodles, di cui 936 mila abitualmente.

2.10. I Millennials: generazione foodies. Il rapporto con il cibo dei giovani italiani è fortissimo. Il 93% dei Millennials è in qualche modo coinvolto dal tema cibo, con il 53,5% appassionato, il 28,3% intenditore e l’11,1% vero esperto. Per i Millennials il cibo ha soprattutto un valore identitario: infatti, per il 26,9% dei Millennials (è il 17,9% il dato medio relativo a tutta la popolazione) il rapporto degli italiani con il cibo è in primo luogo identitario, perché il nostro modo di mangiare ci rende orgogliosi. Per il 72,3% il cibo italiano è un insieme composito di cibi tipici locali. Vince tra i giovani un orgoglio nazional-gastronomico con una preferenza nazionale per la frutta (42,3%), la verdura (36,9%), la carne (42,5%) ed il pesce (41,5%). Abituati ad andare per il mondo, i giovani in cucina e a tavola sono anche grandi sperimentatori che fanno coesistere il radicamento identitario delle tipicità con l’alta propensione alla sperimentazione gastronomica. 8,7 milioni di Millennials italiani dichiarano di mangiare piatti tipici di altri paesi europei (paella, crepes, ecc.), di cui 1,9 milioni regolarmente, 7,7 milioni mangiano piatti etnici (guacamole, cous cous), di cui 1,8 milioni abitualmente, 10 milioni consumano (di cui 3,3 milioni regolarmente) piatti preparati secondo ricette nuove di cui hanno sentito parlare in tv e/o letto su 7 riviste e/o su ricettari. Ne nascono diete originali, inattese secondo un politeismo aperto ed evolutivo. Sperimentatori dalle solide tradizioni, i Millennials vanno per il mondo senza mai staccare le radici dai rispettivi territori e, soprattutto, dall’italian food. D’altro canto i Millennials sono gli interpreti migliori del neopoliteismo sobrio italico che consente di far convivere fast food e slow food. Mangiano al fast food 8 milioni di under 35, di cui 1,7 milioni abitualmente (una quota del 15,1%, di contro al 5,5% dato medio del totale popolazione) e 6,3 milioni di tanto in tanto (il 56,1% ed è il 34,3% il dato medio nazionale); sono 10,3 milioni gli street fooder italiani con meno di 35 anni (91,7%) di cui 5,2 milioni consumatori abituali (45,9%).
 

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