Oltre il veganismo c’è chi rinuncia a quasi tutto

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Oltre il veganismo c’è chi rinuncia a quasi tutto

Novembre 2015. Oltre il veganismo, ben oltre. Si annunciano nuovi target difficili da accontentare ma che vanno studiati con attenzione perché fanno parte dell’universo sempre più liquido dei consumatori. La tesi è illustrata nel Rapporto sui consumi di Coop 2015, redatto da Ancc-Coop con Nielsen e Ref Ricerche.
 
In Italia una persona su dieci è vegetariana (ovvero non mangia carne o pesce), mentre una su cinquanta è vegana (vale a dire rifiuta tutti i cibi di origine animale, compresi i loro derivati). Siamo i primi in Europa in questa particolare classifica (dopo di noi la Germania dove l’8% della popolazione è vegetariano), seppur lontani da quanto si registra nei Paesi in cui il cibo ha una forte caratterizzazione religiosa (in India, ad esempio, più di un individuo su tre non mangia carne).
Secondo il ritratto tracciato da una recente indagine Gfk Eurisko, il vegano vive soprattutto nel Nord-Ovest (36%), abita in grandi città (13%), occupa posizioni dirigenziali (25%) ed è una donna (58%), tra i 45 e i 54 anni (28%), solitamente in possesso di una laurea (17%).
 
Le tendenze più recenti mostrano in realtà una progressiva estremizzazione delle pratiche alimentari legate al benessere ed al salutismo. All’esercito di vegetariani e vegani si sono infatti aggiunti nuovi fenomeni emergenti, al limite dell’integralismo, che possono essere così descritti:
• il fruttarismo: i fruttariani sono coloro che seguono una alimentazione basata esclusivamente sulla frutta: quella dolce (mele, pere, pesche, ecc.), quella ortaggio (melanzane, zucca, zucchine, pomodori, peperoni e cetrioli) e quella grassa (olive, avocado), escludendo quindi non solo i prodotti di origine animale, ma anche ogni altra parte delle piante;
• il crudismo: la dieta dei crudisti prevede solo alimenti crudi, non trasformati o cotti ad una temperatura inferiore ai 50°;
 
• abbracciano il regime reducetariano gli individui che limitano il consumo di carne, pesce e tutto ciò che deriva dagli animali, compresi uova e latticini, circoscrivendone l’assunzione al week end o ad un solo giorno nell’arco di una settimana;
• i pescetariani e i pollotariani rappresentano la principale variante alla dieta vegetariana: i primi hanno bandito la carne ma non il pesce, per i secondi sono vietate la carni rosse ma non quelle bianche;
• l’alimentazione macrobiotica parte dal presupposto che per raggiungere il benessere fisico occorre un equilibrio rigoroso negli apporti nutrizionali giornalieri (il 50% delle calorie da cereali integrali in chicchi, il 20-30% da verdure di stagione crude e cotte, il 10-20% da carne bianca, pesce, legumi o sostituti, il 10% da frutta fresca o secca);
 
• locavorismo: si tratta di una teoria alimentare che consiste nel consumo di cibi locali, prodotti e trasformati in un raggio di circa 200 chilometri dalla propria casa;
• la dieta paleolitica trae infine spunto dalle abitudini alimentari dei nostri antenati: sono dunque ammessi solo gli alimenti che l’uomo poteva reperire in natura tramite la caccia, la pesca e la raccolta di radici, bacche, verdura e frutta, preferibilmente freschi e non oggetto di trasformazione industriale. Non sono quindi ammessi alcuni prodotti tipici della dieta mediterranea, come farina, pane, pasta, insaccati, latticini, zucchero e caffè.
 
A completare il quadro delle nuove tendenze ci sono anche i Brethariani, che secondo la definizione ufficiale non mangiano nulla. Si nutrono solo di aria e sole. Ma questo è davvero un altro discorso…
 

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