L’abbigliamento non è più sinonimo di moda
Ottobre 2015. La ricerca su dati Sita è da leggere con molta attenzione, soprattutto quando si parla di prezzi e canali di vendita. È uno dei passaggi chiave del Rapporto sui consumi 2015 di Coop redatto da Ancc-Coop, Nielsen e Ref Ricerche.
Non si arresta il calo dei consumi di abbigliamento e calzature.
E’ questa forse l’unica delle grandi aree della spesa delle famiglie che continua a scendere. Anche le prospettive non sono rosee, per un consolidamento occorrerà attendere il 2016.
Nel 2014 si registra una nuova flessione del giro d’affari pari a circa 1,2 miliardi di euro. Cadono soprattutto le vendite di calzature, mentre si attenua, ma rimane pur sempre negativo il bilancio per l’abbigliamento. Un risultato che va a sommarsi alle perdite cumulate nell’ultimo quadriennio, che fa segnare un arretramento delle quantità acquistate del 15%, con un giro d’affari che ha lasciato sul campo quasi un quinto del suo valore.
Sono tendenze che suggeriscono come l’abbigliamento e le calzature, che hanno rappresentato a lungo uno dei tratti caratteristici della spesa e delle preferenze degli italiani, stanno lentamente allineandosi alla media e ai valori dell’Europa continentale.
L’epicentro della crisi è nel Mezzogiorno, era rimasto sino ad oggi il baluardo di uno stile italiano che non possiamo (o vogliamo) più permetterci.
Rinunciano gli adulti
Una tendenza che sta investendo in questi anni soprattutto le fasce più mature della popolazione: la caduta del giro d’affari origina, infatti, soprattutto da persone con più di 35 anni. Infatti, è proprio la fascia più adulta della popolazione a rivedere i propri stili di consumo ed ad adeguarli a quelli dei più giovani, anche in questo campo sempre più trendsetter. I millennials hanno da tempo derubricato abiti e scarpe a oggetti privi di un contenuto identitario, preferendovi smartphone e pc super veloci. Coerentemente cadono gli acquisti di articoli di fascia media e alta e tengono quelli di fascia media e bassa. Le nuove generazioni sembrano abbracciare le tendenze della moda veloce a basso costo incarnate da retailer quali Zara, H&M e Uniqlo: siamo molto lontani dalla cultura giovanile della generazione precedente.
Il prezzo pieno tiene, meno I saldi
In questa situazione difficile un tenue segnale positivo viene dalle tenuta delle vendite a prezzo pieno: scende dunque soprattutto il giro d’affari dei saldi e delle promozioni. Un dato che sembra suggerire una minore efficacia di tali iniziative come strumento per ridurre le giacenze e l’invenduto. L’andamento dei canali vede arretrare tutti i punti vendita meno innovativi, dagli indipendenti all’ambulantato, dai grandi magazzini alle grandi superfici specializzate, che hanno a lungo puntato sulle promozioni e sulla stagione dei saldi quale occasione vendita. In contro tendenza, invece, i punti vendita monomarca, che hanno saputo rinnovare gli spazi espositivi, e soprattutto l’ecommerce, che aggiunge al prezzo competitivo, la comodità dell’acquisto e la possibilità del ripensamento.
Le tendenze per il biennio 2015-2016? Secondo le previsioni di Sita Ricerca per tornare a vedere il segno più davanti alle vendite di abbigliamento e calzature occorrerà attendere il prossimo anno. Recupera già dal 2015 il Nord-Ovest, mentre per il Sud e le Isole ancora non si vede la luce in fondo al tunnel.