Costco: e se arrivasse in Italia il low cost?
Ottobre 2015. Sabato scorso ha aperto a Getafe (Madrid) in una posizione strategica tra le due tangenziali della capitale, il secondo Costco spagnolo. A un anno dall’apertura di Sevilla e in anticipo sul terzo store previsto a Las Rosaz (Madrid) per il 2016, quando avverrà anche il debutto di questo wholesale club in Francia, a Villebon-sur-Yvette, nei pressi di Parigi.
Indubbiamente Costco ha una qualità: la velocità. Fu la prima azienda che riuscì a passare da fatturato pari a zero, nel 1983, a 3 miliardi in 6 anni.
Retailer italiani distratti
I retailer italiani sembrano però distratti e poco attenti ai prodromi di una inevitabile ulteriore segmentazione di mercato verso il low-cost: una segmentazione che tra 5 anni si produrrà anche in Italia. Il tutto a meno che l’inviluppo burocratico e corporativo che protegge il tessuto commerciale del nostro paese e l’immagine di corruzione generalizzata non fungano da disincentivo per i piani del colosso americano. Tuttavia da parte di chi ha dedicato un po’ di tempo a studiare e a insegnare la storia dei consumi e della distribuzione nasce un’osservazione utile alla nostra imprenditoria commerciale.
La tipologia di vendita
Il wholesale club non è un format facile da imitare e da implementare profittevolmente. Non si pensi di inventare qualcosa nel momento in cui questa minaccia dovesse profilarsi anche in Italia. La storia caotica e semi-fallimentare dei discount “de noantri”, dovrebbe insegnare che il tempo della pedissequa imitazione valida ai tempi del boom economico italico, non si ripeterà.
In Europa, Costco pianifica di operare con un margine del 14% vs. il 10,5% degli USA, grazie ad una mostruosa efficienza logistica, un grande potere di mercato e a un marketing raffinato e controcorrente che gli ha permesso di raggiungere l’iperbolico fatturato di 120 miliardi di dollari a fine 2015, con oltre 650 warehouse.
La sua formula ha dimostrato di funzionare egregiamente anche in Europa (UK e Spagna) e consiste nel concetto “Per risparmiare tanto occorre spendere ancor di più!”. Sono quasi 70 milioni le famiglie che frequentano i suoi magazzini che vanno dai 14mila ai 20mila m2.
Il secondo principio di Costco è: “poche referenze di marche note ad alta rotazione, in un unico formato (che dolori per molte marche globali!) e 1500 item speciali, per un tempo limitato e tali da attivare la “treasury hunt” (la caccia alle vere occasioni)”.
Non è un cedi aperto a tutti
Sbaglia però chi pensa che Costco sarà semplicemente un CEDI aperto al pubblico. Infatti l’insegna è attrattiva anche per le continue attività di demo e di assaggio. In più, pratica anche la “mass customization”, cioè prepara su ordinazione soluzioni personalizzate per il catering, produce torte per eventi anche esse personalizzate, vende persino gioielli certificati con un prezzo di molte migliaia di euro, e poi arredi funebri, auto, caminetti, ecc. Allo scopo di assicurarsi questa inarrivabile efficienza, sega i costi inutili e paga bene i suoi dipendenti. Prevede anche una ristorazione semplificata, ma molto aggressiva: un hotdog (o un hamburger) e Coca-Cola a volontà per 1,5 €! Infine, una politica del rebate della spesa annua che consente ai clienti fedeli di compensare la sottoscrizione della quota associativa e mettere in tasca un centinaio di euro in più.
E studiare un po’ la formula?
Conclusione: forse è il caso, per i nostri retailer, di studiarne bene la formula e di sottrarre dalla solita routine un po’ di tempo per preparare una propria SWOT analysis da tenere nel cassetto. Non si sa mai.
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