Ma quanto costa affettare la carne?
Settembre 2015. Amagi prosegue nell’analisi della controversa relazione prezzo-qualità dei prodotti freschissimi. Il caso in questione riguarda il costo del servizio incorporato negli elaborati di pollo e di suino, “ready-to-cook” e comunemente reperibili nei banchi di supermercati e ipermercati.
Le rilevazioni di Amagi sono state effettuate in nove insegne dell’hinterland milanese (CONAD, Il Gigante, COOP, Carrefour, Auchan, PAM, Esselunga, Iper, IperSigma) tra il 25 e il 26 Maggio. I dati sono riportati nelle tabelle (dove sono indicati i prezzi in valore assoluto e le differenze percentuali) .
PETTO DI POLLO – Emerge pertanto una interessante differenza di prezzo tra il prodotto venduto intero e quello ottenuto dalla più semplice elaborazione (ovvero il taglio a “fette” e a “fettine sottili”).
Se il consumatore fosse razionale (e sempre più informato nei termini presupposti dalle teorie di marketing correnti (ed errate!)) e se egli confrontasse davvero i prezzi, si accorgerebbe che nell’insegna “I1” il petto di pollo intero costava 5,20 euro e nelle insegne “I2” ed “I4”, che distano pochi chilometri, il prezzo per le fettine sottili era di 13,80 euro. Questo significa quindi che l’ipotetico ricarico rispetto al minimo reperibile sarebbe maggiore del 165% per un’operazione che si può fare tranquillamente nella propria abitazione!
Ugualmente resta da spiegare perché l’affettatura del pollo viene caricata del 5% nell’insegna “I3” e del 46 % nell’insegna “I1”.
Altro punto interrogativo riguarda l’insegna “I5” che poneva in vendita le fette al 9% in meno del pollo intero (rimanenze da smaltire?).
Come nel precedente articolo, permane l’interrogativo circa il divario min-max del 76% sul petto di pollo intero (si noti anche che nell’insieme delle insegne non sono presenti i discount). I retailer interrogati oscillano, a seconda delle circostanze, tra due assunzioni: a) il pollo è tutto uguale essendo prodotto e macellato da pochissime aziende italiane; b) il mio pollo è di qualità migliore perché allevato diversamente.
La questione resta aperta.
LONZA DI SUINO – Passando alla lonza di maiale, il divario di prezzo min-max tra le diverse insegne è del 42%.
Sempre sotto l’ipotesi di razionalità del cliente (ovvero acquisto della lonza di suino in trancio al minor prezzo e affettatura a casa), il risparmio sarebbe del 47%.
Si noti in particolare che il ricarico per l’affettatura della lonza di maiale, nella stessa insegna, va dal 12% ad un 47%. Tuttavia si osserva anche che questa maggiorazione di prezzo diminuisce all’aumentare del prezzo al kg. Si tratta di una constatazione inspiegabile dato che l’operazione è la stessa per tutte le insegne.
Le considerazioni fatte servono a dimostrare quanto complesse siano le motivazioni all’acquisto di un consumatore vero e quali le ragioni di una sua eventuale fedeltà all’insegna. Il prezzo della merce in sé è solo una parte della spiegazione. Ad esso occorre aggiungere il costo dell’informazione, i costi di trasporto, ecc.. come si è costantemente ripetuto. Da questo punto di vista si può dire che quasi tutte le insegne rilevate godono essenzialmente di forti rendite di posizione che attenuano una vera, “classica” concorrenza di prezzo.
A ciò si aggiunga che le insegne menzionate non sono nello stesso posizionamento nelle due liste crescenti prezzo. Cioè, non si può concludere che qualcuna pratichi i prezzi più bassi per entrambi i prodotti.
Ciò detto il divario tra i prezzi di un Kg di petto di pollo (petto di pollo) + un Kg di lonza di suino (trancio)
è davvero notevole +44% ! e superiore al risparmio ottenibile con molte promozioni sui prodotti confezionati.
Una saggia riflessione per chi pensa di saper tutto sul “pricing”