Romagnoli sogna una filiera di valore nella patata
Maggio 2015. Giulio Romagnoli, presidente dell’omonimo gruppo romagnolo, ha un sogno: dare valore a tutta la filiera, dal campo al supermercato, per recuperare terre, atiche varietà e soddisfare nuovi bisogni e funzione d’uso della patata. In questa intervista a Retail Watch, parla con passione di questo progetto e della sua articolazione, chiedendo collaborazione e condivisione.
Ecco come si esplica una parte del progetto e il recupero, regione per regione, dando valore al territorio e alle sue particolarità, del sogno di Romagnoli.
Patata di campo: come l’ottimizzazione idrica può aiutare l’agricoltura
Progetto sviluppato in collaborazione con Legambiente all’interno della campagna LAIQ
Numeri del progetto (risultati 2014/2015):
200 ha a coltura
Produzione 8500 tonnellate
Risparmio idrico del 25%
Risparmio di gasolio di 2/3
Produzione +8%
Campagna 2015/2016
181 ha a coltura. Le forti piogge di aprile hanno condizionato la disponibilità di terreni.
Produzione attesa 9000 tonnellate, pur diminuendo gli ettari previsti, si attende una produzione superiore a quella dell’anno scorso, per una campagna di semina particolarmente riuscita.
Verrà realizzato uno studio di carbon footprint e water footprint della filiera
Romagnoli promuove la patata italiana d’eccellenza, e la diffusione della cultura alimentare della patata, che deve necessariamente superare l’attuale percepito di genere di sussistenza. In Italia, oltre al consorzio della Patata di Bologna, esistono 10 presidi territoriali di eccellenza, ognuno con le propri varietà, caratteristiche e ricette specifiche.
Il recupero della storia e delle filiere regionali
La sfida di Romagnoli è proprio quella di conferire alla patata il giusto valore d’eccellenza.
Patata di Sessame
Patata del Brallo
Patata di Pignone
Terre Alte Trentine
Patata di Rotzo
Patata di Montese
Patata di Leonessa
Galatina
Patata di Valledoria
Patata di sant’Eufemia d’Aspromonte
Novella di Siracusa
Romagnoli, leader nazionale nella produzione di patate da seme e, importante player nella distribuzione di patate fresche tramite la partecipata Alegra, riesce a coordinare le proprie attività per rispettare le diverse caratteristiche delle patate a livello territoriale e cerca di diffondere questi valori.
Romagnoli non ha disperso la conoscenza dei terreni e l’esperienza nella coltivazione che le derivano dalle sue origini come azienda agricola.
Grazie a questo retroterra tenuto vivo e vitale, l’Azienda lavora quotidianamente insieme ad esperti costitutori e a fianco degli agricoltori alla ricerca delle varietà non solo qualitativamente migliori, ma anche più adatte alle caratteristiche microclimatiche e dei suoli nei diversi areali di produzione, così come alla diffusione delle tecniche agricole più efficaci e sostenibili per l’ambiente.
I progetti di sviluppo riguardano tutti gli aspetti della filiera, dalla campagna allo stoccaggio e lavorazione fino alla commercializzazione e distribuzione. Una cura particolare è dedicata ai requisiti fitosanitari, profilo che oggi si tende colpevolmente a sottovalutare non tenendo in debito conto che l'Europa è divenuta il primo mercato in termini di importazioni alimentari e ha perso da tempo l'autosufficienza. In altre parole, su scala continentale non disponiamo di scorte sufficienti per ovviare a un'eventuale situazione di carenza globale di prodotto. Senza voler fare del facile allarmismo, viene spontaneo il collegamento con la grande carestia irlandese (the Great Famine) di metà Ottocento, dovuta alla ripetuta perdita dei raccolti di patata, su cui si fondava l'alimentazione di sussistenza delle classi più povere, causata da eventi climatici avversi e, soprattutto, dal devastante diffondersi della peronospora (fungo parassita, causa di enormi danni a coltivazioni interspecie nella storia).
54 campi
Romagnoli porta avanti con rigore la sperimentazione di varietà consolidate e di cloni (no OGM) in 54 campi nazionali che vanno a coprire i diversi areali produttivi della Penisola.
I risultati in termini di produttività, calibro, colore, resistenza agli stress climatici e alle patologie vegetali nonché le caratteristiche organolettiche vengono discussi e condivisi con agricoltori e costitutori prima che si passi al panel test sui consumatori per verificare il livello di gradimento. Solo quando tutte queste fasi sono state correttamente espletate il prodotto viene introdotto sul mercato.
Romagnoli, tuttavia, non si limita a fare innovazione varietale inserendo e testando nuove cultivar adatte allo specifico territorio, ma rispetta e valorizza le produzioni locali di pregio incentivando il raggiungimento di standard qualitativi e quantitativi omogenei e gestendone la commercializzazione.
Il sostegno di Romagnoli alla filiera italiana della patata si è espresso, inoltre, nel farsi soggetto promotore e fondatore di importanti strutture di categoria quali il Consorzio Patata di Bologna DOP, la Borsa della Patata a Bologna, la OP Alegra e il Consorzio Italiano Patata di Qualità. In quest'ultima sede, Romagnoli ha contribuito con il suo know-how tecnico e commerciale alla creazione del brand Selenella, marchio commerciale del Consorzio che contraddistingue l'offerta di patata italiana addizionata con Selenio tramite un processo brevettato di concimazione. Il Selenio è un oligoelemento che svolge un ruolo importante nei processi biochimici dell'organismo in quanto fattore di protezione dai processi ossidativi causati dai radicali liberi e dalle malattie cardiovascolari e come supporto alla funzione tiroidea.
Selenella detiene la leadership nel settore delle patate confezionate raggiungendo il 15% di quota mercato a valore, e oggi la sua offerta spazia dalla Classica (buccia e pasta gialla per tutti gli usi di cucina) alle Novelle (patate primaticce), Mini (patate con un calibro inferiore a 40 mm in diametro) e Montanare (patata a buccia rossa e pasta gialla).
Ricerca e Sviluppo
Dai primi anni ’90, Romagnoli ha orientato le proprie attività di R&D, svolte in collaborazione con i massimi esperti internazionali del settore, allo scopo di interpretare l'evoluzione nelle esigenze e nei gusti dei consumatori. Si tratta di un lavoro tutt’altro che facile, perché tutto si deve svolgere con larghissimo anticipo rispetto all’effettiva immissione sul mercato del prodotto. Il processo di innovazione varietale, infatti, richiede tempi lunghi. Nella migliore delle ipotesi, la fase di sviluppo e di test impegna da 10 a 11 anni, cui si devono sommare altri 5 anni perché la produzione raggiunga volumi tali da consentire la commercializzazione.
Inoltre, su oltre 1.000.000 di incroci avviati, appena il 10% supera tutti i passaggi. Ragion per cui, per avere 2 o 3 nuovi cloni l'anno è necessaria una programmazione continuativa a lungo termine basata su grandi numeri, in media da 2 a 2,5 milioni di nuovi incroci e cloni l’anno avviati alla fase sperimentale.
INFOGRAFICA