Mettere l’on nell’off line: a cosa serve?
Gennaio 2015. La domanda è proprio questa: a cosa serve portare l’on line nell’off line?
Abbiamo fatto qualche visita in dicembre ai principali flagship store di Londra per documentare professionalmente, ma anche come semplici consumatori, con questa domanda in testa.
Abbiamo visitato in tutto 12 strutture e abbiamo interagito con la macchina per vedere il grado di funzionalità, navigabilità. Con il carrello della spesa nelle strutture alimentari il sabato è praticamente impossibile accedere all’area e rimanervi qualche minuto in tranquillità:
. l’area è quasi nascosta, in genere ubicata all’entrata ma qualche volta anche all’uscita,
. le gondole e le merci sono incombenti,
. il flusso di persone che fa gli acquisti tende a spostare il carrello il chè distoglie lo sguardo dallo schermo e dalle sue funzioni,
. manca la serenità e la calma per agire sul sistema proposto.
In alcuni punti di vendita ci siamo fermati anche mezzora per vedere l’interazione dei clienti. In diversi casi nessuno si è avvicinato.
D'altronde il percorso di interazione è già disegnato da qualche anno. L’interazione avviene:
. a casa con il computer o il tablet,
. in mobilità con lo smart phone.
C’è davvero bisogno di un ulteriore touch point?
Alcune domande:
. quante persone, per quanto tempo si fermano. Che interrogazione hanno fatto?
. l’area a disposizione è ergonomicamente sufficiente?
. l’investimento effettuato è in eccesso o in difetto?
La nostra sensazione da consumatori-utilizzatori è che servano davvero a poco: i touch point di valore e di utilizzo sono altri.
Meglio un’onesta strategia di click&collect, dichiarata e applicata nei singoli particolari.
Oppure scegliere la strada di Argos: aprire negozi di pochi mq di vendita per fare il click&collect nei luoghi della mobilità diffusa come l’underground (1° esempio a Cannon station): si ordina da casa o in mobilità e si ritira andando in ufficio o tornando a casa.