GrandBudapestHotel: fiaba, paradigma e particolari
Autore: Giulio Rubinelli per la scheda del film, Luigi Rubinelli per gli abbinamenti food
“Ho bisogno di trovare un bambino per questo padre.”
(Jane Winslet-Richardson, ‘Le avventure acquatiche di Steve Zissou’)
È uno dei registi di nuova generazione più acclamati e apprezzati al mondo. Il suo cinema è unico e immediatamente riconoscibile, come pochi registi nella storia ci sono riusciti, ha creato un stile forte e ben definito. Gode dell’ammirazione di personaggi come Martin Scorsese e dell’intero star system hollywoodiano. Lo dimostrano I suoi cast, sempre più simili a delle rassegne sul top del cinema americano: Murray Abraham, Edward Norton, Adrien Brody, Willem Dafoe, Jude Law, Tilda Swinton, Harvey Keitel, Bill Murray, Owen Wilson. Tutto è calamitante nel suo ultimo lavoro che, me ne rendo conto, non meriterebbe neanche tanta pubblicità e acclamazione, dal momento che davvero non ne necessita. Dalla fotografia, ai costumi e la scenografia, con i quali si prende il lusso di lasciare ancora e ancora sbigottito il suo pubblico. Il suo stile è naïve, ma brillante, geometrico, ma libero e leggero.
Per I cinefili l’uscita di ‘The Grand Budapest Hotel’ era attesa come da un candidato i risultati delle elezioni.
Un giudizio al proprio operato, un bollettino sugli ultimi sviluppi in campo cinematografico, gli ultimi ritrovati narrativi e tecnici, motivo di ispirazione come reali opere d’arte. Certi registi cercano ispirazione alle mostre, altri guardando il film di Wes Anderson.
Quella sincerità dal sapore vagamente europeo (che, tra l’altro, si ritrova anche all’interno dei suoi cast: Léa Seydoux -‘La vita di Adele‘,2013 e Mathieu Amalric -‘Venere in pelliccia‘,2013) unita all’ingenuità yankee, regala un effetto magico che sa di cose belle e di ricordi d’infanzia. Europeo per la prima volta in maniera così radicale, il film è infatti una collaborazione anglo-tedesca ed è stato girato con un budget di 22 milioni interamente in Germania, ispirando la sceneggiatura ai racconti di Stefan Zweig. Per non parlare della musica, elemento fondamentale nelle opere di Anderson, anche in questo caso firmate da Alexandre Desplat (compositore francese che ha vinto tutto il vincibile e che aveva gia’ collaborato con il regista texano per ‘Fantastic Mr Fox‘,2009 e ‘Moonrise Kingdom‘,2012) che aggiungono l’ultimo tocco di magia a quanto già fatto da scenografia e costumi.
Scatta ancora una volta, ora più che mai, l'”effetto Beatles” per ‘The Grand Budapest Hotel’: emoziona gli adulti e coinvolge i bambini, che vi ritrovano i caratteri tipici di un cartone animato.
Non a caso tanta critica snob ormai ama stroncare le opere di Anderson, poichè intelleggibili da troppa parte del pubblico da rischiare di farsi credere commerciale. Nulla di meno lontano dall’invidia verso chi, a soli 44 anni, è riuscito a crearsi un marchio di fabbrica generatore di emozioni e immagini pure. La bravura degli attori poi, nell’interpretare i loro personaggi con libertà e disinvoltura, nonostante le forti ristrettezze tecniche calcolate al millimetro, dovrebbe essere una lezione di recitazione per qualsiasi attore su come raggiungere il massimo dell’espressività con il minimo del movimento e delle azioni.
Ambientato nella Repubblica Zubrowca, stato alpino di fantasia che nel 1932 verte sul punto di una guerra, ‘The Grand Budapest Hotel’ ci racconta delle avventure di un concierge (Ralph Finnies -‘Coriolanus‘,2011; ‘Spider’,2002) e del suo assistente, che si ritrovano nella scomoda posizione di doversi svincolare da un’ingiusta accusa di omicidio.
La poetica ricorda certe fiabe di Gianni Rodari, le ambientazioni mistiche, i personaggi semplici e curiosi.
Ancora una volta il film di Wes Anderson vi cullerà come bimbi, lasciatevi catturare e accompagnare e, come ai bimbi, nulla vi apparirà più reale della finzione.
GENERE: sempre a metà strada tra la commedia e il drammatico, Wes Anderson non cerca di risultare radicale nella definizione del carattere e degli stati d’animo dei suoi personaggi. Cerca le sfumature, l’indefinito, i grigi e, a tratti, il grottesco.
VELOCITA’: sono un’ora e quaranta non percepite. Il film vola e i suoi accenti fiabeschi favoriscono un dolce volo della mente lontano dalla sala, sopra le fantastiche montagne della Repubblica Zubrowca.
TEMPERATURA: sebbene sia ambientato sulle nevose cime delle Alpi, il ritmo e la fotografia degli interni ripropongono un tepore simile a quello dei plaid in inverno.
QUALITA’: senza volermi ripetere, un film per tutti, di altissima qualità da qualsiasi punto lo si guardi.
Gli abbinamenti food
E se questo film è una mezza favola, ma, se volete, una mezza metafora e, tante piccole verità, Vi proponiamo una trasferta in Sardegna dove di piccole verità e di metafore ce ne sono tante, davvero, e non solo lungo la costa.
Il vino: Dettori Bianco del 2009. Ho visitato alcuni anni fa la tenuta e l’ordine agricolo, quello dell’azienda e, certamente, quello di alcuni prodotti mi ha impressionato. Lo so che state pensando ai rossi, in terra di Sardegna o ai bianchi leggeri, ma trattandosi di fiabe provate questo vino e…
Il formaggio: stiamo sempre nell’Isola e ovviamente andiamo sul pecorino e il Fiore Sardo. Provate un altro Dettori, ma a Gavoi e cercate il pecorino non troppo invecchiato, il bianco regge e sentirete entrambi, la passione di queste terre è autentica e andrebbe oltre che ammirata, anche pagata il giusto.
Il cioccolato: non ci sono grandi nomi di produttori di cioccolato in Sardegna, ma provate il cioccolato fondente 70% di Isola Dolce di Santa Giusta a Oristano. E se proprio insistete vi dico di abbinarlo al Mirto.