Tirelli-Stagflation: un regalo di Putin?

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Tirelli-Stagflation: un regalo di Putin?

Marzo 2014. Sono insofferente verso il vacuo chiacchiericcio televisivo di opinionisti politici ed economici che non stimo e che, non a caso, non distinguono le cose che contano da quelle inessenziali in economia.  Tra quelle importanti e sottaciute vi è l’accenno di Vladimir Putin, che gli USA e un’Europa di burocrati, sindacalisti, e amministratori di condominio ha pensato bene di andare a disturbare, prima con la questione omosessuale e poi incoraggiando un caotico cambio di regime in Ucraina.

Vladimir senza muovere i carri armati ci ha semplicemente detto  che potrebbe usare un’arma più letale e regalarci un bel periodo di stagflation. Molti ignorano infatti il ruolo che potrebbero avere le riserve in dollari accumulate da Russia e Cina. Le prime sono di circa 300 miliardi di dollari; le seconde di 3 trillioni e mezzo. Gli USA e l’Europa hanno infatti scambiato debito pubblico e moneta inflazionata in cambio di energia e beni di consumo, ignorando l’avvertenza di chi dice che il gioco potrebbe finire. Putin ha dichiarato di poter abbandonare il dollaro come moneta di riserva e di pagamento. Potrebbe mettere sul mercato ingenti quantità di dollari sinora congelati magari in cambio di euro e non accettare più pagamenti in dollari. Risultato: la moneta americana si deprezzerebbe bruscamente, avviando un ciclo inflazionistico e incoraggiando altri a liberarsene. Simultaneamente si rivaluterebbe l’euro. Ciò detto, se la  Germania che si è creata il proprio mercato interno all’UE se la caverebbe, l’Italia con un rapporto  euro/dollaro pari  a 1,70 – 1,80 e già stremata dalla sua grande Depressione, subirebbe anche un crollo delle esportazioni con prezzi di petrolio e gas dell’Est in rapida crescita (visto che ha pensato bene di bandire il nucleare!) e non immediatamente rimpiazzabili da altre produzioni.

Tutto questo senza considerare la Cina che, anch’essa in rapporti problematici con l’amministrazione americana (Giappone, Filippine, ecc), potrebbe decidere di giocare la sua parte, facendo pesare il proprio ruolo e passando anch’essa alla riscossione. In questo scenario, noi Italiani con redditi e consumi in ulteriore brutale contrazione e con prezzi stellari di energia e benzina, sapremo difendere fermamente i principi etici che rinfacciamo a Vladimir?

Mmh! la “grigia e triste scienza” dell’economia induce qualche dubbio.

2 Commenti

  1. …può essere così facile abbandonare il dollaro come moneta di riserva e pagamento ? Equilibri economico-internazionali possono dissestarsi per effetto del malumore di un solo uomo, pur importante, influente e rappresentativo di una grande Nazione che sia ? Può davvero considerarsi aver "badato bene di rinunciare al nucleare" cosa su cui recriminare ? Sono da preferire forza economica e indipendenza energetica alla sicurezza del nostro popolo, all'integrità del nostro suolo ? Genera poi rammarico così elevato non poter presidiare i primi posti della "classifica mondiale delle potenze industriali" ? "Caso" e "necessità" sono in fondo parte della vita, dovremmo forse minimizzare il fatto che in quella particolare classifica ci siamo stati solo perché aiutati da quei fattori ?

  2. Che aggiungere, prof. Tirelli!? Forse sarebbe ora di smettere di credere di essere ancora la VI, VII, VIII (ormai gli slittamenti di posizione non si contano più), potenza economica industriale. Forse l'Italia si dovrebbe renderebbe conto che 20 anni di sviluppo industriale sono stati frutto del caso e della necessità (riprendendo le parole di un grande premio Nobel); il caso, perché l'Italia degli anni '50 era quella venuta fuori da una guerra che aveva distrutto il Paese, della necessità, perché lo sviluppo economico del secondo dopoguerra fu un processo innescato dalla necessità di evitare che l'Italia facesse la fine della Grecia (il Piano Marshall). Insomma, una costruzione artificiale, che a partire dagli anni '80 si è illusa e crogiolata di una sua grandezza 'presunta'. Forse, perché occorrerebbe che si rendesse conto di essere un "Paese che rifiuta la realtà", come scriveva Bill Emmott nel dicembre del 2012. E come si riconosce in psicoterapia, il punto di partenza per avviare un percorso di trasformazione di se (anche nel rapporto con gli altri) è il rendersi conto di avere un problema. L'Italia non è più una potenza economica; se lo è stato, lo è stato per caso e per necessità. Adesso, se vuole, deve ripartire facendo in modo che le idee, i progetti, le risorse vengono alla luce. Questa volta senza un Piano Marshall… Ma per fare questo sarebbe necessario che quel percorso di trasformazione implicasse la fine del malcostume italiano per cui si viene ascoltati/si ha accesso alle risorse/si ottiene supporto, solo se si è organici a qualcuno, o qualcosa (un partito, un'associazione, una famiglia, un gruppo di amici …, etc.)…

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