Antitrust: le Supercentrali le vediamo così

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Antitrust: le Supercentrali le vediamo così

Settembre 2013. L’Antitrust ha rilasciato in agosto il documento di sintesi sui rapporti IDM-GD. Sono informazioni da cui sono scaturite, fra l’altro, le norme che hanno lanciato l’Art. 62. Ecco cosa pensa l’Antitrust delle Supercentrali:

Spunti di riflessione sull’impatto concorrenziale delle supercentrali distributive

235. Nella misura in cui le supercentrali consentono alle imprese distributive di ottenere miglioramenti nei costi di acquisto, esse risultano potenzialmente idonee ad incrementare l’efficienza delle imprese e, per questa via, a generare un beneficio al consumatore: i risparmi sulle condizioni di acquisto, infatti, in presenza di sufficienti incentivi a competere sui mercati a valle, potranno tradursi, in tutto o in parte, in una riduzione dei prezzi di vendita.
Tuttavia, se le imprese che fanno parte della centrale acquistano congiuntamente una parte significativa dei propri prodotti e detengono un potere di mercato rilevante sui mercati a valle, esse potrebbero non avere adeguati incentivi a trasferire a valle i propri risparmi di costo. L’impatto concorrenziale di ciascuna supercentrale deve quindi essere valutato caso per caso, anche in funzione dell’incidenza specifica di ciascun accordo sui mercati interessati dell’acquisto e della vendita dei prodotti.

236. Le analisi svolte in merito al concreto sviluppo del fenomeno delle supercentrali di acquisto hanno comunque evidenziato alcuni elementi di criticità concorrenziale nel funzionamento di tali aggregazioni di imprese, che vanno ponderati con estrema attenzione ai fini della valutazione degli effetti specifici di ciascuna singola intesa e della sua eventuale portata restrittiva.
237. Tra gli elementi di criticità emersi dall’indagine, va in primo luogo sottolineata l’elevata variabilità della composizione delle supercentrali riscontrata nell’ultimo decennio.
Quest’ultima si traduce inevitabilmente in un forte incremento della trasparenza sulle condizioni di acquisto, conseguente allo scambio di informazioni riservate che si verifica nell’ambito di ciascuna centrale e tra le diverse supercentrali nel momento del passaggio di una catena da una centrale all’altra.
238. Al riguardo, appare significativa la circostanza che tutte le supercentrali intervistate abbiano affermato di ritenere altamente sensibili le informazioni relative alle condizioni contrattuali, le quali costituiscono oggetto di esplicito divieto di diffusione a terzi. Il sistema di protezione di tali informazioni, inoltre, secondo quanto confermato dagli stessi operatori, non risulta particolarmente efficace, soprattutto nel momento del passaggio delle catene da un’aggregazione all’altra.
239. Vale anche considerare, a tale proposito, che le condizioni negoziate hanno
generalmente durata annuale, conservando la propria validità per tutta la durata residua del contratto, successiva alla fuoriuscita di una catena dalla supercentrale.
Il frequente mutamento di composizione delle supercentrali, pertanto, non soltanto
incrementa il grado di trasparenza generale sulle condizioni di acquisto, ma ne induce anche una certa uniformazione: una catena che si sposti da una supercentrale all’altra con un contratto di acquisto vantaggioso, infatti, anche se si tratta di una catena di piccole dimensioni, fa sì che il proprio contratto diventi il “benchmark” per la negoziazione della nuova supercentrale.
240. In secondo luogo, l’indagine ha evidenziato come la contrattazione effettuata
nell’ambito delle supercentrali non abbia sostituito la contrattazione con le singole catene, generando la necessità di un doppio, quando non un triplo, livello di contrattazione. Ciò comporta una generale riduzione dell’efficienza delle negoziazioni, incrementando sia la complessità e i tempi di conclusione delle trattative, sia i costi di transazione complessivi.
241. La necessità di mantenere un doppio livello di contrattazione con i fornitori deriva sia dalla forte disomogeneità nelle caratteristiche dimensionali e organizzative delle catene aderenti – che le spinge in molti casi a integrare la trattativa comune con una negoziazione separata -, sia dalla prassi negoziale in uso del settore (che sarà oggetto di più ampia illustrazione nella seconda parte del lavoro), che vede un progressivo spostamento della contrattazione dalla mera definizione del prezzo di acquisto, determinato in funzione di una serie di sconti c.d. “incondizionati”, alla negoziazione di una serie di sconti e contributi “condizionati” alla concreta prestazione, da parte delle catene, di servizi espositivi e promozionali. A meno di poter contare su un’alleanza strategica più ampia, pertanto, ciascuna catena della supercentrale tende a definire individualmente i servizi espositivi e promozionali da rendere ai propri fornitori, sulla base delle proprie specifiche strategie di offerta.
242. Le circostanze evidenziate sembrano in qualche misura indebolire anche il principale assunto sottostante la valutazione concorrenziale delle supercentrali, che postula la realizzazione di una forte riduzione dei costi di acquisto per le imprese aderenti: da un lato, infatti, i risparmi potrebbero risultare ridimensionati dall’incremento dei livelli decisionali, oltre che della complessità e della durata delle trattative; dall’altro, la tendenza all’uniformazione delle condizioni spuntate da ciascuna supercentrale sembra attenuare la possibilità che ciascuna di esse possa ottenere forti vantaggi comparati, in termini di costo, in funzione dei maggiori volumi trattati.
243. In ogni caso, i benefici ottenuti grazie all’appartenenza a una supercentrale, se ugualmente ripartiti tra imprese con diverse caratteristiche dimensionali e organizzative, non risultano, per definizione, commisurati al grado di efficienza imprenditoriale di ciascuna impresa distributive, avvantaggiando anzi, in misura proporzionalmente maggiore, le imprese meno efficienti.
Ciò può determinare una distorsione degli incentivi a competere nel settore distributivo, consentendo alle imprese più piccole e inefficienti di ottenere costi di acquisto analoghi a quelli delle imprese più grandi attraverso una mera e fittizia aggregazione dei fatturati d’acquisto. Viceversa, è plausibile che le imprese alle quali i produttori accorderebbero più volentieri un livello elevato di sconti e contributi, in ragione di una loro maggiore capacità di offrire adeguate controprestazioni in termini di servizi, non riescano a beneficiare appieno di un proficuo rapporto di collaborazione con i fornitori.
244. Con riferimento alla valutazione dei potenziali benefici al consumatore connessi all’esistenza delle supercentrali, l’analisi svolta sembra invece suggerire le seguenti considerazioni di ordine generale:

i) la generalizzata diffusione del fenomeno delle supercentrali, associata all’incremento del grado di trasparenza sulle condizioni di acquisto derivante dalla frequente migrazione delle catene da una centrale all’altra, agisce sicuramente nel senso di una riduzione degli incentivi a trasferire al consumatore i risparmi di costo ottenuti: in tali circostanze, infatti, ogni produttore è consapevole del fatto che i propri concorrenti, anche se non fanno parte della stessa supercentrale, beneficiano di condizioni di costo analoghe, risultando sicuramente in grado di replicare la propria eventuale strategia di competizione al ribasso;
ii) analogamente, lo spostamento di una parte crescente della contrattazione con i fornitori sulla definizione dei contributi (versati dai fornitori ai distributori a fronte di controprestazioni di servizi distributivi e promozionali) non sembra incentivare il trasferimento al consumatore dei vantaggi di costo acquisti: l’aumento dei margini di guadagno sulla prestazione dei servizi, infatti, ottenuto attraverso la supercentrale, non comporta automaticamente una maggiore pressione concorrenziale sui prezzi finali di vendita, teoricamente calcolati sulla base dei costi di acquisto.
245. Con riferimento ai potenziali benefici prodotti dalle supercentrali, vale anche
osservare che gli studi effettuati sulle alleanze di acquisto nel settore della GDO alimentare non sembrano sino ad ora aver prodotto robuste evidenze empiriche sui concreti effetti di riduzione dei prezzi di vendita determinatisi a seguito della loro costituzione. Al contrario, da un recente studio della Banca Centrale Europea47, condotto su 6 Paesi europei, compresa l’Italia, emerge l’esistenza di una correlazione positiva e significativa tra il grado di concentrazione delle centrali di acquisto esistente nel 2010 a livello locale (regionale e di aree più piccole, di raggio di 5 o 10 km) e l’andamento annuale dei prezzi dal 2003 al 2010: in altre parole, ad un più alto livello di concentrazione a livello di centrale d’acquisto, nel settore alimentare e delle bevande, non sembra essere associata una dinamica di prezzi negativa.
246. La probabile, delineata evoluzione delle supercentrali verso forme di alleanze più snelle – in quanto sprovviste di una propria struttura operativa -, ma contemporaneamente più coese – in quanto sostanzialmente costruite attorno ad una singola impresa mandataria e basate su una maggiore condivisione di obiettivi strategici – potrebbe rendere potenzialmente più stabili le alleanze di acquisto, incrementandone la capacità di competere con le altre aggregazioni e attenuando il rischio di uniformazione dei comportamenti tra imprese appartenenti a diverse supercentrali.
D’altro canto però, la realizzazione di un maggiore coordinamento all’interno di
ciascuna supercentrale sugli obiettivi e le funzioni strategiche delle singole catene aderenti – invocata da più parti anche per aumentare l’efficacia e l’efficienza della contrattazione – aumenterebbe considerevolmente il grado di integrazione tra i soggetti aderenti alla stessa alleanza di acquisto, riducendone ulteriormente il margine di autonomia residuo nella definizione di autonome politiche commerciali.
247. L’Autorità, pertanto, nella valutazione degli effetti concorrenziali delle supercentrali, effettuerà un bilanciamento molto attento tra gli effetti potenzialmente restrittivi di ciascuna di esse – che sembrano assumere crescente importanza con l’estendersi delle aree di collaborazione tra le catene aderenti alla medesima alleanza – e i concreti benefici sul benessere del consumatore – che non possono essere assunti in modo aprioristico, ma vanno di volta in volta dimostrati in funzione degli incentivi effettivamente presenti sul mercato a trasferire a valle i risparmi di costo.

. Il commento di RetailWatch. Le supercentrali sono nate per dare la possibilità di spuntare prezzi maggiormente favorevoli alle insegne distributive. È dalla nascita della distribuzione moderna, negli anni ’60, che prima nei consorzi, poi nelle unioni volontarie, poi ancora nelle cooperative fra dettaglianti, che si punta all’aggregazione di volumi di fatturato da far valere nella contrattazione con l’industria di marca. L’evoluzione è stata nelle supercetrali, sulle quali si può dire tutto (e alcune hanno dimostrato la loro inutilità sia come soggetto economico sia come soggetto politico di mercato) ma che non stiano svolgendo un ruolo positivo. In un altro articolo abbiamo evidenziato che non vengono distinti dall’Antitrust i ruoli di piccole, medie e grandi imprese. A maggior ragione questo ragionamento andrebbe sviluppato parlando di supercentrali che interessano soprattutto le grandissime imprese dell’IDM e della GD.
Per essere chiari: non si può mettere sullo stesso piano Coca Cola, multinazionale globale, e Coop, catena nazionale. Il ragionamento svolto dall’Antitrust ha comunque un valore culturale ed economico di primaria importanza. Federdistribuzione, Ancc e Ancd, oltrechè tenerne, conto dovrebbero far notare alcune incongruenze soprattutto nei rapporti di forza fra IDM e GD, dove contano i nomi delle singole imprese, e purtroppo nel rapporto non ci sono.

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