Censis: l’ambulantato abusivo vale 9 mld di euro
Marzo 2014. Nel piccolo commercio, che conta oltre 770.000 imprese (quindi una parte cospicua dell’intero tessuto produttivo), i negozi di vicinato che operano nell’alimentare, pur essendo stati fortemente spiazzati negli ultimi anni dalla grande distribuzione, hanno registrato comunque un lieve incremento, vicino all’1% tra il 2009 e la prima metà del 2013. Si tratta di poco più di 124.000 esercizi commerciali, con proposte che spaziano dal biologico all’enogastronomia di qualità o, come accade più di frequente nei centri di medie e grandi dimensioni, con la presenza di cibi etnici o di piccoli esercizi che vengono presi in gestione da stranieri. Non è un caso, peraltro, che negli ultimi tre anni nel commercio al dettaglio il numero di titolari stranieri sia incrementato del 21%, attestandosi a oltre 121.000. In questa tendenza si inquadra anche l’incremento di attività legate a un commercio più rarefatto, come quello ambulante, cresciuto tra il 2009 e il 2013 quasi dell’8% (passando da 168.000 operatori a quasi 181.000), e il commercio non in sede fissa e non ambulante, legato prevalentemente a internet e alle vendite a domicilio o tramite i canali televisivi. Gli operatori non in sede fissa sono aumentati del 23% negli ultimi tre anni e mezzo, passando da poco più di 29.000 unità a quasi 36.000.
L’abusivismo nel commercio
A una difesa delle posizioni, negli anni della crisi, va anche ascritta la presenza endemica dell’abusivismo commerciale, che proprio recentemente il Censis ha stimato in occasione della Giornata della legalità indetta da Confcommercio. La quota del commercio abusivo si stima raggiunga il 7,1%, per un totale di circa 68.000 esercizi commerciali, di cui il 52% in aree pubbliche o aree mercatali e il restante 48% in sede fissa. Particolarmente elevato è l’abusivismo nell’ambulantato, pari al 19,4%, mentre per i negozi è pari al 4,2%. Il giro d’affari sottratto al commercio regolare è stato valutato per il 2012 in 8,8 miliardi di euro.