Cobolli-Federdistribuzione: il documento Agcm…

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Cobolli-Federdistribuzione: il documento Agcm…

Novembre 2013. Il documento sui rapporti IDM-GD pubblicato dall’Agcm-Antitrust a metà agosto continua a tenere banco nelle discussioni della business community. RetailWatch ha voluto sentire il parere di Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione.

Dottor Cobolli, per onestà devo dirle che sul documento dell’Agcm-Antitrust abbiamo già intervistato Luigi Bordoni, presidente di Centromarca. Per illustrare un percorso comune o, se preferisce, parallelo le farò le stesse domande già sottoposte a Bordoni. Qual è il vostro giudizio sul documento “Indagine conoscitiva sul settore della Gdo” dell’Autorità garante?.

Si tratta di una complessa ricerca di dinamiche non semplici e di non facile lettura come quelle che caratterizzano il sistema della GDO e i suoi rapporti con la filiera e i consumatori. Una complessità che non porta a conclusioni definitive ma a ipotesi su aspetti e conseguenze possibili, testimoniate dal frequente uso del condizionale, per indicare comportamenti che “potrebbero” essere messi in atto. Ci pare non sia stato sufficientemente tenuto in considerazione – in alcune parti del documento – il ruolo che negli anni, anche grazie alla costante attenzione nei confronti dei rapporti con i fornitori, la GDO ha sempre avuto nella tutela del potere d’acquisto dei consumatori, ruolo che ha peraltro comportato un’erosione progressiva degli indicatori di redditività e messo in difficoltà più di un’impresa.

Il capitolo riguardante le Supercentrali e la Valutazione concorrenziale delle Supercentrali occupano uno spazio di rilievo nel documento dell’Agcm. Il risultato è soddisfacente per Federdistribuzione?

Su questo tema bisogna fare alcune considerazioni iniziali. Le Supercentrali sono nate per contrastare l’eccessiva frammentazione della distribuzione che portava a un ridotto potere negoziale nei confronti di un’industria spesso dominante nei mercati specifici. Sono i grandi fornitori infatti i principali contraenti di queste strutture. Bisogna poi considerare che non tutte le imprese distributive sono inserite in Supercentrali e che per quelle che ne fanno parte meno del 50% del loro approvvigionamento passa attraverso queste organizzazioni (in genere sono esclusi gran parte dei prodotti locali e del “non food”, la marca del distributore, il freschissimo, i “primi prezzi”, ecc). Si può quindi stimare che solo poco più di un terzo degli acquisti totali della GDO sia veicolato attraverso le Supercentrali, che hanno inoltre un peso in diminuzione negli ultimi anni!

Un punto essenziale da evidenziare è che le Supercentrali (come peraltro il Trade spending) hanno un ruolo rilevante nel porre un argine all’ampia discrezionalità che l’industria ha nella determinazione dei listini, un atto unilaterale che rappresenta il primo passo delle trattative. E’ infatti attraverso tutte le fasi negoziali, in primo luogo quella che si svolge nelle Supercentrali, che la GDO riesce a ridurre l’impatto sul consumatore degli aumenti dei listini! L’analisi storica dei dati relativi a questi incrementi (in media +4% all’anno dal 2007 al 2012 nel largo consumo) e ai prezzi di vendita praticati dalla GDO (in media +1,5% all’anno nello stesso periodo e per gli stessi prodotti) riteniamo dia testimonianza di quanto l’attività svolta anche nelle Supercentrali abbia contribuito a portare vantaggi ai consumatori.

Va peraltro ricordato che la fase negoziale che avviene a livello di Supercentrale è solo uno degli elementi che determinano il prezzo finale di vendita. Questo fa sì che, nonostante le Supercentrali, la concorrenza tra le insegne distributive rimanga molto alta e giocata sugli altri punti contrattuali, a tutto vantaggio dei consumatori.

Infine il tema della variabilità nella composizione delle Supercentrali e dei trasferimenti che avvengono da una all’altra: sono fenomeni reali che però, a nostro avviso, innescano un percorso di miglioramento continuo delle condizioni volute e negoziate con i fornitori, non rappresentando un fattore di appiattimento della concorrenza.  

L’Agcm si occupa poi del trade spending dell’IDM nei confronti delle vostre aziende associate. Qual è, secondo lei, l’impatto a monte e a valle del trade spending?

Il Trade spending gioca una partita importante nel contrastare gli aumenti dei listini dell’industria. E’ anche grazie a questa parte della negoziazione che la GDO riesce a continuare a proporre convenienza ai consumatori! E’ vero che negli anni il Trade spending ha assunto un’importanza sempre maggiore, ma al tempo stesso ha rappresentato un elemento di differenziazione tra le insegne distributive e quindi di maggiore concorrenza tra di esse. Differenze e concorrenza che continuano a esistere anche tra imprese appartenenti alla stessa Supercentrale o alla stessa organizzazione della DO. Non riteniamo quindi possa aver ridotto la competitività orizzontale.

Per quanto riguarda gli impatti a monte, premesso che ogni prassi sleale e scorretta porta ad alterare la concorrenza tra operatori e deve quindi essere contrastata, i possibili elementi critici sul Trade spending riportati dall’Autorità fanno riferimento a un’indagine campionaria condotta presso il settore industriale: sarebbe interessante fare la stessa operazione sulle imprese distributive, di tutte le dimensioni, per confrontare i risultati e capire come si sviluppano i rapporti negoziali tra la grande industria di marca e un distributore di medie e piccole dimensioni, cosa che in questo caso è mancata. 
 
L’Agcm e Bordoni ribadiscono il buyer power, il potere degli acquisti, e dedicano ampio spazio a questa parte del documento. È reale questo peso e questa importanza?

Parlare solo di buyer power presuppone il fatto che, nel rapporto tra industria e distribuzione, ci sia una posizione di “pressione negoziale” esclusivamente da parte della distribuzione nei confronti dell’industria e non accada il contrario, come invece si deve riscontrare. Basti pensare a situazioni nelle quali un distributore, magari di medie o piccole dimensioni, si deve confrontare in determinati mercati con leader dominanti e in grado di far pesare contrattualmente questa loro posizione.

Il rapporto tra industria e distribuzione è certamente complesso e rappresenta il risultato di anni di trattative giocate comunque avendo come riferimento il consumatore. Può naturalmente essere migliorato, anche per creare più valore allo stesso consumatore, ma occorre partire da una base di riconoscimento onesto dei compiti e ruoli reciproci e da un’osservazione equilibrata della realtà. 

Art. 62 e l’abuso di dipendenza-squilibrio economico. Federdistribuzione si allinea a questo giudizio?

Premesso che l’Antitrust ha chiesto al Consiglio di Stato di esprimersi sulla vigenza delle disposizioni dell’art. 62 per quanto riguarda i termini di pagamento, e che è ancora in attesa di risposta, nell’indagine l’Autorità conferma che la propria attività di controllo circa il rispetto dell’articolo 62 partirà sempre da una preventiva verifica dell’esistenza di un “significativo squilibrio” tra le parti contrattuali, intervenendo nel perseguimento di un possibile illecito amministrativo solo laddove si realizzi questa condizione di base.

Condividiamo questo approccio, convinti che l’art. 62 debba essere interpretato come strumento per la tutela del mercato e degli operatori potenzialmente più deboli. L’attività istruttoria ed eventualmente sanzionatoria dell’Autorità si avvierà quindi  solo laddove vi sia la necessità di proteggere un interesse pubblico ed il corretto assetto concorrenziale del mercato.

Anche per lei la domanda è diretta: si è trasferita effettivamente liquidità dalla GD alla IDM, senza che la stessa liquidità sia stata trasferita, come previsto, agli agricoltori, a monte della filiera?

Possiamo rispondere alla prima parte della domanda, lasciando ad altri la responsabilità di prendere posizione sulla seconda. Per quanto ci riguarda dobbiamo registrare che effettivamente si è verificato un rilevante spostamento di liquidità nei confronti dell’industria. Le imprese distributive hanno infatti dato applicazione all’art. 62 anche sull’aspetto dei pagamenti, portati nei termini di legge, e ciò ha avuto effetti diretti sulla gestione finanziaria. Fatto che ha creato, come peraltro avevamo denunciato fin dal primo momento, forti difficoltà per alcune aziende, anche in considerazione della situazione di credit crunch che ancora sussiste, oltre a un ulteriore maggiore aggravio economico.

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