Come si costruisce il margine nell’ortofrutta
Settembre 2015. Eccola la formula sulla quale discutere:
[(PV-IVA-CA)/(PV-IVA)]x100
dove “PV” è il prezzo di vendita, “IVA” è l’imposta sul valore aggiunto, “CA” è il costo di acquisto;
qui è rappresentato il rapporto del margine di intermediazione (differenza tra venduto e acquistato, secondo quanto espresso da prezzo di vendita al pubblico (con esclusione dell’IVA) e costo riportato in fattura da parte del fornitore) col prezzo di vendita (netto IVA), ossia quel valore deciso dal distributore sulla base delle proprie linee di politica commerciale.
La formula è essenziale nella costruzione della prosperità aziendale, ricava infatti le risorse per imbastire la sostenibilità attraverso la compensazione dei costi generali e riflette necessariamente quel senso che giustifica la presenza dei distributori all’interno delle comunità.
Ogni bene distribuito reca nel suo prezzo di vendita la traccia di quanto sopra viene sostenuto, lo stesso ovviamente accade, in un contesto più vasto, per ogni categoria merceologica, con valori ed equilibri diversi, nel segno di relazioni, obiettivi e strategie complessive predeterminate.
L’ortofrutta è l’area dei freschi su cui ci si gioca gran parte dell’immagine, in relazione alla qualità (l’altro aspetto fondamentale per un pdv risiede nella percezione di convenienza trasmessa, in genere ciò è appannaggio dell’area Grocery); in verità è su frutta e verdura che si consolida principalmente la fidelizzazione, alla luce della constatazione che esse richiamano acquisti quotidiani, abitudini di consumo ripetuti e stagionali e responsi immediati da parte dei consumatori.
Si tende a considerare un margine accettabile il 38.5%.
Da questo valore ovviamente occorre non considerare quanto si butta e le differenze inventariali (nell’insieme, l’ammontare atteso da detrarre è circa il 6.5%).
Di conseguenza il valore percentuale di guadagno effettivo si assottiglia, attestandosi al 32%.
Entrando nel merito di cosa riduce il guadagno atteso, rileviamo:
- SCARTI/ROTTURE/AVARIE;
- DIFFERENZE INVENTARIALI.
- “Azioni mirate”, per tenere sotto controllo scarti-rotture-avarie:
- Presidio attento e costante del reparto lungo tutto il corso della giornata di vendita;
- Riordino oculato della merce;
- Trasporto in cella, a fine giornata, della merce più sensibile al deterioramento;
- Corretto dimensionamento delle esposizioni sugli spazi disponibili.
- Principali cause che determinano le differenze inventariali:
- Discordanze sul peso medio dichiarato in bolla;
- Malizie della clientela (che riempie la busta ulteriormente, dopo aver già pesato oppure etichetta sul tasto in bilancia del prodotto che costa meno);
- Calo peso, dovuto a fattori stagionali, climatici e fisiologici.
In definitiva, per salvaguardare una marginalità rettamente impostata su un valore di base del 38.5%, bisogna lavorare con sistematicità su:
- riordino, assicurando merce sempre fresca, ma nei quantitativi che si vendono, senza esagerare;
- presidio continuo del reparto dopo l’allestimento mattutino, con la cura adeguata che previene le avarie;
- previsione delle azioni di mantenimento, che contrastano la deperibilità spontanea dei prodotti;
- approntamento di una dimensione dei banchi espositivi adatta a sorreggere le vendite attese, senza controproducenti esagerazioni (le massificazioni sono belle da vedere, sono invitanti e suscitano gli acquisti, ma la freschezza dei deperibili necessita primariamente di rotazioni continue su spazi coerenti col mercato effettivo);
- controllo e pesatura capillare della merce allo scarico (effettivamente si tratta di un’operazione più facile a dirsi che a farsi: sul momento comporta dolenti oneri operativi, ma i vantaggi si concretizzano nel lungo periodo attraverso la certezza che quanto in arrivo risponde per quantità e integrità a buoni parametri di idoneità; le eventuali contestazioni è bene siano immediate e formulate con precisa cognizione, l’abitudine al metodo infine velocizza le operazioni);
- presenza in cassa di bilancia integrata allo scanner, che consenta al cassiere (sensibilizzato in tale direzione), in modo discreto, di verificare se esiste coerenza tra il peso etichettato dal cliente e quello effettivo (tale dispositivo, a vista nella postazione cassa, costituisce peraltro un deterrente contro eventuali tentazioni da parte di malintenzionati della pesatura).
I “valori numerici” che appaiono nel presente contenuto, rappresentativi della redditività del reparto, possono variare in relazione alle varie strategie di sviluppo e sostenibilità delle insegne operative sul mercato della distribuzione; la loro identità dichiarata costituisce quindi unicamente un indicatore di accettabilità, valido mediamente ed a titolo esemplificativo.
Le “azioni di recupero” sono invece quelle abitualmente adottate “sul campo” dagli addetti ai lavori.
Variazioni significative possono aversi anche in relazione ad un contesto nazionale differente, dove il mercato e le strategie manageriali non sono identici alla realtà italiana.
Ad esempio, in Sud Africa i margini sono tendenzialmente molto più bassi: 28-30%, con scarti tra il 3% ed il 5%; i valori netti si attestano all’interno di una forbice che si muove approssimativamente tra il 23% ed il 25%. Evidentemente i sudafricani lavorano molto bene sulla gestione del prodotto, nel complesso configurano equilibri di redditività che si basano meno su frutta e verdura.
Rivedete in questi numeri analogie con il vostro contesto strategico ed operativo, con i vostri metodi di lavoro ?
L’approfondimento “1/2015” sui “margini nell’ortofrutta” non assolverebbe pienamente allo scopo per cui è stato concepito senza che il lettore sia indotto a rilasciare un commento, utile a poter condividere le esperienze sul tema, arricchirle e ad essere di supporto informativo per la business community.
Per chi vuole interagire con Antonello Vilardi, può scrivere a redazione@retailwatch.it.