Conoscete questi comportamenti?

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Conoscete questi comportamenti?

La news letter Around Marketing di Filippo Genzini ha ripreso recentemente uno studio di Ipsos sul quale conviene che anche i lettori di RetailWatch si soffermino.

Sarà vero che ogni acquisto, di ogni singola referenza, da parte di ciascun singolo cliente è un evento unico, distinto da tutti gli altri? Forse sì, anche se per necessità di semplificazione e per individuare alcuni modelli omogenei tra loro, si cerca di trovare delle similitudini nei miliardi di atti d’acquisto compiuti ogni anno.
In particolare uno studio compiuto da Ipsos individua tre tipologie. Ma, nonostante l’importante elaborazione di tipo statistico necessaria per la classificazione, questa non è necessariamente né scientifica né matematica. Scorriamole velocemente.

L’acquisto ripetitivo

1. Si definisce routine, o pilota automatico innestato, l’acquisto di un prodotto per un numero tale di volte che diventa un processo abituale ed efficiente, che dopo le prime volte non comporta più un ragionamento consapevole da parte dell’acquirente. Proprio come imparare ad allacciarsi le scarpe. Qualcuno stima che facciano parte di questa categoria il 95% dei comportamenti abituali, che i responsabili di marketing di solito ignorano. Certo bisogna intendersi per cosa si intende abituale. L’acquisto di 10 computer in dieci anni lo è meno di quello di qualche paio di scarpe all’anno e della confezione di pasta di semola una o più volte alla settimana.
Si tratta quindi di un fenomeno che impatta i negozi di vicinato, i supermercati e gli ipermercati, nei quali il/la responsabile degli acquisti compra mediamente nel corso dell’anno tra le 300 e le 400 referenze, la metà delle quali più o meno tutte le settimane.
Ne deriva che comunicare con un cliente che ha inserito il pilota automatico può risultare difficile e comporta il rischio di finire per interferire con il processo d’acquisto del proprio prodotto, senza essere in grado di scalfire quello dei prodotti concorrenti. Un esempio negli Stati Uniti è rappresentato dalle zuppe in lattina della Campbell’s, che hanno in pratica la stessa confezione da 111 anni, facilmente riconoscibile e in grado di innescare il processo d’acquisto in automatico. (da noi lo stesso può valere per la pasta Barilla, la Nutella o il caffè Lavazza Qualità Oro).
Tuttavia, anche nella categoria delle zuppe pronte, si è scoperto che organizzarle in ordine alfabetico sullo scaffale rallenta le vendite, mentre inserire la modalità di rifornimento a cascata le stimola. I dati della ricerca dimostrano che l’80% delle volte i clienti acquistano la medesima referenza anche nella spesa successiva, o almeno la medesima marca, mentre nel 20% dei casi cambiano brand all’interno della categoria.

Promozione straordinaria?

2. Sorpresa e piacere. Qui ci troviamo di fronte a processi d’acquisto molto differenti, e le reazioni emotive possono essere influenzate da stimoli molto differenti tra loro. Come l’offerta straordinaria di un optional nell’acquisto dell’auto, il prezzo speciale
11per l’impianto stereo che ho sempre desiderato o la scoperta del dolce pronto che risolverà il problema della cena con gli amici, organizzata all’ultimo momento. Piacere, sorpresa nel compiere un acquisto, eccitazione per aver trovato una soluzione. Una situazione psicologica rara, che impatta pochi prodotti tra quelli che acquistiamo abitualmente.
I distributori, in un eccesso di semplificazione, identificano questo stato di grazia con lo sconto, del quale abusano, incorrendo così in almeno un paio di problemi. Il primo riguarda il fatto che a pagare la sorpresa e delizia del cliente del supermercato alla fine è il fornitore, al quale viene richiesto un contributo promozionale.
Il secondo è ben descritto dai risultati di un’altra ricerca: la metà dei clienti interrogati hanno dichiarato di essere all’oscuro dei prezzi promozionali, e la metà di quelli consapevoli di non averne tenuto conto. Quanta parte del margine viene allora sprecata in promozioni? Per generare sorpresa o piacere sarebbe forse più efficace ricorrere al lancio di nuove referenze nei segmenti di nicchia delle categorie più gradite dai clienti. Prodotti particolari in occasione delle festività o di ricorrenze speciali, venduti come qualcosa di esclusivo, che non si può non prendere in considerazione. Il concetto di nuovo, in particolare, è spesso utilizzato per scardinare le abitudini più consolidate. Ma non bisogna neppure abusarne, perché può generare aspettative eccessive e difficili da mantenere.

Quando il cliente è frustrato

3. Lo stato di frustrazione. Collegato spesso ad acquisti compiuti a anni di distanza l’uno dall’altro, di prodotti di cui si ignora la posizione nei punti di vendita. Si tratta di uno stato d’animo più diffuso di quanto si creda, e più di sorpresa e piacere, provocato soprattutto dai punti di vendita grandi, dove l’organizzazione del layout espositivo per categorie non è di alcun giovamento. Anche perché i clienti non ragionano in termini di categorie, come invece fanno produttori e distributori.
A complicare le cose, poi, contribuiscono anche altri fattori. La congiuntura economica è senz’altro una. Un’altra può essere il desiderio di bilanciare sacrifici e frustrazioni con qualche atto di auto-gratificazione, come per esempio un dolce o un gelato dopo aver comprato solo piatti salutari, biologici, attenti all’ambiente.
Ancora la multicanalità. L’online, per esempio, non funziona bene per sorpresa e piacere, al contrario del negozio ‘brick & mortar’, dove i prodotti ‘a sorpresa’ si possono toccare con mano e portare a casa. Proprio il contrario di quanto accade quando si sta cercando un prodotto di nicchia, nel qual caso un catalogo elettronico di solito è infinitamente più ampio ed esaustivo di qualsiasi assortimento fisico.
Fonte: TNS Kantar Group

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