Inaugura Coop_70. Valori in Scatola, esposizione voluta da Coop per i 70 anni dei suoi prodotti. A cura di Giulio Iacchetti e Francesca Picchi, la mostra è un percorso esperienziale per riflettere sulla valenza dell’atto apparentemente semplice e automatico di acquisto di cibo. Fino al 13 gennaio 2019.
Sette stazioni per i settant’anni: la mostra Coop_70. Valori in Scatola, voluta da Coop e ospitata presso la Triennale di Milano, ripercorre la storia dell’Italia, dal bianco e nero del secondo dopoguerra ai pixel dell’era digitale, attraverso i prodotti a marchio. Curata da Giulio Iacchetti e Francesca Picchi con un progetto di allestimento di Matteo Ragni e Marco Sorrentino e il contributo grafico di Leonardo Sonnoli, la mostra – aperta fino al 13 gennaio 2019 – si articola in un racconto esperienziale in cui i visitatori sono chiamati a interagire.
La prima stazione utilizza i numeri per raccontare la storia Coop, accostando i dati ufficiali – dalle 87 cooperative associate ai 1.152 punti vendita – a curiosità, come i circa 151.000 chilometri di scontrini emessi in un anno, quattro volte il giro della Terra. Emerge la natura reticolare di un insieme di imprese che influenzano con la loro azione il flusso delle merci, innescando circuiti virtuosi.
La seconda stazione, dedicata all’identità cooperativa, è un’immersione nella progettazione di due maestri della cultura grafica: in primis Albe Steiner che insieme alla moglie Lica fu incaricato di disegnare il logo Coop e di lavorare alla progettazione del primo magazzino cooperativo a libero servizio a Reggio Emilia e successivamente Bob Noorda che negli anni Ottanta compie un’importante rivisitazione dell’immagine cooperativa. L’esposizione raccoglie molti materiali dell’epoca tra cui un bellissimo reportage di Paolo Monti, amico fotografo di Steiner che curò la parte visiva del primo magazzino, estremamente significativa in quanto rivolta a un pubblico allora in larga parte ancora analfabeta, oltre agli studi sul marchio, ai primi packaging dei prodotti Coop e al design delle divise dei commessi, le buste della spesa etc.
Le due installazioni seguenti ruotano attorno al tema del presidio delle filiere di produzioni e al tradursi dei valori in realtà quotidiana. Tre tipici prodotti – pasta, pomodoro, olio – in dimensione oversize aprono al loro interno spazi di visibilità ai volti e alle testimonianze di chi lavora a monte della filiera. Risponde alla stessa necessità il gioco metaforico della spesa dei valori, ideato dal collettivo di giovani designer Sovrappensiero Design Studio: i visitatori sono così chiamati a scegliere e a portare idealmente con sé i valori rappresentati – sicurezza, etica, ecologia, bontà, convenienza, trasparenza – distruggendo nel contempo i disvalori.
Nella quinta stazione un carosello proietta iconici refrain storici: la proto pubblicità di Ugo Gregoretti, l’interpretazione di Peter Falk come Tenente Colombo, gli intellettualismi di Woody Allen, gli spot di Luciana Littizzetto, le strisce recentissime di Makkox; l’eredità di Expo nel supermarket del futuro progettato da Carlo Ratti e autentiche rarità come il progetto di menù spaziale predisposto da Coop nel 2004 per gli astronauti della base orbitale russa Soyuz.
A questi si affianca, nella sezione Spot&Slogan, una sequenza di manifesti che sintetizzano le immagini e le parole che hanno rappresentato nelle piazze e alla televisione l’agire del movimento cooperativo dal 1948 al 2018. L’excursus immersivo della cooperazione di consumatori si conclude con la Fattoria Cooperativa, ispirata alle attività di educazione al consumo consapevole che ogni anno coinvolge decine di migliaia di ragazzi e ragazze – 234 mila nel 2017- delle scuole italiane.
Al termine della mostra i visitatori possono prendere parte a un’installazione interattiva scattandosi una fotografia volta a comporre un wall.
La voce di Coop e dei curatori
“Siamo il più grande distributore di cibo in Italia ma siamo anche un’impresa che produce cibo – spiega Marco Pedroni, Presidente Coop Italia – Questa storia lunga 70 anni lo dimostra; è una storia che parte dal primo panettone e arriva ai 4.500 prodotti di oggi (10 linee dedicate, 2,7 miliardi di fatturato nel 2017, 500 fornitori), si interfaccia con le trasformazioni dei consumatori, con la nascita di nuove esigenze, come il biologico, il no ogm, l’antibiotic free, che in certi casi abbiamo anticipato, in altri assecondato. Ma raccontare i prodotti significa entrare nello spirito della cooperazione. Ciò che ci ha convinto della proposta di Iacchetti a cui peraltro ci lega la precedente importante esperienza Eureka Coop nel 2008, una linea di oggetti di uso comune riprogettati per definire soluzioni esteticamente gradevoli, conformi ai concetti di ergonomia, di riciclabilità e funzionalità, è il fatto che cerca di esprimere un modello di economia che è inclusivo, circolare, condiviso”.
«Costruire un mostra su un tema come i 70 anni del prodotto Coop, in un contesto di prestigio come la Triennale, è stata una sfida affascinante – confermano Giulio Iacchetti e Francesca Picchi, curatori della mostra- La complessità e la ricchezza di temi che avevamo di fronte è estremamente ampia: ci sono i numeri, le centinaia di negozi, i milioni di soci, c’è la qualità delle filiere, ci sono i valori, la tutela dei diritti, la difesa dell’ambiente, ci sono i produttori locali, c’è la qualità, i controlli rigorosi, ma c’è anche il futuro, le attività di educazione rivolte ai bambini, c’è la pubblicità, la comunicazione. E potremmo continuare. Insomma Coop è stata un elemento fervido, un protagonista della vita dell’Italia in questi 70 anni. Per questo la speranza, l’obiettivo che ci siamo dati, partendo da uno degli slogan che hanno segnato questi anni “La Coop sei tu”, è che si esca dalla mostra con l’idea che la Coop siamo noi. Che si entri dicendo io e si esca usando il noi».
Il giudizio di RetailWatch
La mostra ha diversi aspetti positivi ed è ben fruibile anche se i prodotti si potevano far vedere. Il passato è il nostro futuro, basta che lo si faccia vedere: quando un’impresa come Coop ha a disposizione dei futuristi come Bob Noorda o Albe Steiner, avrebbe potuto venderli con maggiore enfasi. Venderli vuol dire raccontarli. Quando un’impresa ha avuto spot girati da Woody Allen avrebbe potuto venderli con maggiore enfasi, perché la comunicazione vuole l’enfasi, quella buona e perché il futuro dei retailer è la loro storia (G.B. Vico), che è fatta di branding e di comunicazione e di prodotti e di servizi. E, soprattutto, di immagine, perché oggi, e scusate se ci sbilanciamo da consumatori, i prodotti a marchio, MDD, di Coop sono i migliori in campo, anche se si sta avvicinando la lepre VG, che di MDD ne ha solo 1.100 mentre Coop ne ha ben 4.400. Perché preferire le parole anziché i prodotti? Preferirli alla bontà, al loro rapporto qualità prezzo, al loro civismo?
E poi i prodotti si devono far assaggiare soprattutto al pubblico di una Triennale che vedrà passare molti minnenial che non sanno chi è Albe Steiner, poco sanno di Woody Allen e pochissimo dei brand come Vivi Verde o del fatto che le conserve di pomidoro provengano da campagne dove il lavoro è pagato il giusto, contributi INPS compresi.