Coop e store brand. Perché le differenze regionali?
Marzo 2013. Non sono sostenuti da costi pubblicitari, garantiscono volume e flessibilita’ ai processi di produzione dell’industria, vengono pertanto sistematicamente realizzati e immessi sul mercato a prezzi che suscitano convenienza pur nel rispetto di buoni standard di qualita’.
Gli articoli correlati al branding distributivo hanno ormai assunto un rilievo notevole nel carrello della spesa e impongono l’adozione di strategie che sovente possono rivelarsi asimmetriche sul territorio.
Meritevole di attenzione e’ la politica commerciale condotta a riguardo da Coop, che sembra muovere il proprio marchio a due velocità. La sua strategia e’ stata colta dal Dipartimento di Economia dell’Universita’ di Parma e la cura dell’indagine affidata a Denise Rotondo (relatore il Prof. Fornari).
Di seguito l’abstract del lavoro.
Antonello Vilardi
DIPARTIMENTO DI ECONOMIA
Corso di Laurea Magistrale in Trade Marketing e Strategie commerciali
La best practice nel branding distributivo: il caso Coop
Denise Rotondo
Relatore: Chiar.mo Prof. Edoardo Fornari – A.A. 2011/2012
La private label in Italia sta assumendo un ruolo sempre più importante nei carrelli della spesa dei consumatori e nelle politiche di marketing delle insegne della GDO. La presente tesi di ricerca nasce, per l’appunto, dall’esigenza di comprendere meglio i driver e i trend più recenti del prodotto a marchio coop nel food e nel non food.
Nell’analizzare la private label, si è ritenuto opportuno focalizzarsi su una delle insegne maggiormente orientate alla gestione del prodotto a marchio: Coop Italia. In particolare, si è provveduto ad un’analisi specifica della politica di marca commerciale nelle regioni Emilia-Romagna e Campania, le aree in cui il prodotto a marchio Coop detiene, rispettivamente, la quota di mercato più alta e la quota di mercato più bassa. Le caratteristiche indagate riguardano la penetrazione del prodotto a marchio, le categorie acquistate e il giudizio dei consumatori sui prodotti a marchio Coop.
L’ipotesi esplorativa formulata è che la differenza della quota di mercato del prodotto a marchio Coop tra l’Emilia-Romagna e la Campania sia dovuta a:
• fattori da domanda;
• fattori da offerta;
• azione congiunta di fattori da domanda e fattori da offerta.
A tale scopo è stata realizzata una ricerca empirica che ha previsto la somministrazione di un questionario ad un campione significativo di clienti di due punti vendita Coop: l’ Ipercoop Quarto Nuovo di Napoli e l’Ipercoop Centro Torri di Parma.
Inoltre, l’indagine è stata arricchita con il monitoraggio dell’assortimento dei due punti vendita citati con particolare riferimento a sette categorie merceologiche, valutando l’incidenza assortimentale del prodotto a marchio ed il relativo posizionamento di prezzo: pasta di semola, latte fresco, caffè macinato, salumi confezionati, gelato in vaschetta, detersivo per lavatrice e shampoo. I risultati hanno evidenziato profonde differenze nella gestione della politica di marca commerciale da parte di Coop nelle due regioni. In Emilia-Romagna l’obiettivo principale dell’insegna sembra essere quello di rendere il marchio Coop un brand leader, associato con un’elevata qualità percepita e non più una semplice alternativa di convenienza alla marca industriale.
In Campania, invece, il ruolo della marca commerciale sembra essere ancora secondario. Il prodotto a marchio è poco visibile, spesso in rottura di stock e presenta una bassa incidenza assortimentale nelle categorie analizzate. Sembra dunque che l’interesse di Coop in questo caso sia quello di attribuire al prodotto a marchio un ruolo complementare all’interno dell’assortimento. Le due situazioni asimmetriche, insieme alla ridotta presenza di Coop in Campania, sembrano spiegare, almeno in parte, la variazione della quota di mercato tra le due regioni. Attraverso la somministrazione del questionario relativo alle abitudini di acquisto e alla valutazione del prodotto a marchio è stato possibile confrontare i due campioni afferenti ai rispettivi punti di vendita. Sono emerse significative differenze tra i due gruppi, soprattutto in relazione a quota negli acquisti e qualità percepita:
• in Emilia-Romagna il prodotto a marchio rappresenta, per i consumatori, spesso la prima scelta o ha un posizionamento simile rispetto alla propria marca di fiducia;
• in Campania invece la private label Coop ha una bassa penetrazione di acquisto e viene percepito di qualità inferiore rispetto alla propria marca di fiducia.
Si può concludere che si tratta di comportamenti di acquisto e percezioni totalmente divergenti che determinano, insieme ai fattori da offerta precedentemente sottolineati , la variazione della quota del prodotto a marchio. Spazi di ulteriore approfondimento possono aiutare a comprendere se la politica dell’insegna è una causa o una conseguenza dei differenti pattern di acquisto riscontrati nell’indagine empirica.