Aprile 2014. Il recente restauro del corriere.it ha, per la prima volta, scatenato un dibattito non solo fra gli addetti al lavoro. Molti lettori, grazie ai canali digitali messi a disposizione dal corriere stesso, hanno espresso la loro perplessità, giudizio negativo o addirittura rivolto insulti nei confronti di quello che, oggi è forse il peggior portale on line di un giornale in Italia.
Tralasciando questioni prettamente tecniche, già affrontate da esperti, quello che colpisce di più è stata la mancanza di buon senso nell’evoluzione grafica e di strutturazione dei contenuti.
Il nuovo sito si presentava il primo giorno, poi modificato, come una pagina pinterest che mescolava informazione a gossip. Così come in una bacheca di pinterest non c’era un ordine prestabilito nelle notizie e una preponderanza delle immagini vs titoli.
Al di là di gusti estetici personali, una impostazione del genere trasmette l’idea che non si sia operata una selezione, non sia stata data una gerarchia alle informazioni.
Sul giornale cartaceo la gerarchia è data dalla posizione dell’articolo, dalla sua lunghezza e dalle dimensioni del titolo. Nell’online lo spazio è molto più ridotto: una pagina unica da cui partire per approfondire le notizie. La nuova impostazione ha eliminato il ruolo stesso della testata, il suo taglio editoriale, in termini di marca, la sua distintività. Il grande valore aggiunto dei giornali è dato dalle firme che ci scrivono, non è un caso che le rubriche dei giornalisti oggi diventino “brand” potenti e seguiti (Amaca di Serra per esempio). È facile parlare di distintività per le rubriche data la profonda relazione personale con il giornalista, ma questo approccio dovrebbe essere la guida dello sviluppo editoriale cartaceo o on line. Come rendere unico e distintivo il mio modo di trasmettere le notizie (senza dimenticare le regole base di chiarezza e navigazione dei siti)? Come evolvere il portale digitale da contenitore di un flusso indistinto di informazioni al “mio punto di vista” sul mondo?
Il digitale dovrebbe essere uno strumento che la testata usa per esprimere il suo taglio editoriale, non un linguaggio che ne appiattisce la personalità o la stravolge.
Nel caso di corriere.it ha vinto una logica di piattaforma VS una strategia di marca digitale.