I mangiamercati sono multinazionali, tendenzialmente americane e cinesi, che hanno conquistato interi settori italiani ed europei riducendo, di fatto, i campi disponibili per fare impresa. Analizziamo l’impatto di questo fenomeno sul retail alimentare.
In questo articolo introduco un tema oggetto, tra gli altri, di una conferenza dal titolo “Overview“, organizzata da Keplerus Data Science, società specializzata nel controllo di gestione dedicato al mondo retail. In tale occasione, ho curato proprio l’intervento sui mangiamercati e su cosa l’avvento di questi attori comporti per il retail, food e no food.
Cosa si intende per “mangiamercati”?
I mangiamercati non sono altro se non grandi aziende multinazionali che, altamente finanziate, o tramite sistemi privati come fondi di investimento/grandi investitori oppure tramite denaro pubblico, conquistano un determinato settore che, prima del loro avvento, era in mano ad aziende europee o italiane.
Pensiamo ad esempio ai social media i quali, di fatto, hanno portato gran parte dei proventi del mercato pubblicitario oltreoceano, sottraendoli spesso ad operatori europei ed italiani.
Pensiamo anche a tutto il mondo delle auto elettriche che, pian piano, viene colonizzato da operatori cinesi e americani. O ancora la produzione di elettronica, ormai da qualche decennio appannaggio del continente asiatico.
Come quelli citati, altri mercati sono caduti in mano straniera, basti pensare ad esempio a tutto l’entertainment video, passato in modo consistente a sistemi di streaming extra europei.
Ecco, i mangiamercati vengono tendenzialmente da due luoghi precisi, ovvero dall’America e dalla Cina. Possiamo dire che questi due Paesi, al momento, siano, di fatto, i protagonisti dello scenario mondiale. Diciamo “al momento” perché basta leggere il libro “Inchiesta sulle reti” di Frédéric Martel per comprendere come Africa, Sud America e mondo arabo stiano costruendo da tempo i loro poli tecnologici avanzati.
Quali sono le differenze tra America e Cina?
Negli ultimi trent’anni, l’America ci ha insegnato, attraverso film, musica, video e show televisivi che l’innovazione nasce negli USA. Se una startup viene costituita a Palo Alto, in California, ha ottime possibilità di essere pesantemente finanziata perché si sa che aggredirà tutto il mercato globale e non solo quello locale.
Il fatto che si pensi tale fantomatica startup abbia la possibilità di imporsi a livello internazionale, invoglia gli investitori a scommettere il proprio denaro e, quando queste aziende vengono quotate in borsa, le valutazioni salgono alle stelle, ancora una volta perché si sa che la crescita avverrà su scala mondiale. Sono nate così realtà come Netflix, Amazon, Tesla, Uber etc., accumulando in fase iniziale perdite di bilancio che nessuna azienda europea si sarebbe potuta permettere senza dover dichiarare bancarotta.
I mangiamercati americani si servono di tecnologia innovativa, creata grazie ai cospicui finanziamenti, per offrire servizi migliorativi rispetto ai concorrenti europei e diventare le aziende di riferimento nei rispettivi mercati che colonizzano.
I mangiamercati cinesi, invece, utilizzano come leva i bassi costi di produzione e, dunque, i prezzi al pubblico altrettanto contenuti. Anche in questo caso ci sono forti investimenti volti ad internazionalizzare i business ma con un approccio differente. Infatti, se l’America inventa la tecnologia, tendenzialmente la Cina copia (processo fotocopia) rendendo tali tecnologie accessibili al mondo intero.
Che effetto hanno i mangiamercati sull’economia?
Questa slide semplifica molto il concetto perché ci sono le debite eccezioni. Non tutti i mercati, infatti, per essere rivoluzionati hanno necessariamente bisogno di forti investimenti e, dunque, in molti casi anche noi europei ci scaviamo un posto tra i protagonisti dell’innovazione. Poi c’è da dire che alcune grandi aziende europee e italiane, essendo appunto già di dimensioni ragguardevoli quando arrivano i mangiamercati, sono in condizioni di anticipare tali attori nell’innovazione per mantenere posizioni rilevanti.
Tendenzialmente, però, quando i nuovi mercati e, soprattutto, le nuove tecnologie su scala globale diventano in larga parte appannaggio dei mangiamercati, l’imprenditoria nostrana viene relegata a settori ormai vecchi, risalenti ai primi del “900. Parliamo di food, editoria e retail fisico, per fare alcuni esempi.
Se, ad esempio, riflettiamo sul mondo dell’intelligenza artificiale, praticamente tutti i protagonisti sono americani. Aziende come Microsoft, OpenAI, X.AI, Meta Platforms, Google etc. hanno già rilasciato da tempo prodotti avanzati che si stanno velocemente imponendo sul mercato.
Se fino ad una decina di anni fa si parlava poco dei mangiamercati, accettando che i loro prodotti e servizi arrivassero indisturbati, oggi assistiamo ad una vera e propria guerra commerciale per evitare che le aziende nostrane vengano messe a rischio e, con esse, i posti di lavoro o gli introiti fiscali dello Stato.
Cosa significa tutto questo per il Retail alimentare?
Quando si riducono i settori di sfogo per gli imprenditori, spesso succede che si aprano un esagerato numero di attività in settori già sostanzialmente saturi. Quante volte abbiamo visto, ad esempio, aprire l’ennesimo ristorante o negozio di abbigliamento, destinato puntualmente a chiudere dopo uno o due anni di attività?
Ciò accade anche nel mondo dei supermercati. Aumentano i punti vendita affiliati e non, c’è una veloce saturazione, corrispondente ad un aumento della concorrenza e, infine, questi elementi portano ad un abbattimento dei prezzi, dei margini e del profitto per tutti. È normale legge economica. In Italia, ad esempio, il numero dei negozi alimentari è impressionante. Parliamo di circa 25.000 unità.
Nel mondo del food retail, l’impatto concorrenziale diretto dei mangiamercati è ridotto. Nonostante abbiano provato ad attecchire, infatti, con formule legate prettamente alla consegna a domicilio, il grosso dei volumi e del valore è ancora detenuto da imprese nazionali o, comunque, europee. È nel retail no food che l’impatto di questi operatori è diretto, in quanto concorrono principalmente online in modo importante. Ci riferiamo ad aziende come Amazon, Temu, Shein etc.
I supermercati però subiscono un impatto indiretto, causato, come detto, da una saturazione di punti vendita che riduce considerevolmente il profitto delle imprese.
Quali opportunità per il Retail alimentare?
Per quanto concerne i supermercati, in un mercato dove è sempre più difficile trovare nuove location disponibili, il valore dei singoli negozi aumenta perché una leva di sviluppo preferenziale per i grandi gruppi diventa quella dell’acquisizione di pdv già esistenti. Se, fino ad una decina di anni fa, si compravano supermercati valorizzandoli al 25/35% della cifra d’affari, oggi tale valore sale fino al 50%. Questo è un effetto positivo della saturazione per gli imprenditori affiliati.
Il secondo effetto positivo è quello che, nel tempo, si sono liberate superfici una volta occupate da supermercati che oggi non sono più adatte per tale format, magari poiché troppo piccole, ma che si possono utilizzare per fare business in modo profittevole. Più avanti, su RetailWatch, esploreremo delle opportunità interessanti per tali locali.
Facciamo un riepilogo
- I mangiamercati sono aziende multinazionali, fortemente finanziate che conquistano i mercati europei con innovazione (USA) e prezzi bassi (Cina).
- Tali operatori hanno escluso molte aziende italiane ed europee dalla partita in tanti e diversi settori (es. IA).
- Gli imprenditori si riversano in un numero più limitato di settori, aumenta la concorrenza, scendono i prezzi e diminuiscono i profitti. Ciò accade anche nel Retail alimentare.
- L’elevata saturazione, per il retail alimentare, rende meno disponibili le nuove location e, dunque, i grandi gruppi sviluppano molto attraverso le acquisizioni. Ciò per i singoli imprenditori è un’opportunità per vedere il valore dei propri negozi raggiungere anche il 50% della cifra d’affari.
- Gli imprenditori hanno poi l’opportunità di affittare a buon prezzo location che si sono in parte svalutate anche in quanto non più adatte allo sviluppo di supermercati, magari perché di taglia ridotta, ma che possono diventare un volano di business importante nello sviluppo di formati di cui parleremo su RW.