Dalla experience alla ex-perienza, passando dai big data e dalla tecnologia
Maggio 2017. Cercare il bandolo della matassa fra social, touch point e experience oggi non è uno scherzo, perché la velocità di cambiamento di tutti e tre gli attori nominati è impressionante. Quello che vale oggi non varrà più domani.
Lo sapeva bene il futurologo Alvin Toffler che aveva inserito nel suo Future Shock un capitolo dal titolo: The Experience Makers, pensando, per ipotesi, che potesse nascere un nuovo settore economico, le industrie dell’esperienza. Siamo nel 1970 e la visione era di lunghissimo periodo, come ben si capisce.
In Italiano noi usiamo il termine Esperienza, in Inglese Experience, in Tedesco Erlebnis. I termini sono precisi e indicano che l’esperienza deve essere co-creata, dall’azienda e dal consumatore stesso, non solo dalle aziende. L’azienda progetta alcuni elementi che potranno provocare esperienza, sarà poi la singola persona a completare il percorso perché si parli compiutamente di Esperienza, Experience, Erlebnis.
Disegnare l’esperienza
In realtà l’esperienza e il suo significato, di attualità stretta, è già di per sé sorpassata perché i sensori, i dati, gli algoritmi e l’intelligenza artificiale l’hanno stravolta nella definizione letteraria e nella prassi. Per Cosimo Accoto, professore al MIT di Boston bisogna parlare più propriamente di ex-perienza, perché il milieu tecnologico distribuito appunto fra sensori e attuatori, dati e algoritmi, piattaforme e intelligenza artificiale, costruiscono in maniera anticipata e automatizzata quello che arriverà all’esperienza in senso stretto e alla coscienza umana. Siamo ormai entrati, per Eric Sadin, nella Societé de l’anticipation, o nella Tertiary Protention, una sorta di anticipazione costruita attraverso i dati, le tecnologie di sensing e il mining.
Facciamo un esempio preciso, citando Cosimo Accoto, parlando di un ritardo culturale e operativo, quello dei costruttori di case di civile abitazione: proprio perché non hanno compreso il tema della post-esperianzialità, stanno conoscendo una fase di stagnazione del sogno di una casa connessa e intelligente. Si ostinano a disegnare le esperienze con in mente l’utente umano e i business case. Ma come di cono i designer di frontiera: dovremo disegnare agenti e mezzi che non solo ci parlino, ma parlino per nostro compito. Dovreo disegnarli non perché parlino a noi, ma per parlare per nostro conto.
Benvenuti, allora nella post-esperienzialità, ma siamo nel futuro.
Oggi parliamo ancora di esperienza e data la complessità soprattutto per noi che rifuggiamo le scorciatoie e i luoghi comuni, conviene che vi dotiate di questo agevole libro, nonostante sia infarcito di inglesismi: Customer Experience Design, di Alberto Maestri e Joseph Sassoon per Franco Angeli, 21 euro.
Oltre alla post fazione di Cosimo Accoto, leggerete in modo esauriente cosa vuol dire disegnare l’esperienza, mappare e gestire la customer journey digitale. Incrociare la stessa con lo story telling e la sua tessitura, fino ad arrivare alla gamification.
In fondo troverete una bibliografia ampia e utilissima. Vale i 21 euro.
Salve Dr. Rubinelli, grazie molte per la citazione e la riflessione intorno al concetto di ex-perienza presentato nella postfazione. Un saluto cordiale Cosimo Accoto