Discount: il grande dilemma di un tedesco in Italia

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Discount: il grande dilemma di un tedesco in Italia

Se c’è una cosa che un tedesco non riesce a spiegarsi degli italiani è la scelta di non andare in massa al discount. O il fatto che i discount non siano presi d’assalto dalle categorie sociali che, nella logica, sono i target principali della formula distributiva concepita in Germania quarant’anni fa: studenti, disoccupati, anziani.

E allora su cosa economizza l’italiano colpito dalla crisi? Non potendo incidere sulle sempre crescenti spese obbligate (utenze, tasse,  benzina, RC Auto, istruzione, servizi), si potrebbe ipotizzare il taglio della spesa per il tempo libero o quella alimentare. Tuttavia le prime non sembrano risentire più di tanto della crisi, le seconde invece sì. Ma con dinamiche poco razionali. Lo sanno bene i retailer italiani, alle prese con dati non proprio confortanti e previsioni molto negative nel medio termine.
Quello che un tedesco non riesce proprio a spiegarsi è perché, con questo scenario, gli italiani non fanno la spesa dove, per definizione, il livello dei prezzi è più basso.

Così si italianizza un discount.

In Germania il discount è il primo canale di vendita della distribuzione alimentare. Più del 34% dei tedeschi lo sceglie per la spesa. Seguono i supermercati con il 28%, in crescita negli ultimi due anni. In Italia ci va solo una persona su 10 e gli stessi retailer tedeschi hanno dovuto adattare il loro assortimento al mercato del Bel Paese, inserendo un numero sempre più alto di referenze di marche nazionali e aumentando la quota di servizio con strumenti inusuali per la spartana visione tedesca. Il Penny Market, ad esempio,  offre una carta fedeltà ai suoi clienti. Impensabile per un tedesco.
Una soluzione molto più soft, insomma, specchio della peculiarità che caratterizza il consumatore in Italia. Che non per forza è italiano, s’intenda. Una buona quota di frequentatori dei discount, infatti, è di origine straniera o extracomunitaria.

Qualità e prezzo. Quando il pregiudizio alleggerisce il portafoglio.

Cosa spinge il consumatore italiano a non scegliere il discount? Non volendo addentrarsi in risposte al limite delle scienze antropologiche, si può sicuramente affermare che  la qualità percepita dei prodotti del discount è ancora bassa. E l’italiano, sulla qualità del cibo, non accetta compromessi. Anche se questo gli alleggerisce il portafoglio.
Fin qui nulla da eccepire se non fosse che, spesso, è il pregiudizio a guidare le scelte. La “paura” del diverso e del nuovo, infatti, rendono il comportamento del consumatore altamente irrazionale cosicchè si valuta un prodotto semplicemente dal packaging o dal nome del brand, piuttosto che dal sapore o dalle proprietà nutritive.
E si finisce, così, per rifiutare aprioristicamente i discount anche se dimostrano un rapporto qualità prezzo, sovente, accettabile.

Sei furbo…o un poveraccio

Quello che non riesce a spiegarsi un tedesco, quindi, è il paradigma per cui se vai al discount sei un poveraccio e non un consumatore oculato. A parità di qualità (ovviamente), risparmiare dovrebbe essere una pratica virtuosa. La pensa così il  consumatore tedesco, orgoglioso di fare la propria spesa da Aldi o da Lidl, mentre in Italia sembra l’ultima spiaggia, prima della canna del gas.  Paradossi di un paese in cui la cultura dell’apparire sovrasta quella dell’essere. Dove, senza scomodare Pirandello, il colore del sacchetto della spesa conta più del possibile sgravio sul bilancio familiare.

In fin dei conti, quello che un tedesco non riesce a spiegarsi è proprio questo e, onestamente, non è detto che debba spiegarselo in termini razionali. Parafrasando Terenzio: “Humani sunt itali…” .

In collaborazione con il Master ADM dell’Università di Parma

5 Commenti

  1. Il Discount in Italia ha una quota di mercato di circa il 10% ma questo non vuol dire che ci vada solo un italiano su 10… Anzi! Nell'ultimo trimestre 2011, 7 famiglie italiane su 10 hanno fatto almeno un acquisto al Discount, ma questi clienti vi hanno effettuato meno di un decimo della loro spesa complessiva. Il problema è che il Discount oggi non copre ancora tutte le esigenze di spesa: mancano, o sono molto ridotti e poco allettanti, i freschissimi (carne, pesce, ortofrutta), i salumi e formaggi al taglio, panetteria, pasticceria, gastronomia… Questi reparti sono forse superflui in Germania ma non in Italia! Il Discount rimane quindi un punto vendita "alternativo" e comunque mai esclusivo

  2. I tedeschi non sono solo discounters, i format supermercato e iper sono ben rappresentati da Rewe ed Edeka oltre agli Iper Real di Metro. Inoltre che l'italiano medio, anche di basso reddito, abbia una cultura alimentare superiore al resto del mondo credo che sia un nostro vanto da difendere, la maggiore vita media ne è anche una conseguenza. Scegliendo una buona catena di supermercati e sapendo sele<zionare gli acquisti si può riuscire a spendere la stessa cifra che in un discount, con un livello di servizio e un'esperienza di acquisto senz'altro migliori. Twitter @superconv

  3. i tedeschi non li conosco, ma penso che un italiano medio che va al discount si sente povero,o per lo meno si sente triste ( fatevi un giro nei discounts e guardate la faccia della gente ) , perche' si rende conto che sta rinunciando ad una cosa importante, la possibilita' di scelta ( che per uno che fa la spesa è importante ). si sente povero anche nei supermercati per la verita', quando è costretto a comprare un prodotto da primo prezzo, con un pack minimalista, posizionato in basso nello scaffale, magari di una pezzatura grossa e con poca scelta di formati . non parliamo poi se deve recarsi in quelle aree attrezzate di primi prezzi ( zona discount ) che sono dentro alcuni grandi iper . ed è questo il motivo per cui alcuni discount stanno cambiando pelle,mettono il fresco, cambiano le attrezzature, mettono le marche, cercano di assomigliare ad un supermercato, anche se cosi' facendo rischiano di perdere la loro fisionomia. per farmi capire meglio oggi uno che va al discount oggi si sente un po' come si sentiva un cliente negli anni 80 quando andava alla upim, poi è arrivato zara e h&m ed è arrivata la democraticizzazione dei consumi. nell'alimentare la stiamo ancora aspettando .

  4. invito anche a fare attenzione: spesso la convenienza c'è poichè al discount si compra una non-marca (e sulle differenze si può aprire una discussione a parte) proveniente dall'estero, ma sulle marche (nutella, barilla/mulino bianco, loacker, …) perfettamente confrontabili spesso la convenienza non c'è, o comunque è davvero minima rispetto al servizio/decoro che taluni discount offrono rispetto al supermercato. Inoltre, a mio avviso, al supermercato si possono trovare primi prezzi del tutto concorrenti con quelli dei discount.

  5. quello che i tedeschi non si spiegano : in questo momento in cui sparisce la classe media e la maggior parte degli italiani sta spostando in basso il suo baricentro nella scala della ricchezza nascono due esigenze : risparmiare ! ( razionale ed esplicita ) non sentirsi povero ! ( emotiva e interiore ) il discount risponde alla prima esigenza ( e per l'extracomunitario che abituato a fare la spesa in una baracca rappresenta il progresso ) ma non alla seconda !

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