Dopo Price Drop Tesco perde 10 punti di reputazione

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Dopo Price Drop Tesco perde 10 punti di reputazione

Dicembre 2011. Il brand Tesco in un solo anno ha perso, secondo YouGov’s Brand Index, 10 punti, passando da 32,9 a 22,9 punti, nonostante una martellante campagna di sconti chiamata Price Drop per ben due mesi, settembre e ottobre 2011. Price Drop è iniziata da una app  su Facebook che ha dato la possibilità dei clienti di votare un paniere di 3.000 store brand dei diversi brand Tesco. Il risultato, dicono al quartier generale, è stato di un aumento di circa un milione di transazioni aggiuntive settimanali per i prodotti votati. Oltre 10 milioni i clienti possessori della fidelity Clubcard (circa il 90% dei possessori) che hanno partecipato all’operazione. Tesco ha investito circa 500 mila sterline (576mila euro) per una campagna pubblicitaria multimediale.

Gli obiettivi di Price Drop
L’iniziativa è nata con l’obiettivo di ridurre i prezzi, abbassare l’inflazione e aumentare il potere d’acquisto, con un risparmio supposto per i clienti circa £370 la settimana sul paniere di 3.000 store brand coinvolte.

La meccanica di Price Drop
Price Drop è un’application cui dalla pagine di Tesco su Facebook, che ha permesso ai consumatori di votare, in un paniere di 3.000 store brand, cinque item dei quali i votanti volevano una riduzione dei prezzi. Le categorie di prodotto più votate sono entrate nell’offerta Price Drop, e la riduzione di prezzo è segnalata, come documentano i filmati di RetailWatch, sui lineari.

Cos’è successo?
Cos’è successo, dopo questo titanico sforzo? Che tutte le catene (vedere in archivio di RetailWatch Waitrose, Sainsbury, Asda, Aldi) hanno reagito per le rime. La reputazione di queste ultime, tutte, è diminuita ma non quanto quella di Tesco. Il YouGov’s Brand Index misura reputation, recommendation, value, quality and satisfaction. Ovviamente Tesco si è precipitato a dire che le sue ricerche sulla reputation dicono ben altro, ma questo è quanto, ahimè. Evidentemente la colossale operazione e le risposte dei competitor deve aver dato fastidio al consumatore che si deve essere chiesto che prezzo ha pagato poco prima di ogni singola operazione. La stessa domanda si è probabilmente fusa con un sentiment negativo per la preoccupazione indotta dalla crisi e i suoi sviluppi, nonostante le festività natalizie. Sarà interessante sapere come reagiranno le catene inglesi adesso.

Una lezione anche per il sistema Gda-Idm italiano
La lezione di Tesco, ad avviso di RetailWatch, deve essere assimilata anche dal nostro sistema distributivo e produttivo. La pressione promozionale è arrivata al 27% e anche il consumatore italiano si chiede qual è il prezzo vero che paga per fare la spesa, se il prezzo che paga è trasparente (e sappiamo ovviamente che non lo è) e quali siano i margini veri delle industrie di marca che partecipano allo sconto e le insegne che lo promuovono. Il parere di RetailWatch è che un sistema carnevalesco e poco trasparente come quello attuale non regge più e la domanda di trasparenza e di coerenza che sale dagli atti sociali e di consumo deve essere ascoltata per tempo. RetailWatch ha documentato l’iniziativa di Auchan (vedere in archivio) a Venaria (To) con una finta comparazione operata dalla multinazionale francese con i suoi concorrenti. Queste scorciatoie sono inopportune e nascono dal presupposto che il consumatore non capisca, non distingua, accetti e quel che volete voi. A giudizio di RetailWatch questa fase, sempre che sia esistita, è terminata. Oggi occorre prendere atto della domanda di convenienza sempre più forte e della necessità di adeguare assortimenti e politiche di pricing.

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