Dove sono andati gli 80 euro? I Brand non brindano
Riceviamo da un giovane imprenditore di una media impresa del largo consumo e volentieri pubblichiamo
Giugno 2014. L’Unione Europea, nei suoi atti, sta chiedendo agli Stati membri di fare tre cosette:
– Ridurre pressione fiscale sui redditi
– Tassare i consumi
– Tassare i patrimoni
Gli 80 euro in busta paga sulle fasce di reddito più basse sono un primo segnale.
Ti metto in tasca i soldi. Poi decidi tu. E cosa succede? Che gli 80 euro si traducono in risparmio o vanno a pagare i debiti.
Non si trasformano in maggiori consumi di beni primari.
Anche perché la semplice paura di restare disoccupati porta a contenere spese e se possibile a creare riserve economiche con cui far fronte ai possibili rainy days.
Sul fronte dei consumi una crescita dell’iva, forte, pesante è sicuramente da mettere in preventivo.
Abbiamo aliquota media bassa, aliquote agevolate…
Siamo poco europei e dovremo adeguarci.
Quindi non mi sembrano plausibili interventi a sostegno dei consumi di base da parte dello Stato.
Lo scaffale sarà ancora più battagliato e quindi più promozionato, perché il nostro è un settore condannato a competere in un mercato vero, duro, coriaceo.
Con quali effetti sui brand?
L’articolo di RetailWatch (https://www.retailwatch.it/Consumatore/Tendenze/Giugno-2014/La-leva-del-prezzo–sintomo-di-crisi-per-l-IDM-.aspx) offre uno spaccato interessante in positivo (vicinanza al consumatore del brand) e in negativo (consumatore fedele a un basket multimarca).
Sul fronte dei patrimoni un inasprimento è in atto attraverso l’operazione “Imu perTarsi”
La casa è tassata. E a pagare è il solito parco buoi, che coincide con il grosso degli acquirenti di prodotti di base e della base di lavoratori.
Vedremo poi cosa uscirà dal cilindro da qui ad ottobre…
Che può fare la tanto citata filiera per non finire strangolata?
Ha due assi da giocare. Il primo sono posti di lavoro. L’industria di beni di consumo vale 1 milione di posti su 4 milioni del comparto industriale (dato Ref).
Se i consumi e i margini scendono il mercato italiano diventa sempre più marginale. E allora ci si ristruttura, ci si ridimensiona, ci si disimpegna…
Sarebbe il caso di bussare alla porta di Renzi e spiegargli che questi posti sono di cittadini elettori. E che sostenere i consumi significa difendere occupazione interna.
L’altro asso è di tipo monetario. Ma qui la questione è più complessa.
I direttori commerciali in genere pensano che le promozioni siano strumenti per difendere volumi e quota. Certo, l’equity del brand soffre, ma tanto ormai si pensa al breve termine…Domani si vedrà…
Qualcuno però dovrebbe riflettere sul fatto che coupon, sconti, volantini ecc ecc sono anche strumenti di politica monetaria, perché mettono sul mercato milioni di euro che vanno a beneficio delle famiglie. Riflettere e far sapere quanto valore ogni giorno industria e distribuzione riversano sul consumo “agevolato” in Italia e in Europa.
Andrea Biancardi è un imprenditore di una PMI del largo consumo
Piace pensare che la funzione degli "80 Euro in busta" sia quella di dare respiro ai budget delle famiglie, quand'anche ciò si traduca in risparmio o in possibilità di onorare dignitosamente i debiti contratti. Più che a rilanciare i consumi, per i quali occorrerebbero interventi strutturali, forse si dovrebbe badare a non frenarli con la pressione fiscale eccessiva… L'industria si augurava che finissero subito nelle proprie casse ?
Non credo che tutti i consumatori mettano da parte gli 80 euro renziani per "paura di rimanere disoccupati" come dice l'anonimo imprenditore, o per pagarci i debiti. Penso piuttosto che gli 80 euro la maggior parte se li spenderà al momento giusto tipo i saldi di inizio luglio oppure durante le vacanze estive, o per qualche ricorrenza personale. Dunque per misurarne l'impatto sui consumi dovremo attendere almeno un trimestre e forse il semestre. Tuttavia le statistiche parlano già di una lieve ripresa dei consumi, il clima è meno pessimista, dunque sperare è lecito ed anche fruttuoso. marco fanini